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Letters of an Exile – 2

By I suoi articoli

Lettere di un Esule… N. 2

Condizione attuale e governanti della Francia.

 

Costantinopoli, 5 agosto 1850

Agli Editori del Tribune:

 

Prima di scrivere una descrizione più accurata della vera condizione delle cose in questo paese e prima di esaminare quanto la legge mussulmana sulla famiglia, o almeno la legge mussulmana riguardante i legami tra uomo e donna, genitori e figli, debba essere considerata come causa di tale condizione, penso che sia meglio tornare ancora una volta al mondo europeo e tracciare alcuni brevi descrizioni dello stato attuale delle sue diverse razze e nazioni, collocate come sono sotto un pesante giogo che pesa più che mai fino alla polvere. In tal modo dovrò delineare immagini che a voi, abitanti felici di un paese libero e ben regolato, potrebbero apparire false o esagerate, ma che sono, comunque, perfettamente corrette.

E per iniziare con la nazione che guida o finge di guidare tutte le altre sulla via del progresso e della libertà; diciamo che la Francia non è mai stata peggio né più tirannicamente governata di adesso. Mai, dal temuto Comitato di Salute Pubblica fino ad oggi, in Francia è esistito un governo così disprezzante di tutti i diritti politici e nazionali o sentimenti come il brutale e goffo governo del Presidente Napoleonico. Siete ben consapevoli degli antecedenti dell’uomo. I suoi sforzi ostinati per rovesciare il governo stabilito di Luigi Filippo e le sue ripetute richieste di scelta nazionale tra quel re e le sue pretese personali, avevano impressionato la moltitudine con una forte convinzione che, qualunque fossero i difetti del Principe, egli rispetterebbe rigorosamente la volontà popolare e non si ribellerebbe mai contro di essa. E quando, dopo la rivoluzione di febbraio, uscì ribadendo quell’appello e offrendosi alla scelta nazionale, fu proprio quella convinzione che lo rese accettabile a una gran parte del popolo francese. L’elezione era comunque un affare molto difficile. Il Generale Cavaignac rappresentava in quel periodo i Repubblicani Moderati, o in altre parole la reazione incipiente. Ledru-Rollin fu accusato di transazioni finanziarie che lo rendevano inadatto per la Magistratura Suprema del paese; mentre il Principe Luigi Napoleone rappresentava all’epoca solo un grande, caro e glorioso nome e un rispetto illimitato per la volontà popolare. È vero, inoltre, che i vari sostenitori della monarchia avevano, prima di adottarlo, accertato le sue reali intenzioni, in modo che le loro simpatie furono conferite su di lui, come il futuro distruttore della Repubblica, il braccio che doveva abbattere la barriera che impediva alla Francia e al Louvre il giovane Conte di Parigi o il Conte di Chambord.

Le parole non sono in grado di esprimere il piacere infantile con cui il Presidente si vide onorato (sic) dall’apparente considerazione dei Ministri del vecchio regime. Era l’estasi del ragazzo delle scuole che si trova improvvisamente sullo stesso piano dei propri maestri, signori molto temuti, che lo avevano frustato solo due settimane prima. C’era lui, il Principe Presidente, un vero incarnazione del potere!

Tutti i suoi trascorsi furono allora dimenticati. Quelli che avevano riso di lui, alzato le spalle, scosso la testa su di lui, che lo avevano da tempo dato per spacciato per la follia e l’assurdità, quegli stessi giudici che temevano di infliggergli una severa punizione, per timore che la compassione prevalesse sul ridicolo e che fosse preso seriamente, da qualche anima buona – queste stesse persone ora lo presero sul serio loro stessi; non come un colpevole, ma come il primo cittadino dello Stato, o meglio come il futuro Imperatore dei Francesi. Questo fu una fonte di gioia illimitata e per assaporarla a nessun prezzo, nemmeno dieci anni di prigione potevano essere considerata troppo cara.

Un tale sentimento era certamente predominante nel cuore del Presidente quando si gettò completamente e ciecamente nelle braccia di un partito il cui obiettivo era usarlo come strumento per gli scopi della sua protégée più seria. Lo conosco bene e posso assicurarvi che nulla poteva essere contemporaneamente così triste e così ridicolo come vedere quell’uomo, così piccolo, così goffo e così rigido, alzarsi sulle punte dei piedi per stringere la mano al signor Molè, o cercare di sembrare estremamente intelligente mentre ascoltava le arguzie del signor Thiers.

Ma il Presidente è stato ridicolo abbastanza a lungo e ha fatto con quella qualità inoffensiva. Nessuno può ridere dell’uomo che ha venduto se stesso e il suo paese agli attuali governanti d’Europa e ha complottato con loro per la distruzione totale del principio democratico. Quando era giovane, il ridicolo lo salvò dall’indignazione pubblica. Ora, negli anni più maturi, è l’indignazione pubblica che lo preserva dal ridicolo. Felice e dignitosa alternativa!

Quando Luigi Napoleone fu eletto, cercò l’alleanza di un sentimento ignobile che in quel momento pervadeva la Francia. Intendo la paura; paura del socialismo e dei socialisti. Il Presidente lo prese e lo adattò al suo scopo. Disse alla parte ignorante e più egoista della nazione: “C’è un mostro che avanza sull’ala del principio democratico, pronto a inghiottirvi, proprietà e tutto. Nessun potere è stato in grado finora di fermarne il progresso. Voi lo sapete ma guardatemi. Posso arrestarlo. Ma non lo farò se mi rifiutate qualsiasi cosa: se non avete fiducia in me e non mi date tutto”. E i poveri ingannati risposero. “Salvateci dal socialismo e tutto andrà bene, e saremo vostri.”

Le persone spaventate e stupide sono la stessa cosa. Poco dopo il 10 dicembre, Luigi Napoleone si dedicò a fare le cose più adatte ad incitare la nazione francese. Rifiutò l’amnistia promessa; licenziò tutti i funzionari repubblicani e diede le loro cariche ad altri ben noti per le loro propensioni monarchiche; abbatté gli alberi della libertà; proscrisse il berretto frigio e la sciarpa rossa. Fece, insomma, le cose più adatte a scatenare l’ira popolare e quando questa cominciò a manifestare segni di ripresa, si rivolse alla classe spaventata, altrimenti chiamata borghesia, dicendo: “Avevo ragione? Vedete il socialismo avanzare? Sentite gli socialisti precipitarsi come bestie selvagge? Datemi armi, armi abbastanza forti per difendervi e proteggervi, o siete perduti.”

E ottenne armi abbastanza forti. Un terzo della Francia fu posto sotto legge marziale; Libertà e Democrazia furono schiacciate attraverso l’interferenza francese in tutta Europa; l’autorità militare fu data alle creature del Presidente; la Guardia Repubblicana fu sciolta; le persecuzioni contro i giornali liberali furono portate a un’estensione fino ad allora sconosciuta; i club furono improvvisamente e violentemente chiusi; l’istruzione pubblica abbandonata alla volontà del Governo; leggi e diritti furono calpestati sotto i piedi dittatoriali: tanto fu fatto in così poco tempo, dal lato della tirannia, che il partito popolare non osò proteggere nel modo usuale, meno che non fosse massacrato e disperso, come era il desiderio espresso del Presidente e dei suoi Pretoriani. “Che cosa buona se la folla dovesse provare a combatterci!” dicevano frequentemente e sfacciatamente: “siamo sicuri di dimostrarci i più forti; quindi con le nostre spade e i nostri fucili cancelleremmo dalle liste elettorali una trentina o quarantina di migliaia di nomi, e Parigi sarebbe un posto felice! Pensate solo a quanto tranquillamente e piacevolmente ci metteremmo al lavoro e ricostruiremmo la società, se quei trenta o quarantamila fossero sotto terra!”

Ho sentito tali parole, dalle labbra più nobili e alte; dalle labbra femminili persino! Nel frattempo i capi popolari supplicavano i loro amici di sopportare e sopportare fino alla nuova elezione, quando avrebbero ottenuto il loro punto con mezzi leciti. “A cosa serve il suffragio universale, se non per consentirti di privare i non degni di poteri usurpati e di trasferirli in mani più pure? L’era delle rivoluzioni si chiuse il giorno in cui il suffragio universale fu conquistato. Aspetta. Sii paziente; e dimostra di meritare i diritti che hai acquisito!”

E la gente fece come le fu detto, guardando con silenziosa e dignitosa indignazione i numerosi atti di brutale tirannia che erano intesi ad attirarli alle barricate. Ma il giorno delle elezioni parziali arrivò (Parigi era priva di rappresentanti, poiché quasi tutti i suoi Deputati erano esuli), la gente mandò all’Assemblea i socialisti più determinati e temuti; il Governo reazionario fu colpito di timore e infastidito dalla rabbia per questo risultato. Era ancora padrone, poiché le elezioni non erano state generali e la maggioranza era ancora sua. Ma il sentimento pubblico era ovvio e la soddisfazione certa. Diventò urgente sottrarre il potere elettorale dalla presa popolare; anche questo fu osato e realizzato. Sebbene il suffragio universale fosse l’angolo di pietra della Costituzione e la conquista essenziale dell’ultima rivoluzione, una riforma della legge elettorale fu presentata all’Assemblea e da essa votata. Ora il suffragio universale non esiste più in Francia e l’elenco elettorale stilato a Parigi dopo la riforma contiene 74.000 nomi, mentre quello precedente ne conteneva almeno 200.000. Ora non è affatto improbabile che i membri attuali dell’Assemblea e del Governo possano essere respinti dal suffragio mutilato.

Quale possibilità rimane al Popolo di svincolarsi dalla rete in cui è caduto? Non ne vedo alcuna tranne un’altra rivoluzione e il governo attuale li sta trascinando verso quella risorsa disperata, con tutto il suo potere e acume. Nessuno può prevedere il risultato. Il socialismo conta molti aderenti tra i soldati francesi e persino tra i loro ufficiali; ma la forza della disciplina militare non deve essere trascurata, come fu troppo evidente l’anno scorso, quando un esercito repubblicano fu inviato per distruggere una Repubblica sorella, senza offrire la minima opposizione. Ma anche la possibilità di simpatia attiva tra l’esercito e il popolo insorto è stata completamente anticipo.

Recentemente, al Governo piemontese è stato richiesto da un ministro austriaco di permettere all’esercito austriaco di attraversare il loro territorio per raggiungere la Francia, dove una rivoluzione imminente rendeva molto desiderabile la vicinanza delle truppe alleate. Il Marchese d’Azeglio ha chiesto a sua volta se la richiesta fosse stata riconosciuta dal Governo francese e, sebbene non sia stata data una risposta precisa su questo punto specifico, l’affermativa è stata chiaramente accennata. Il Piemonte ha rinviato la questione all’Inghilterra, che ha imposto un diniego, rispondendo nel contempo per le conseguenze, ma sollecitando il Piemonte ad accelerare l’aumento del suo esercito.

Questa è la situazione in Francia. Luigi Napoleone ha deciso di non rinunciare mai al potere che ha strappato alla nazione attraverso l’inganno e l’illusione. Con l’impresa romana, ha comprato l’adesione dello Zar e dei tiranni minori. L’anno scorso ha parlato solo di conciliazione e sotto il suo controllo la Francia si è divisa in due parti, ciascuna delle quali brucia per distruggere l’altra. Quando la spada sarà di nuovo sguainata, non ci sarà una semplice vittoria di un lato sull’altro, ma la completa distruzione di una delle due – niente di meno che quello che potrebbe soddisfare il conquistatore. Tutti sanno e si aspettano questo – Di tanto in tanto, un terrore improvviso pervade la parte pacifica della popolazione parigina. “Domani sarà il giorno”, è ripetuto da migliaia, e una vasta emigrazione inizia subito. Carrozze, diligenze affollate, si precipitano verso i cancelli e fuori in campagna, per sfuggire alla carneficina imminente. Ma il domani arriva e non porta eventi. I fuggitivi tornano sempre, dicendo: “Beh, è rimandato a un altro giorno”, e si siedono di nuovo ai loro piaceri o ai loro affari, fino allo scoppio di un nuovo panico. Nel frattempo, il Presidente gioca all’Imperatore, ogni individuo alleato alla sua famiglia viene chiamato Duca o Principe, e l’isola di Corsica non ha abitanti se non nobili. L’Eliseo Borbone si presenta come una piccola Versailles. Gli uomini lì hanno le loro amanti riconosciute e le signore hanno i loro amanti dichiarati e accettati. I disonorevoli giorni del favoritismo hanno ritagliato il loro spazio e si sono fatto strada attraverso i tempi più severi e casti della Democrazia. Molte posizioni importanti vengono date al favorito di qualche cugina. Tali transazioni sono senza maschera e il pubblico dei teatri, delle passeggiate e degli spettacoli popolari può vedere le presunte coppie reali mentre appaiono in tutto il loro splendore di fronte al mondo. Il Palazzo Nazionale, destinato all’occupazione del Principe Presidente, è onorato di essere la residenza abituale della sua Pompadour.

I Ministri di Nerone cantavano e facevano gli stupidi; quelli di Claudio discutevano di antichità e buone cene; quelli di Vitellio rovinavano le loro costituzioni vivendo come orchi. Un Ministro straniero, che vive a Parigi e che desidera sinceramente preservare, tra la Francia e il suo paese, l’entent cordiale tanto parlata, gioca a mosca cieca con il Presidente e i suoi pochi amici selezionati, mosca cieca è ciò che il Presidente chiama un jeu d’esprit. Un giorno l’Ambasciatore è arrivato quando il gioco era all’apice; ha trovato la testa presidenziale nascosta nel grembo di una signora, mentre la sua mano destra giaceva sulla schiena. Dolcemente e in punta di piedi, l’Ambasciatore si è avvicinato al gruppo interessante e con tutta la grazia possibile ha toccato la mano distesa. Il Principe, ridendo di gioia, ha esclamato: “Ah, Pauline, ti conosco!” Il soprannome di Pauline si è attaccato all’Ambasciatore da allora. Ma il Signor Normanby è sicuramente stato colpevole di qualche errore peggiore di questo; deve aver scambiato la zampa pelosa dello scimpanzé della signora Howard per la mano imperiale del nipote di Napoleone. Com’è precario tutto il progresso popolare e le conquiste e quanto poco affidamento può essere riposto in esse dal momento che la Francia dell’Ottantanove è caduta nella Francia del Cinquanta!

Cristina Trivulzio di Belgioioso

Memorie di un esule

By evidenza, I suoi articoli, news
Alcuni anni fa ho ritrovato diverse lettere inedite di Cristina pubblicate negli anni intorno al 1850 su un giornale americano.

Sono venuto a conoscenza dell’esistenza di questi articoli dalla introduzione della biografia di Beth Archer Brombert, “Cristina: Portrait of a Princess”, del 1977.

In occasione dell’anniversario della nascita della Fuller, mi è capitato di dover cercare dei suoi articoli sul New York Tribune ed ho abbinato la ricerca di quelli della Principessa. Il periodo interessante non poteva che essere quello degli anni dopo il 1849 e, con mia soddisfazione, ho trovato una quantità di articoli molto superiore alle previsioni.

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Letters of an Exile – 1

By I suoi articoli

Lettere di un Esule… N. 1

La Costituzione Napoletana – La Reazione in Europa – Il Socialismo, unica Speranza del Popolo – Turchia – Reschid Pacha [1] , il Riformatore – Stato dell’Impero Mussulmano.

Sullo stretto del Bosforo, 24 luglio 1850

Agli Editori del New York Tribune:

L’ultima corrispondenza dall’Italia ci porta la notizia dell’abrogazione totale e solenne della Costituzione o degli Statuti napoletani. Non posso garantire la veridicità di questa notizia, ma il fatto ha scarso valore, dato che tutto tranne il nome di quella Costituzione è stato distrutto da molto tempo.

La forza della stessa Reazione si è diffusa in tutta Europa, e chiunque gli avesse prestato aiuto o avesse partecipato, anche solo con la sua presenza, al generoso e veramente popolare movimento del 1847 e del ’48, non avrebbe potuto credere, senza vederlo, che questi schiavi agnelli, schiacciati sotto il pesante passo di ogni padrone, fossero gli stessi individui intelligenti e attivi, tanto pieni di vita e tanto temuti. Ecco la grande sventura degli abitanti di questo nostro Vecchio Mondo, da questo lato dell’Atlantico. Tutta la loro energia e serietà va e viene a singhiozzo e inizia, lasciandosi dietro la più completa e spregevole torpidezza. Guarda la Francia, guarda l’Italia, guarda la Germania, Vienna, l’Ungheria e le nazioni slave. Portano le catene più pesanti e gli oltraggi più insolenti, finché ogni pazienza possibile sia esaurita. Poi si ribellano e in un attimo distruggono in polvere ogni strumento che il potere ha ideato per la loro soggezione. Trionfano per un po’, ma anche la vittoria ha il suo effetto logorante. Si addormentano, diventano pigri, troppo fiduciosi o scontenti e litigiosi. Nel conquistare la libertà pensavano di assicurarsi una felicità immediata; che si frapponga un ostacolo sul loro cammino e vengono sopraffatti come da un insuccesso inaspettato; si abbassano, come alla rovina di tutte le loro speranze. Vedono i loro nemici prepararsi ad assalirli, armate avvicinarsi, cannoni e baionette lucenti puntati contro di loro, e non si sentono più all’altezza del pericolo. Si sottomettono – sono di nuovo incatenati e imbavagliati, senza manifestare la minima inclinazione a resistere. E lì giacciono, più simili a bestie stupide che a uomini razionali ed energici. I tiranni esultano, dicendo: “Quando ti sveglierai la prossima volta, esaurirai la tua forza nel rompere le catene che ti abbiamo messo addosso; il tuo accesso di entusiasmo sarà finito, quando avrai compiuto ciò e non ne avrai più per la lotta con noi che deve seguire”.

Tale è lo scopo del governo francese nel togliere, uno dopo l’altro, ogni conquista popolare di febbraio – il suffragio universale, anzitutto. Tale è il disegno dei piccoli principi tedeschi, mentre cancellano la Costituzione che avevano concesso al loro popolo. Tale è l’obiettivo dei sovrani italiani quando assumono mercenari stranieri per la loro guardia del corpo, e dell’Austria mentre succhia il sangue stesso della Lombardia e dei Lombardi, riducendo quella regione più ricca delle più ricche d’Europa all’elemosina, e distrugge in Ungheria ogni traccia dei diritti e delle usanze antiche della nazione.

La stessa pesante torpidezza pervade tutta l’Europa e, temo, si abbatterà sempre di più su di essa se non verrà offerto un nuovo obiettivo per la ricerca popolare. Le idee di indipendenza naturale e di diritti politici sono forse troppo astratte e di natura troppo intellettuale per ispirare le masse popolari con un desiderio interiore e duraturo. Quando la stessa moltitudine aveva di fronte l’abolizione delle enormità feudali, ha combattuto per anni e secoli senza stanchezza o debolezza. Un fine simile ora deve produrre lo stesso risultato.

Il socialismo è l’unico credo che promette al popolo un felice cambiamento nelle circostanze della vita. Il socialismo è quindi la molla più adatta per suscitare un’attività e un’energia durature dalla loro parte. Sfortunatamente è poco conosciuto nella maggior parte dell’Europa, e cosa peggiore, è più frainteso che conosciuto dove se ne parla molto. Il suo stesso nome è appena udito in Italia, né in molte regioni tedesche. La sua essenza e il suo significato sono vergognosamente calunniati in Francia, dove il terrore con cui è visto da tutta la classe media, o borghesia, ha dimostrato la più potente agenzia mai diretta da un governo servile contro la libertà e i principi democratici. Per concludere, penso che l’istituzione del socialismo sarà e deve essere lo scopo e la ricompensa la cui realizzazione susciterà il popolo a un serio conflitto contro i loro oppressori. Ma nutro poca speranza che tale conflitto inizierà presto, dato che in così tanti luoghi si sa così poco del socialismo e si diffondono tali false nozioni su di esso in molti altri. Dovrebbe esserci un paese libero da pregiudizi così come da ogni altra forma di tirannia, che dovrebbe assumersi il compito di insegnare quella scienza agli altri e dimostrarla nella pratica. Gli Stati Uniti d’America mi sembrano più adatti a questo compito rispetto a qualsiasi altra parte dell’umanità: ma ciò che forse vi sorprenderà, anche se è perfettamente vero, è che questo paese in cui vivo potrebbe ora seguire l’America in quel percorso.

La condizione morale dell’Oriente è molto singolare, anche se la sua condizione materiale è la più miserevole del mondo. Avete sicuramente sentito parlare di un conflitto in corso tra il governo turco e la classe più illuminata della nazione che ha sete di civiltà, istruzione e progresso, e la folla fanatica che riesce sempre a sbranare ogni Giaour (“infedele”, N.d.T.) che incontra sulla sua strada e che cospira persino contro il loro Sultano nel momento in cui è sospettato di avere qualche freddezza nei confronti di Maometto e del suo libro. Ma come potrete credermi quando vi dico che è vero il contrario? Si è parlato molto del Sultano Mahmoud, il riformatore, ma siate certi che era un musulmano convinto, altrettanto restio quanto gli altri a modificare, figuriamoci distruggere, la religione che gli permetteva di soddisfare i suoi vizi più orribili. In effetti, l’astuzia di Maometto fu manifestata in modo molto evidente nella composizione di una religione che forniva ai suoi aderenti la più completa soddisfazione delle loro tendenze sensuali e persino delle loro propensioni viziate; sapeva che una tale religione avrebbe avuto pochi apostati, e aveva ragione. Il Sultano Mahmoud[2] non aveva alcun desiderio di riformare un sistema in cui aveva versato più sangue umano di qualsiasi altro conquistatore e non aveva alcun freno alle più innaturali e disgustose depravazioni. Ciò che desiderava era liberarsi dal fatale giogo dei Janissari e Janissarim, mettere un buon esercito regolare al loro posto e introdurre nel suo palazzo alcuni dei comfort dell’Europa occidentale, ed era tutto o quasi tutto.

L’unico vero riformatore nel governo turco è ora Reschid Pacha: il Sultano, avendo seguito il suo consiglio nell’allontanare molti degli abitanti del serraglio[3] di suo padre, sente che abbandonandolo ora rimarrebbe completamente senza amici. Per quella ragione, e solo per quella, aderisce al sistema del riformatore. Ma, dolorosamente, Reschid Pacha non sa da che riforme cominciare né come portarle a termine. Inoltre, è solo, del tutto solo, a prendersi cura di sé stesso (e che terribile compito!), a parlare in ogni transazione diplomatica e a sovrintendere a tutta l’amministrazione senza possedere un amico in cui confidare e su cui fare affidamento. Quasi tutto il gruppo dei Pascià e dei Beys cospira incessantemente contro Reschid Pacha, che considerano giustamente come l’unico sostenitore dell’innovazione.

Qui sopra avete il fatto riguardante le classi più elevate della nazione. Ma c’è una regione in cui la mancanza di buone riforme è davvero e profondamente sentita.

E quella è la classe più bassa della gente. Essi sono la fonte da cui Reshid Pacha trae inconsapevolmente tutta la sua forza. Sono consapevole che in generale in Occidente si creda il contrario, ma questa è la verità. Gli abitanti della regione asiatica selvaggia sono travolti da sofferenze crudeli, mentre i piaceri voluttuosi consentiti da Maometto sono troppo lontani e troppo costosi per raggiungerli. Quale influenza può avere su di loro il fatto che il loro profeta permetta ai suoi discepoli di possedere cento donne e altrettanti uomini, quando non hanno abbastanza da mangiare nemmeno per uno schiavo?

Maometto nel redigere la sua legge non aveva altro obiettivo che formare una nazione di guerrieri. Ma, ora che la guerra e lo spirito guerriero non esistono più tra i musulmani, l’intero edificio della religione musulmana sta crollando per mancanza di una base su cui poggiare. L’agricoltura non viene insegnata né incoraggiata; manifatture e commercio sono ora privilegio di greci e armeni.

Cosa resta quindi per il pacifico turco? Nulla se non meditare sul baratro che lo separa dalle altre nazioni e desiderare di diventare come loro. Il suo orgoglio è svanito insieme alla sua superiorità e al suo fanatismo. Accoglie volentieri ogni europeo che si avvicina a lui e cerca di ritardare la partenza dello straniero come se sperasse di inalare qualche influsso benefico mentre è in sua compagnia.

Quante volte ho visto un turco dalla folta barba, con il turbante largo, scuro, ruvido e feroce nell’aspetto, arrossire come un bambino quando catturava il mio sguardo fisso sul suo abbigliamento sporco o i suoi movimenti goffi.

Quante volte uomini del genere si sono avvicinati timidamente a chiedermi di insegnargli il modo di realizzare qualche oggetto insignificante o di eseguire qualche lavoro ordinario, e poi hanno scosso la testa, sorridendo tristemente e dicendo: “Non siamo europei, ma pazienza, impareremo”.

Ciò che è ancora più strano è il loro comportamento verso le donne, e in particolare verso le loro donne in nostra presenza e verso di me nella loro. Di questo parlerò in un’altra lettera.

 

Cristina Trivulzio di Belgiojoso

[1] Titolo onorifico attribuito dal Sultano d’Istanbul ai funzionari ottomani di grado elevato. Maggiore ai Bey ed Agha,ma minore dei khedivè e visir.

[2] Mahmoud II ( 1785-1839) 30esimo sultano dell’impero ottomano dal 1808 al 1839. Vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Mahmud_II

[3] “seraglio” nel testo originale,  derivante dal Persiano “saray”. In questo caso si riferisce al palazzo Topkapi, residenza del sultano a Costantinopoli.

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