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Ciò che successe veramente

By 19 Agosto 2016Aprile 25th, 2017Approfondimenti

La principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Gaetano Stelzi, e la leggenda del cadavere imbalsamato.
Ciò che successe veramente..

Siamo nel 1845. Cristina si è ritrovata socia maggioritaria del giornale Gazzetta Italiana pubblicato a Parigi.
Purtroppo le sottoscrizioni per recuperare soldi sono andate malissimo, e gli unici due sono Liszt ed il barone Rothschild, che l’hanno fatto solo una richiesta della principessa.

Cristina si dà da fare e non si perde d’animo. Si rimbocca la maniche e oltre che sovvenzionarlo assume anche la direzione, in seguito all’abbandono di alcune persone che pretendevano che pagasse le spese, ma non si occupasse del suo andamento. Dichiaravano infatti che la dignità maschile gli vietava di seguire le direttive politiche di una donna!

A questo punto Cristina torna in Italia per fare propaganda e per procacciare consensi e collaboratori. Per aiutarla in questa impresa, si servì di un giovane milanese di buona famiglia , figlio di un ragioniere impiegato nella propria amministrazione, al quale aveva già affidato l’educazione della figlia Maria e che da tempo l’assisteva nella raccolta del materiale per una storia dei municipi lombardi che si proponeva di scrivere. ( la sua assunzione fu redatta da un notaio e porta data 12 marzo 1845)

Questo topo di biblioteca era tal Gaetano Stelzi. Alto e malaticcio, conosceva oltre il latino ed il greco anche l’ebraico e l’arabo. Ne sapeva di paleografia e di storia medioevale. Per seguire la propaganda a favore della Gazzetta e per recuperare le informazioni per il libro, Cristina lo spediva in giro per l’Italia. Si ritrovano sue tracce a Bologna,  a Ferrara,  e a Venezia, dove fu anche arrestato dagli austriaci. 

Man mano che il tempo passava Cristina si accorse che lo Stelzi diventava un prezioso collaboratore. Quando morì, disse infatti che “non s’era fino allora resa conto di come le fosse necessario”.

 La corrispondenza tra i due si è salvata ( almeno in parte) per cui possiamo intravedere il rapporto tra i due. E’ un rapporto lavorativo, ma anche di affetto. Lei lo tiene informato sull’uscita delle pubblicazioni e lui sulle persone contattate. Oltre a questo si scambiano anche informazioni sul viaggio e sulla salute. Il tono è di reciproco rispetto.

Tra il febbraio 1847 ed il novembre 1848 scrive da Firenze, da Roma, da Vigevano e da Marsiglia.

Ai primi del 1848 la Belgiojoso se lo portò dietro diretta a Napoli, per trapiantarvi la sua pubblicazione l’Ausonio. Le sue cattive condizioni di salute non lo fecero proseguire oltre Roma. Cristina lo rispedì a Milano.

Durante le Cinque Giornate di Milano il fratello di Gaetano cadde con una palla in petto. Cristina, assente durante la liberazione di Milano, partì subito da Napoli portandosi dietro una barca di volontari pronti a combattere.

Il 15 giugno, in una Milano libera dagli austriaci e sotto il Governo Provvisorio, Gaetano Stelzi morì di Tisi.
La principessa stessa racconta al suo amico Thierry la nottata del 15 giugno, di cui tralascio i dettagli. Basti sapere che erano a Milano, nella sua casa di via Bigli, insieme ad un dottore ed alla onnipresente Mrs. Parker ( la governante della figlia Maria). Lo Stelzi era in una camera e sembrava stesse meglio. Cristina si recò a dormire quando si sentì chiamare ad alta voce da Mrs Parker : “Il meurt, il meurt !”.

Dalle parole di Cristina :

“.. In cinque secondi ero presso a lui. Moriva, in effetti, senza dolore, privo di conoscenza, senza contrazioni.
Ho saputo dopo che aveva continuato a parlare e a domandare di cambiare di letto; che il dottore gli aveva domandato se voleva essere trasportato da un letto all’altro al quale lui aveva risposto ridendo ‘per niente, per niente; credete dunque che non possa camminare?’; che Mrs Parker si era messa a preparare il secondo letto, l’aveva chiamata con una voce perfettamente calma e ferma per che gli portasse qualche cosa; che si era avvicinata a lui e vedendo che non tendeva il braccio per prendere quello che lei gli offriva, lei l’aveva guardato e gli aveva visto gli occhi rivoltati in giù. Era allora che chiamava a grandi urla il medico, che si precipitava verso la mia camera, che accorsi. Nessuno di noi arrivò in tempo per raccogliere un’ultima parola, un ultimo sguardo.

Cosa è successo? Chi ce l’ha tolto? Dio lo sa. Non sapevo che l’amavo a questo punto. Non sapevo che la sua vita era così intimamente legata e così necessaria alla mia. Lo provo ancora oggi”.

 Queste ultime parole non significano che la principessa e Gateano Stelzi erano amanti, come qualcuno affermò, ma esattamente il contrario. Significa semplicemente che non si era accorta fino alla sua morte di quanto gli era affezionata. Il verbo “amare” non aveva lo stesso significato profondo che può avere oggi. Bisogna ricordarsi che vivevamo in un periodo dove da una parte si dava del voi anche al migliore amico, e dall’altra ci si salutava per lettera con frasi del tipo “vostro umile servo” o “vostra sorella devota”. Non si può leggere una frase di una lettera dell’ottocento ed interpretarla come scritta nel 2006.

Arriviamo così al periodo incriminato. Ecco cosa successe realmente:

Nell’inventario dello spoglio dello Stelzi c’erano “una redingote di velluto di L. 45, dodici camicie, delle quali 6 molto usate del valore di L. 30, due spille con pietre e perline e un anello di oro antico, complessivamente per un valore di L. 75,50”

L’equivalente di circa 1000 euro. Modesto capitale per un ipotetico amante di una principessa con un capitale di più di 3 milioni di lire!

La famiglia Stelzi non aveva una cappella gentilizia per cui la principessa si incaricò di dare una degna sepoltura al suo amico e collaboratore. Il 17 giugno la congregazione privinciale di Milano emesse l’ordinativo per il trasporto della salma a Locate, come da richiesta della principessa Cristina Trivulzio Belgiojoso.

Se qualcuno si immagina che nel 1848 le cose si facessero alla buona, sbaglia di brutto. L’ordinativo era il N. 5392 VII – 443 firmato dal presidente Pini, in cui si dice chiaramente che :

1. Il detto cadavere, scorse le ore della morte prescritte dai vigenti regolamenti, sarà posto per cura del Municipio in cassa di piombo con sopracass di legno affinché nel trasporto non abbiansi a propagare fetide esalazioni
2. Il trasporto si effettuerà di notte senza pompa funebre, anzi incognitamente;
3. Il convoglio sarà accompagnato da un Commesso di sanità Municipale sino al detto cimitero dove il cadavere dovrà essere tosto sepolto sotto l’osservanza delle discipline portate dalla notificazione 20 ottobre 1838, e ne riterrà analoga ricevuta dall rispettiva Autorità locale, la quale sarà a trasmettersi in seguito a quest’ufficio per corredo degli atti relativi.

Insomma, la burocrazia c’era anche una volta, ed una persona, per quanto principessa, non poteva prendersi un cadavere, imbalsamarlo e metterselo in un armadio !

Nei registri parrocchiali di Locate si legge che “Gaetano Stelzi fu tumulato il 19 giugno. Il motivo della morte era suppurazione tubercolare. Il solito parroco Giusuè Brambilla mette perfino la nota “non si fece a suo tempo la registrazione perché credevasi registrato a Milano”.

Mancano così i documenti, ma apprendiamo qualcosa dalle parole che la principessa scrive al suo amico Thierry  :

“L’ho portato qui, in una tomba che è nella cinta stessa della mia casa, in modo che Mrs Parker ed io abbiamo la triste soddisfazione di ornarla di fiori e di provvedere alla manutenzione di questo luogo come ad una camera piuttosto che come un sepolcro”

Effettivamente il corpo non viene seppellito nel cimitero ma tenuto nella cinta della sua casa. Anche qui è necessario fare una precisazione. La “casa” della principessa era un palazzo di circa 3000 metri quadri. All’interno della cinta c’era un terreno di 137.000 metri quadri… ( dati presi dall’eredità lasciata alla figlia nel 1871)

Nei palazzi nobili del tempo era d’uso comune avere una cappella ed una cripta mortuaria dove metterci i familiari e le persone vicine.  Ci sono decine di esempi. Per citarne uno per tutti, nel palazzo di Camillo Benso di Cavour, c’è una cripta con almeno 15 tombe. Eppure non si dà del necrofilo al Conte di Cavour…

La principessa non rimane molto a Locate dopo il 19 giugno. E’ un periodo molto movimentato e a Milano il Governo provvisorio non funziona a dovere. Il re Carlo Alberto non dà quel supporto aspettato e se ne ritornerà di soppiatto a Torino, lasciando sguarnita Milano. Cristina continua a pubblicare “Il Crociato” fino a che non rientreranno gli austriaci.  Ne uscirà un numero con un articolo di Cristina il 17 giugno ed il 19 giugno, appena dopo la morte dello Stelzi.

Il 2 agosto la principessa, previdente, lascia Milano per il Piemonte da dove prosegue per Parigi per continuare indisturbata a tessere i suoi contatti politici a favore dell’Italia.
Gli austriaci riprendono infatti Milano pochi giorni dopo, il 6 agosto. Chiederanno una multa salatissima a tutti quelli che hanno contribuito alla rivoluzione di pochi mesi prima. Alla principessa toccheranno ben 800.000 lire di multa ( circa 10 milioni di euro! )

il 12 settembre 1848 il suo ragioniere Gioacchino Stelzi ( proprio il padre di Gaetano) le scrive informandola che “A Locate vennero alloggiati quattordici gendarmi, un capo posto, ed il Commissario Commesso Sig. Rossi per le continue aggressioni in quei dintorni una banda di assassini, ed incendiari per cui tornan utili a V.E. tali ospiti.”

Sappiamo quindi che i gendarmi erano a Locate.

La storia finisce qui. E’ possibile che qualche gendarme abbia visto la tomba ed abbia scatenato le dicerie sulla principessa. Come dice il Malvezzi, Locate era una sorgente di domestiche per molte case nobili di Milano. Le voci hanno iniziato a girare, e sappiamo come finiscono queste cose. Per di più la principessa non era molto ben vista a Milano, ad iniziare dal Manzoni, che le aveva rifiutato di vedere la madre Giulia Beccaria in punto di morte, perché la considerava una donna dalle cattive abitudini. Proprio lei, che aiutava persino il figlio di Manzoni, che navigava in cattive acque.

Sandro Fortunati

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