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Cadavere nell’armadio

By 19 Agosto 2016Aprile 25th, 2017Approfondimenti

Il testo che riporto qui sotto proviene dalle pagine che hanno dato inizio alla leggenda del cadavere nell’armadio della principessa.

Il Barbiera aveva raccolto queste dicerie tra la gente. Egli stesso, nella seconda parte del racconto, smentisce ed afferma che tutto ciò che ha detto prima è inverosimile. Purtroppo ormai il danno era stato fatto e le dicerie di paese si erano così allargate a dismisura. La gente a volte preferisce il lato oscuro e negativo delle persone e non si preoccupa di ciò che è reale.
Spero che un giorno o l’altro questa storia abbia termine.

Estratto dalla biografia di Raffaello Barbiera “La principessa Belgiojoso”, del 1902 ( pag 325) :

Cristina Belgiojoso, lasciata l’Italia viaggiava verso l’Oriente per fuggire le persecuzioni del Governo austriaco, inferocito contro i patrizii milanesi che s’erano messi a capo della rivoluzione.
L’11 dicembre 1848, il maresciallo Radetzky sottopose a “contribuzione straordinaria” tutti coloro che avean guidata la rivoluzione di Milano o che vi aveano cooperato “con mezzi materiali od intellettuali”. Gravi contribuzione di denaro: L’Austria, dissanguata dalla guerra, ne aveva, infatti bisogno!… E, poichè Cristina Belgiojoso non si trovava a Milano per contar sulle palme degli esattori le somme volute, il Governo austriaco se ne rifece, appropriandosi in larga misura le fortune di lei; povere fortune, dopo enormi dispendii, tanto scemate!…

E cominciarono da parte della polizia accanite perquisizioni nei palazzi, nelle case, nelle ville, nelle botteghe, persino nelle chiese: si sospettava che vi fossero celate polveri ed armi. E la polizia irruppe anche nella villa della principessa Belgiojoso a Locate; villa ch’era custodita da un ottimo famiglio. I poliziotti frugarono dappertutto, non trovando ciò che speravano: ma, nell’aprire un armadio, ecco vedono là, dentro, il cadavere d’un uomo vestito di nero…

Essi immaginano subito un delitto. Afferrano pei polsi il famiglio, e lo tempestano di domande, supponendolo colpevole di assassinio. Il poveretto è in preda a spavento indescrivibile: egli è mortalmente atterrito vedendo quel cadavere, dinanzi al quale le guardie lo tengon fermo perch’egli non insista nei dinieghi al cospetto della vittima sua. Ma egli non ne sa nulla, proprio nulla: mai avrebbe sospettato che là, dentro quell’armadio della villa, vi fosse un morto…. Come mai egli sarebbe passato senza sgomento tante volte dinanzi quell’armadio chiuso?…

Il poveretto giurava per tutti i santi del cielo, per tutti i troni e le dominazione, che nulla sapeva… Ma i poliziotti non gli credevano.
Arrivò gente del borgo, e allora qualcuno esclamò meravigliato:
– Ma questo è il cadavere del signor Gaetano Stelzi, che veniva qui qualche volta!…
– Sì! sì!.. del signor Gaetano Stelzi! – borbottò l’arrestato, grandemente sorpreso: – Ora lo riconosco! E’ lui!…
E altri:
– Come mai? Lo Stelzi?.. Ma se lo abbiamo visto seppellire qui, nel cimitero di Locate?…
Il povero servo fu tenuto, intanto, in arresto, e si ricorse al parroco, don Giosuè Brambilla, sacerdote liberale, che godeva di tutta la fiducia della Belgiojoso. Nei registri parrocchiali si leggeva ( e si legge ancora) che Gaetano Stelzi, figlio di Gioachino e di Teresa Regondi, morto a Milano, era stato seppellito nel cimitero di Locate il 19 giugno dell’anno 1848.
– Eppure, quello è il cadavere del signor Stelzi! – ripetevano, sempre più convinti, i terrazzani. – Non possiamo sbagliare!.. E’ lui!
E altri ancora ansiosi e sempre più stupefatti:
– Ma allora, chi è sepolto nel cimitero ?…
Quel cadavere, d’un uomo altissimo, consunto dall tisi, con piccoli mustacchi biondi cascanti, era imbalsamato.
Le autorità si recarono al piccolo camposanto di Locate, insieme col dottor Zuffi, e fecero disseppellire la bara, dove, secondo le indicazioni del fossajuolo, doveva essere sepolto Gaetano Stelzi….
La bara vien tolta dalla fossa e portata all’aperto… La curiosità si dipinge vivissima sui volti degli astanti…Il feretro viene schiodato con ogni cura, e spalancato… Ma, invece d’un cadavere, che cosa mai si vede entro la cassa?… un tronco d’albero!…
Ma come era avvenuto il seppellimento del tronco d’albero? E com’era avvenuto il trasporto del cadavere imbalsamato di Gaetano Stelzi fino a Locate?.. Come era stato posto nell’armadio?.. E da chi?… Il tronco d’albero andò a finire su un camino, e la povera salma imbalsamata venne seppellita, finalmente, nel posto del tronco!

Nel generale scompiglio del 1848, tutto era possibile. Le verificazione ufficiali, le vigilanze… tutto era in balìa degli eventi, del caso.
Quel Gaetano Stelzi era un povero giovane milanese, che lavorava colla Belgiojoso al Crociato: era dottore in leggi, colto, gentile di modi e d’ingegno. Consunto da tisi, l’infelice, a soli ventisette anni, spirò a Milano, il 16 giugno del ’48: spirò d’improvviso, per uno sbocco di sangue, nella casa in via Borgonuovo n. 1531 ( ora n.20), davanti all’esterrefatta principessa, la quale, non volendo che la morte distruggesse rapidamente quel volto, ordinò a un operatore che ne arrestasse per il momento la decomposizione, finché il cadavere potesse esser sepolto; e quell’operatore, illudendosi di eseguir cosa ancor più gradita alla principessa, lo imbalsamò addirittura!…
L’operatore non fu Paolo Gorini di Lodi, come si disse. Povero Paolo Gorini, che mi raccontava un giorno commosso quanta gratitudine egli serbasse alla Belgiojoso, perché ella lo avea fatto andare a Parigi e ajutato con denaro per le ricerche ch’egli tentava sulle imbalsamazioni, per il suo forno crematorio, per la sua teoria di vulcani!… Pover e buon Gorini! Emunto, pallido alchimista del medio evo, slanciato dalla capicciosa Natura in pieno secolo decimonono!…
Egli era proprio innocente dell’imbalsamazione del dottor Gaetano Stelzi!…
Sul fatto, non è possibile fissare alcuna affermazione, perché mancano precisi documenti. La storia ci racconta di Giovanna la pazza, che viaggiava col feretro dell’adorato marito, Filippo il Bello; ma la sventurata era demente!.. La principessa, benché scossa da terribile affezione nervosa, acuita in quella sua febbril vita d’agitazioni politiche, non era certo una demente. Si aggiunga ch’ella aveva orrore della morte; aveva terrore degli spettri; i racconti di fantasmi le mettevano i brividi; per paura che le comparissero le ombre dei morti, dormiva sempre con molti lumi accesi nella camera,o meglio, di notte, non dormiva, potendo far proprio il verso del Leopardi:

Per assidui terrori io vigilava.

E’ quindi inverosimile ch’ella si tenesse per più settimana il cadavere imbalsamato del misero Stelzi in casa ( come si disse); e che, partendo ella da MIlano, lo facesse clandestinamente trasportare a Locate, nella propria villa, coll’ordine che fosse chiuso a chiave in un armadio, per poterlo ritrovare a tutto agio al suo ritorno dall’Oriente; è inverosimile ch’ella stessa abbia ordinato di seppellire un tronco d’albero in luogo della salma dell’infelice degno di tanta pietà: perché ricorrere a sì lugubre e turpe commedia, a tal profanazione dìun luogo sacro, ella che aborriva dagi’ignobili sotterfugi? ella, che nutriva nell’animo sentimenti religiosi?… Certo, il funebre fatto pareva un macabro racconto dell’Hoffmann, del Poe, della Radcliffe; e le fantasie si sbizzarrivano a ricamarvi su le più truci variazioni, ad aggiungervi frangie.. non di seta.

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