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La storia di Cristina è talmente ricca che ne sono state fatte sedici biografie. Non è facile riassumere tutto quello che si vorrebbe dire. Ciò che segue è solo riassunto.

Il suo nome completo era: Maria Cristina Beatrice Teresa Barbara Leopolda Clotilde Melchiora Camilla Giulia Margherita Laura Trivulzio. Non male eh? Nasce il 28 giugno 1808 a Milano. La sua famiglia viene citata nei libri di storia da appena dopo l’anno mille e con questo cognome illustre ci sono stati generali, podestà e personaggi illustri di ogni genere. Molti suoi avi sono sepolti nel mausoleo costruito davanti alla chiesa di San Nazaro a Milano, fatta costruire da Gian Giacomo Trivulzio, maresciallo al servizio di re Luigi XII di Francia. Cristina, figlia di Gerolamo Trivulzio e Vittoria Gherardini, rimane orfana di padre molto presto. La madre si risposa poco tempo dopo con Alessandro Visconti D’Aragona ed avrà un figlio e tre figlie. Cristina sarà molto affezionata ai suoi fratelli e sorelle ( Alberto, Virginia, Giulia, Teresa). Non si sa molto della storia di Cristina da bambina.

Le poche informazioni sono tratte da una lettera in cui si descrive all’amica Ernesta Bisi, in cui risponde ad un frenologo che pretendeva di conoscere le persone solamente dalla forma del loro corpo. Cristina ci racconta :
Ero una bambina melanconica, seria, introversa, tranquilla, talmente timida che mi accadeva spesso di scoppiare in singhiozzi nel salotto di mia madre perché credevo di accorgermi che mi stavano guardando o che volevano farmi parlare“.

Cristina con Teresa e Virginia

La Bisi era la sua maestra di disegno. A quel tempo era uso comune insegnare alle giovinette di nobile famiglia il canto, il disegno e altre forme d’arte. Nonostante la differenza d’età, rimarranno grandi amiche per sempre e le confidenze più intime saranno fatte proprio a lei. Sarà proprio lei ad introdurla nel mondo della “cospirazione”, attraverso le sue amiche. Il momento più importante della giovinezza di Cristina è il matrimonio con il bello, giovane e libertino Emilio Barbiano di Belgiojoso. Molti cercarono di dissuaderla, conoscendo le cattive abitudini di Emilio, ma alla fine il matrimonio si fece. Grandi invitati nella chiesa di S. Fedele a Milano il 24 settembre 1824. La più ricca ereditiera d’Italia si portava una dote di 400.000 lire austriache ( più di 4.000.000 di Euro odierni, anche se il cambio non ha molto senso e meriterebbe un capitolo a parte ) e la zia Beatrice Trivulzio si arrabbiava perché non aveva voluto sposare suo figlio, ovvero il primo cugino di Cristina. Al tempo si facevano ancora di questi matrimoni tra cugini, pur di non contaminare il cognome. Aveva solo 16 anni. E pensare che ora a quell’età è addirittura illegale avere rapporti sessuali. Il matrimonio non durò molto. Ufficialmente non divorziarono mai, ma in realtà si separarono pochi anni dopo, rimanendo buoni amici ( con qualche alto e basso) fino alla morte. Il marito, scapperà con una altra contessa (De Plaisance) e si rifugerà per dieci anni nella sua villa sul lago di Como ( Villa Pliniana), ma questa è un’altra storia…

Siamo alla fine degli anni 20. Cristina, anche dopo l’arresto del patrigno, si avvicina alle persone più coinvolte con i movimenti per la liberazione e diventa “giardiniera” . Gli austriaci, che dominavano la lombardia dal 1815, e specialmente il capo della polizia Torresani, accanito, inizia la sua opera di spionaggio che durerà fino all’unità d’Italia. E’ bella, potente, e potrebbe dare molto fastidio. Fortunatamente la sua fama,la sua posizione sociale, e la sua solerzia alla fuga, la salvano da arresti facili. E’ vero però che spesso, agli austriaci non va di sembrare “cattivi” con l’elite milanese, e gli fa comodo chiudere un occhio sulle sue frequentazioni. Nonostante ciò, il governo di Vienna le mette i bastoni tra le ruote per ogni movimento, e dopo una minaccia dopo l’altra, Cristina scappa nel sud della Francia. Il racconto di questa fuga è stato raccontato da alcuni biografi con aspetti rocamboleschi; E’ sicuro in ogni caso, che lei si sia trovata in Provenza sola e senza soldi. Tutti i suoi averi erano stati congelati dalla polizia austriaca e per molto tempo non potrà attingere alcun denaro. L’ultima liquidità che aveva, era stata impegnata a pagare i debiti del marito, quasi in cambio della sua libertà.

Deve aver passato il confine a Nizza (ancora italiana, ovviamente) con ben pochi averi, visto che ci sono scambi epistolari con il suo avvocato Borlasca, lasciato a Genova, con cui organizza il ritorno dei suoi averi, pochi vestiti e ancor meno soldi. Si ritrova sola, ed ospite di amici nel paesino di Carquerainne. Qui entra in scena un nuovo amico, tale Pietro Bolognini detto “il Bianchi”, ex notaio di Reggio Emilia, a cui le spie austriache assegnano già il ruolo di amante. Avremo il tempo di ritornare su questa persona, che l’accompagnerà per molti anni ed avrà alcuni risvolti misteriosi. Qui ha la fortuna di conoscere Augustin Thierry, uno storico divenuto da poco cieco, che le rimarrà amico fino alla morte. Dopo poco tempo, nonostante la mancanza di soldi, sbarca a Parigi e si trova un appartamentino vicino a la Madeleine. Si arrangia come può per alcuni mesi. Si cucina per la prima volta da sola i suoi pasti e si guadagna da vivere dando lezioni di musica e facendo ritratti di personaggi illustri. Una vita un po’ diversa da quella a cui era abituata a Milano, eppure quando si era messa in questa storia, non ci aveva pensato molto su prima di agire, anche se sapeva di dover così affrontare tempi difficili. Sarebbe stato semplice recuperare i suoi soldi e stare comoda nei suoi palazzi a Locate o a Milano. Le sarebbe bastato star tranquilla e non alzare troppa polvere di fronte al Torresani. Persino il governatore austriaco Hartig ed il Metternich in persona si scambiavano lettere riguardo alla principessa e placavano il loro capo della polizia, che l’avrebbe invece volentieri incarcerata.

Dopo poco tempo, un po’ con i soldi inviati dalla madre e un po’ con quelli recuperati dai suoi redditi, riusce a cambiare casa e ad organizzare uno di quei salotti d’aristocrazia, dove riunisce esiliati italiani e borghesia europea. Negli anni 30 frequenta il poeta tedesco Heine, il compositore ungherese Liszt, lo storico francese Mignet, il poeta francese de Musset e tanti altri. Ha una fitta corrispondenza con l’eroe di due mondi Lafayette, vecchio generale protagonista della rivoluzione francese. Le vengono attribuiti tanti amanti, un po’ come ci si aspetterebbe oggi da una bella donna ricca in una situazione del genere. Ha ancora rapporti di amicizia con il marito, con cui condivide però il pensiero politico e nient’altro. In questi dieci anni continua a contribuire alla causa italiana, cercando di influenzare i potenti, scrivendo articoli e diventando addirittura editore di giornali politici, quando nessuno le voleva pubblicare gli articoli pericolosi. Le continuano ad arrivare richieste di soldi, e lei cerca di distribuirne tantissimi, in modo da aiutare i poveri esuli italiani, di cui lei era ormai diventata la referente parigina, e investendo in sommosse o addirittura organizzando movimenti di armi per i “ribelli” italiani. Nel 1838 la sua vita ha una grossa svolta. Nasce Maria, la suo prima figlia. La paternità è solitamente attribuita a Mignet in seguito ad una ipotesi pubblicata  in un articolo cinquanta anni fa; Quasi sicuramente non era lui ma bensì il pianista Teodoro Dohler. Da questo momento ( anzi, da alcuni mesi prima) lascia i suoi salotti ed i suoi ricevimenti e cominciano alcuni anni di semi-isolamento. Va in vacanza in Inghilterra con i suoi fratelli e sorelle . Poi, torna a Parigi per un annetto, e poi nuovamente nella sua Locate, dove inizia le sue opere sociali.

Qui crea asili, scuole, trasforma il suo palazzo in un falansterio, ovvero il centro di una comunità come idealizzata da Fourier, con alcune modifiche da lei create. Crea uno scaldatoio pubblico e dona delle doti alle sposine più povere. Vorrebbe modificare anche gli insegnamenti religiosi, che non ritiene del tutte esatti, ma non si muove a tanto. Sfruttando la calma del suo paese, riesce a pubblicare una opera impegnativa dal titolo “Essai sur la formation du Dogme catholique” Continua la sua opera politica cercando di convincere tutti che l’unica soluzione per muoversi verso l’unione italiana è di dare supporto a Carlo Alberto. Certo, il suo obiettivo non è una monarchia ma una repubblica stile francese, ma bisogna prima unire l’Italia ed il sistema di governo migliore potrà anche venire in seguito. Perde per un soffio le cinque giornate di Milano e trovandosi a Napoli durante le insurrezioni, riunisce 160 uomini e li porta fino a Milano, in aiuto ai partigiani. Per qualche mese si respira aria di libertà ma lei non concorda con chi è andato al potere. Il tempo le darà ragione, infatti pochi mesi dopo gli austriaci ritorneranno. Lei, e molti altri borghesi di Milano, se la caveano con una multa elevatissima, salvando il palazzo e la libertà.

Passa il tempo, e al momento dell’insurrezione romana si trova in prima linea. Le assegnano l’organizzazione degli ospedali e lei si distingue, ancora prima della famosa Florence Nightingale, se pur in sordina. Purtroppo, anche a Roma la rivolta è sedata e per di più proprio con l’aiuto dei francesi tanto amati da Cristina. Sfumata anche questa speranza di libertà e tradita dal suo stesso amico Napoleone III salpa su una nave diretta a Malta ed inizia un viaggio che la porterà in Grecia per finire in Asia Minore, nella sperduta e desolata valle di Ciaq Maq Oglù, vicino alla odierna Ankara, Turchia. Qui, sola con la figlia Maria e pochi altri esuli italiani, senza soldi e solo a credito, impianta una azienda agricola. Da qui scrive articoli ( in realtà lettere indirizzate all’amica Caroline Jaubert ) e racconti delle sue peripezie orientali. Riesce così a tirar su un po’ di soldi e continuare a vivere per quasi cinque anni. Scampa anche ad un assassinio, perpetrato da un domestico impazzito. Porta la figlia Maria a Gerusalemme, dove avrà la prima comunione. Siamo ormai nel 1855. Dopo un passaggio dalla sorella Teresa, a Saliès, torna a Parigi. Qui, saluta tutti i suoi amici francesi, che aveva un po’ perso, dopo il tradimento di Roma. Stanca, e, grazie ad una amnistia, riottenuti i permessi dalla burocrazia austriaca, torna finalmente a Locate.

Nel 1858 muore il suo ancora legale marito Emilio. Pochi anni dopo riesce finalmente a far legittimare sua figlia Maria. Comunemente fino ad allora era chiamata “Maria Bolognini”, ma ufficialmente in Italia non c’era nessun documento che ne accertasse né la paternità né la maternità (in Francia, dov’era nata, sì). Nel 1860 Cristina riesce a far sposare la figlia al buon Ludovico Trotti Bentivoglio di cui era innamorata da alcuni anni. Per lei inizia una vita da suocera; diminuisce la sua attività politica, anche perchè finalmente, nel giro di pochi anni ( tra 1861 ed il 1870 ) si forma finalmente una Italia unita, che lei agognava da tanto. Da questo momento viene dimenticata da tutti, quasi non servisse più. Vive tra Milano, Locate ed il lago di Como. Il genero ha una villa a Bellagio. La figlia ( come unica eredità dal padre) ha la villa Pliniana, a Torno. Lei si compra una villetta a Blevio dove si trasferisce con il suo fedele Bodoz, il servo turco che la seguiva ormai da vent’anni e Miss Mary Ann Parker, la governante inglese che aveva vissuto con lei e la figlia fin dal viaggio del 1839 in Inghilterra. Organizza ancora salotti, ma spesso si addormenta mentre gli ospiti parlano…

Muore di pomonite ancora giovane, nel 1871, a soli 63 anni. Aveva avuto una vita con molte peripezie e aveva sempre sofferto di varie malattie. Venne seppellita a Locate, dove si trova ancora oggi.

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