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Diario turco – Seconda parte

Viaggio da SafranBolu a Gerusalemme

10 febbraio 1852

By Diario turco - Seconda parte

10 Febbraio [1852] Martedì-

Mi si annunzia bel tempo- partiamo alle 8,30 – Ritroviamo il medesimo piano di ieri,  che fu interrotto dal villaggio, e sua picciola valle . Si lascia a mano manca il villaggio di Ciryles; poco dopo a mano diritta un altro piccolo villaggio ove beviamo un caffé. Si chiama Balabaulen- All’escire da quello si entra in mezzo a due file di piccioli rialzi di terra, che sembrano piutosto fortificazioni dell’arte che opera della natura- Dopo alquanto girare si ascende uno di questi monticelli, e si giunge in un un altro piano simile ai due di cui ho già parlato- Il terreno però va leggermente innalzandosi innanzi a noi e ci toglie la vista dell’orizzonte. Giunti al termine del piano, vediamo secondo il solito a nostri piedi aprirsi una bellissima valle ed altissimi monti innalzarsi dirimpetto a noi. Fra due di questi, si inoltra la stessa valle- Entriamo in essa- Va stringendosi sempre più- Dopo un ora di cammino si giunge a un Dervent, luogo così nero ed affumicato che non si può entrarvi. Cominciamo a salire uno di quei monti fra i quali caminavamo da più di un ora. La strada è coperta di neve gelata – Kurea  Dughda- Dopo discesi anzi verso il pendio un villaggio Turcomanno chiamato Kenklizek Bagai- Le case Turcomanne sono fatte in questo modo.

Facciamo colazione, e ripartiamo- Si continua a discendere, avendo sotto gli occhi una immensa valle terminata da altissimi monti- La valle si divide in moltissimi piccoli recessi. In uno di questi è situato il villaggio di Keraghiecilé- Pare vaghissimo a distanza; ma da vicino è secondo il solito dei villaggi Turcomanni- Camera lunga,stretta,senza aperture se non piccioli fori turati da sporchissima carta , partita per lungo da ringhiera di legno ; gran camino nel fondo; sui due lati tappeti, materazzi e cuscini – Vado a visitare la figlia del padrone ch’ha una larvata- Pranziamo tardi , poi mi corico. Mi portano un buon mellone

8 maggio 1852

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8 Maggio [1852]

Altri cavalli sferrati, ed altro ritardo – Poco dopo la nostra partenza si alza il sole – Caldo insoffribile,e mosche crudelissime nella pianura di Nazareth – A mezzo una pozzanghera d’acqua nera , a diritta di questa un monticello con rovine abitate da Arabi – Non v’é un palmo d’ombra, e i cavalli sono pazzi per le mosche – Più in là vi è un’ameno villaggio, sepolto nei giardini – Ivi ci dirizziamo – L’antico cavallo di Nadj Mustafà cade nel pozzo – Gran fatica a cavarnelo -Intanto io, Maria, Antonini siam giunti all’ameno villaggio – Kur mi dà un calcio al ginocchio – Mi vien la febbre – Chemsin – Mi par di morire – Spasimo – I Beduini compassionevoli – Quando piace a Dio tramonta il sole, e mi trasporto a Nazareth- Riposo nel Convento  – Dopo 48 ore, comincio a sputar sangue – Lo ripeto dall’acqua fredda che mi feci versare sulla testa,e le braccia durante la febbre, e il Chemsin – Ma lo sputo sanguigno persiste e sono molto debole – Otto giorni di malattia – Cessato il sangue vomito percoduo Chinino – Il giorno prima della partenza andiamo a fare un giro a cavallo : Antinori monta il nuovo – Scappa Antinori fa uno sforzo per voltare il cavallo- Dolore acuto alla spalla -Nuovo ritardo – La sera però ci mettiamo per viaggio – è stata ritrovata Gasal – Una famiglia di Beduini la teneva- Timore del Governatore e di tutto il paese -I nostri e Maria vanno alla casa Beduina a  prenderla – Vengono in massa armati – Vogliono 500 piastre – Vengono da me – Vado in collera e dico che la cagna è mia,e non la voglio comprare – Finiscono col contentarsi di piastre 70 di bakchick – Danno anche due piccoli – Restiamo amici,e si offrono di accompagnarci in viaggio – La gente del Convento ci raccomanda certo capo Beduino molto stimato col quale ci accordiamo; il quale prende con esso i Beduini della cagna – Questo Capo ha viaggiato con M.re de Soley, ed altri Europei; è stato a Parigi, ed è decorato della Legion d’Onore- Prima di partire da Nazareth fui dal Console Francese- Un Arabo figlio di un antico capitano dei Mammeluki Francesi; la madre sua di 120 anni gode buona salute, ha bei denti, e capegli (sic)neri, buona vista, buon udito, buon appetito etc.- Quando lasciammo Nazareth arrivava il Patriarca di Gerusalemme – Gran festa- Tutto il paese fuori; fuochi, fucilate etc.- Le donne cantano con quei trilli che ho sentito tante volte a Gerusalemme- Partiamo il 17 a sera accompagnati dai nostri quattro Beduini- Arriviamo avanti nella notte a Lubin.

7 maggio 1852

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7 Maggio [1852]

Antinori monta il cavallo nuovo e partiamo verso le 4 a.m.- I Francesi sono partiti mezz’ora prima- Verso le 9 ci troviamo alla stessa fermata presso ad una fonte- Disputa fra Antinori e Antonini- Si riappattumano- Ripartiamo verso il cadere del sole e giungiamo sul far della notte a Nabulis- Troviamo tutto pronto, tenda e cena: mangiamo, e ci corichiamo- Due cavalli sono sferrati, e dobbiamo aspettare il giorno per riferrarli- I Francesi ci precedono e dicono che andranno sino a Nazareth- Buon pro lor faccia- Partiamo alle cinque, sbagliamo strada, e la allunghiamo – Passiamo per Sebustus, che potrebbe essere la antica Sebaste- Vi sono delle rovine del medio evo- Riposato in un’ameno bosco di ulivi al piede di Sebustus(1)- Proseguito per Bur Kat, Pentecomiat, Adjar, etc. a Djemin – Cena e letto pronti.

Note:

(1) Samaria

6 maggio 1852

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6 Maggio [1852]

Si parte da Gerusalemme, ed io ne parto col cuore addolorato- Il mese quivi passato fu per me una serie di dolcissime emozioni- M.r Le Quena, ed il D.r Mendelsohn, e Villemain partono con noi, ma non credo che rimarremo lungamente insieme. Andiamo a pernottare ad El Birch villaggio 3 ore distante da Gerusalemme- Mendelshon monta il mio nuovo, e bellissimo cavallo: il suo deve montarlo Antonini, ma il suo uomo non avendo ricevuto ordini l’ha ricondotto alla scuderia- Ritardo- Antonini, il Dragomanno e Nadj  Mustafà non arrivano che tardi nella notte.-

26 aprile 1852

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26 [aprile 1852] Lunedì

Visita al Patriarca- Regalo a Maria di una reliquia della Vergine, ed a me di una conchiglia di madreperla lavorata – Arrivo del Console Austriaco- Comperato due altri cavalli- Un cavallo brutto, ma ottimo per 580 piastre. Una bella giumenta per 1100- Un altro cavallo bellissimo con garanzia scritta per 1800 piastre.- Siamo stati a Bethlehem e il povero orbo si è ammazzato. Nady Mustafà ha venduto il suo cavallo al nostro Katergi, e ne ha comprato  un ‘altro assai bello, ma troppo giovane- Andammo a Betlehemme- Grotta  della Natività; luogo ove fu posto il bambino appena nato, ossia presepio.- Luogo ove fu adorato dai Magi- Pochi passi più avanti luogo ove dormiva S.t Giuseppe quando gli fu portata la notizia che gli era nato un figlio- Tomba di S.t Giuseppe- Tomba degli Innocenti- Tomba di S.t Eusebio di Cremona discepolo di S.t Gerolamo- Tomba di  S.Gerolamo. Di S.ta Paula ed Eustochia- Grotta, ove S.t Gerolamo visse per tre anni, e scrisse la  Volgata . Fuori di Betlehemme grotta così detta del latte, ove si sarebbe ritirata la Vergine per aspettare l’epoca della purificazione – A un’ora dalla Città l’Ortus conclusum, e le vasche di Salomone, ma sembrano di costruzione assai più moderna- Siamo andate a vedere il  campo del Sangue sul monte del Mal consiglio- Vista magnifica- Nel monte grotte funeree in quantità:  si direbbe una intera città- Nel fondo della valle dopo il villaggio di Siloe bosco di ulivi, e cisterna detta del fuoco sacro, perché in essa il Sacerdote Anania nascose il fuoco sacro prima di andare in cattività a Babilonia- E lo stesso fuoco vi fu ritrovato ottant’anni dopo quando ritornarono gli Ebrei a Gerusalemme.- Vista la grotta ove visse Geremia- Oggi custodita da un Santone Turco- Bella, spaziosa, divisa in vari compartimenti; luogo ameno- Vista la tomba della Vergine, di S.t Anna e S.t Gioachino- Vasto, bel sotterraneo nel quale si scende per 28 gradini di marmo.-

24 aprile 1852

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24 [aprile 1852] Sabato

Disputa fra il M.r e Campana – Prima delle 4 montiamo a cavallo – Il tempo sebbene sereno è fresco . Risaliamo i  monti che scendemmo ieri, ma più verso settentrione. Passiamo davanti varie rovine .- Fra l’altre quella di un antico Khan fortificato che si dice essere stato il teatro della famosa parabola del buon Samaritano- A un’ora da Gerusalemme alla fontana degli Apostoli  incontriamo un Beduino con una bella cavalla- Gli chiediamo se vuol venderla, e ne chiede 2000 piastre- Ci accompagnerà in città e vedremo. Giunti in Gerusalemme ci sono condotti più di 30 cavalli da vendere- Compero la prima per 1400 piastre, e un Mahuk- Riposatami qualche ora, vado con Maria a riconciliarmi prima di comunicare- Visita alle Suore.

23 aprile 1852

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23 [aprile 1852]Venerdi

Alle 2 e mezzo a.m.ci mettiamo in viaggio .- Mia gioia vedendo il cielo annuvolato, e sentendo il vento quasi freddo che ci viene incontro .- Quando spunta il giorno vediamo ai nostri piedi il Mar Morto – Il Paese è bello nella sua orridezza – Il torrente di Cedron spaventa – Ora è asciutto – Alle 8 ci troviamo sulle sponde del Mar Morto – Il D.r si dichiara stanco , e vuol fermarsi,ma non vi essendo acqua dolce, si decide a proseguire sino al Giordano- I nostri Beduini si conducono bene- Uno di essi mi porta il mio pugnale guarnito di argento che avevo dimenticato in una grotta- Tutti ci servono con premura- Verso le 10 ci fermiamo sulle rive del Giordano – Luogo incantevole – Foresta vergine che dalla pianura appena si scorge- Piante, uccelli , insetti affatto nuovi- Le impronte di un grossissimo quadrupede, che dev’essere un leone- Attacco di Beduini nemici dei nostri.- I nemici fuggono – Gran paura del Gavas e di Podos. Alle tre si riparte , e dopo poco più di un ora si giunge a Gerico – Vera oasi in mezzo al deserto .- Piante di fichi,granate, aranci e palme – Il Governatore dà da mangiare al D.re estenuato, e promette una buona cena,che non si fa troppo lungamente aspettare –

Io mi corico senza aspettare né l’agnello né il pilat e dormo placidamente sino all’indomani alle 2 e mezzo.-

22 aprile 1852

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22 [aprile 1852] Giovedì

I cavalli non vengono che alle 8 e mezzo – Il figlio di adozione del Console Botta, e M. Amedee chiese di unirsi a noi e accettiamo- Si parte, e si giunge alle 11 a Saba.- Il convento è chiuso e non si apre- Ci  ricusano anche l’acqua; il caldo è eccessivo , non c’é né ombra, né erba, solo un poco di vento. Mangiamo il pane, il cacio, ed il salame portato con noi- M. Amedee mi racconta che l’anno scorso due de suoi compagni di viaggio morirono di caldo nel tornare dal mar morto . Mi assicurano pure che vi sono 12 ore di strada da Saba a Jerico- Come faremo? Mi raccomando a Dio e passo la notte nella massima inquietudine- A Maria duole il capo.

21 aprile 1852

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21 [aprile 1852] Mercoledì

Visita allo ospedale tenuto dagli Inglesi per gli Ebrei.- Pulizia molta; ma il pensiero di edificare un’ospizio pei soli Ebrei mi sembra singolare.- Andiamo a confessarci con Maria che le suore dichiarano bastantemente preparata per ricevere i sagramenti- Il Curato mi fa una predica politica- Lo prego di limitarsi a rimproverarmi le colpe di cui mi sono confessata- Si scusa- Alepson è stato dal Pachà per intendersi con lui sulle misure che dobbiamo prendere nel nostro viaggio al Mar Morto ed al Giordano- Ritorna col Cheik di tutti gli Arabi della valle del Giordano della riva destra, e dibattiamo il prezzo della nostra salvezza. Darò 500 piastre, e il Cheik mi fornirà la scorta, e ci garantisce da ogni violenza- Il Pachà ci da un Gavas – Partiremo col D.r Villemain domattina alle 6 – Viene il Console di Francia e il D.r Mendelsohn che ci accusano di imprudenza per questo nostro progettato viaggio- Moriremo dal caldo etc.- M’informo minutamente delle ore di viaggio, dei luoghi di riposo etc. –

20 aprile 1852

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20 [aprile 1852] Martedì

Visita alla Consolessa Inglese, e concerto con essa pel domani-  Visita col D.re Villemain ai lebbrosi.- Giovinetta di 15 anni non formata, infetta, e divorata di lebbra e di rogna, che  si maritò in questo stato un’ anno addietro con altro lebbroso- Vari gradi della lebbra- Somiglianza grandissima colla pellagra.-

 

19 aprile 1852

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19 [aprile 1852] Lunedì

Andati a S. Giovanni del deserto a cavallo degli asini- Strada pessima- Il villaggio ed il Convento di S. Giovanni sono sul pendio di un monte che domina una valle piutosto verde, e fresca- Nel Convento sta la grotta dove nacque S. Giovanni- La chiesa è piuttosto bella: la grotta ricoverta di marmi come tutto il rimanente.- Di ritorno a Gerusalemme trovo un biglietto di visita del Console e

Consolessa Inglese, che m’invitano a passare la sera da essi- Antinori anderà , ma io sono troppo stanca.-

17 aprile 1852

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17 [aprile 1852] Sabbato

Conduco Maria dalle Suore che la ricevono con molto affetto- Più tardi andiamo a vedere le tombe dei Re d’Israele  – Antinori ci conduce- Camere sotterranee in cui s’aprono  molte celle così composte  – Ogni cella contiene tre letti funerei – Queste rovine sono situate nella valle di Giosaphat dalla parte di Gerusalemme- Più innanzi vi sono altre cave da cui si traevano  massi per fabbricare le mura della Città, o del tempio- Una di esse è veramente magnifica.-

16 aprile 1852

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16 [ aprile 1852] Venerdì

Il male allo stomaco mi è passato, ma mi sento debole- Vado dal Patriarca per presentargli mia figlia che desidero far Cresimare e Communicare. Non pare così affettato, come daprima ;  si direbbe un uomo composto di dignità, e di affabilità; che non sapendo mescolare insieme queste due qualità, ne riveste ora l’una e ora l’altra; le transizioni sono un poco repentine- Mi dice di andare dalle Suore che istruiranno mia figlia: quando sarà preparata si confesserà dal curato ed egli le darà la Communione, e la Cresima-Dopo di questa visita andiamo dal nostro vecchietto deputato Latino- Ivi incontriamo gli altri di nostra comitiva, e andiamo a visitare: 1o luogo ove S.Pietro fu messo in prigione: 2o l’ospedale fondato da S.ta Elena: 3o il tribunale dei Turchi :4o il muro del tempio su di cui piangono gli Ebrei ogni Venerdì : 5o il sito ov’era il ponte che univa la bassa all’alta Città- è giunta l’ora d’andare al convento Armeno, secondo l’appuntamento preso col Patriarca onde vedere certi libri, manoscritti, ed addobbi di chiesa. Il Patriarca è occupato dice; ci fa aspettare, ci manda un vescovo, che dice di dover andare a Vespro, e ci promette di farci sapere quando potrebbe mostrarci queste ricchezze – Diciamo ad Alepson che non ci chiamerebbe mai , e che non vuol mostrarci niente-

15 aprile 1852

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15 Aprile [1852] Giovedì

 

Col D.re Villemain, e col D.re Mendelsohn andiamo a visitare da vicino Siloe e le sue tombe, il monte, e l’orto degli Ulivi- Nell’orto  di Getsemani cogliamo dei rami d’ulivo, la grotta ci sembra poco autentica, poiché il Vangelo non dice parola di essa- La tomba della Vergine essendo in mani dei Greci non possiamo visitarla a quest’ora- I due D.ri ci lasciano. Noi montiamo sugli asinelli, ed andiamo sul monte degli Ulivi.- Moschee- Un vecchio Imam ci riceve cordialmente, e ci dà tutto quello che gli chiediamo; pane, caffé, etc.; vista magnifica- Specie di cappella, in cui si conserva una pietra colla impronta di un piede umano. Dicesi che salendo al Cielo G.C. imprimesse così il piede sul sasso. -Forti dolori di stomaco e di reni mi assalgono sul monte.  Ancor’io sudo freddo sul monte degli Ulivi- Giunta a casa mi corico e cado addormentata per l’eccessiva stanchezza- Forse è l’acqua di Gerusalemme che dicesi piena d’insetti.-

14 aprile 1852

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14  Aprile –

Prego il Padre Vicario di avermi una udienza dal Patriarca – Andiamo dal Pachà – Vecchio infermo; male alloggiato: due gazelle piccole, una delle quali ci regala a Maria, ma è moribonda.- Chiediamo dei mezzi per andare al Giordano senza pericolo- Ci darà due Arabi per guida; ma dovremo pagare a questi cento piastre a testa.- I servi però non pagano.- Dal Pachà v’ha un vecchio con grosso turbante nero , che parla italiano – Quando partiamo egli ci chiede se vogliamo che ci accompagni a visitare i luoghi Santi .- Accettiamo e andiamo a girare- Prima scendiamo per la Via Dolorosa ,1a.2a.3a. Stazione indicata mediante un segno nella pietra. Il luogo della Flagellazione : piccola chiesa moderna ; ma due, o quattro capitelli conservati mostrano che anticamente pure v’era costì una chiesa – La casa di Pilato oggi caserma- L’arco dal quale Pilato disse al popolo ; Ecce Homo – Esciamo fuori di città per la porta di Getsemani ; prima della porta a mano diritta v’ha la famosa piscina probatica ora asciutta – In faccia della porta s’innalza il Monte degli Ulivi : fra questo e Gerusalemme , situato sul monte Sion il Calvario etc V’é la valle di Giosaphat , immenso cimitero degli Ebrei – Sul pendio del monte degli Ulivi , v’ha l’orto di Getsemani , e a sinistra la grotta ove ebbe luogo la Divina Agonia ,e la tomba della Vergine – Più innanzi sul pendio del monte che fa seguito agli Ulivi , il villaggio di Siloe, la tomba di Assalonne, quella di Isaia e di un’altro Profeta , da questa parte la fontana di Siloe- Le mura della Città verso le fondamenta sono ancora quelle innalzate da Salomone- Si vede chiaramente dalla dimensione colossale delle assise- Girando intorno alla Città verso diritta e mezzo giorno si giunge presso ad un gruppo di case situate a mano manca del visitatore- Questo si compone della casa di Caipho, oggi sepolcro dei Patriarchi Armeni, e di una Moschea costruita presso la sala dell’ultimo Cenacolo, e quella della Pentecoste .- Visitiamo prima fuori dal recinto un luogo ove dicesi che morisse la Vergine.- Entriamo nello edifizio che racchiude e la Moschea, e i luoghi Santi, e ci viene incontro una specie di scimmia che sento poi essere un Devrich . Fanciulli sporchi , sfacciati, insolenti; luoghi negletti- Il sepolcro di David posto in mezzo ad un cortile sembra un pozzo – La Sala del Cenacolo figura bene per tal uso. Due colonne la sostengono nel mezzo; fra queste v’é luogo per una tavola di venti,ed anche trenta coperti- Dicesi che i Turchi non possono vivere in quel luogo.- Muoiono quasi subitamente.- La casa di Caipha è una graziosa chiesetta, le cui mura sono tutte ricoperte di terraglia di Kubaja.- Dietro all’altare v’ha una pietra cavata dal S.to Sepolcro- Il cortile è tutto di marmo bianco,fiancheggiato da ambi i lati dai sepolcri Armeni- Accanto all’altare v’ha una picciolissima cameretta che dicesi fosse la prigione in cui fu rinchiuso il  Signore la prima notte della sua cattività- La cameretta illuminata da una lampada in argento, ornata da un altare di marmo, è anche essa tapezzata in terraglia- Dimenticavo di indicare una chiesa rovinata situata nella Città prima della porta di Getsemani, dopo la flagellazione in cui volsi che nascesse la Vergine- La chiesa ch’é in mano dei Turchi è devastata, ma in un angolo v’ha una scala che conduce ad una grotta composta di due compartimenti.- V’é dove si vedono traccie di antiche pitture- Girando per la Città entrassimo sotto una volta per esaminare certi fregi scolpiti su di una vecchia casa- Tosto venne un arabo in camicia e turbante bianco, che c’investì gridando, e strapazzando ch’eravamo sul proibito, che ci avessimo subito a ritirare etc.etc.- Invano gli osservammo che non eravamo in vista del tempio, né sulla terra consagrata di esso.- Egli infieriva- Allora lo strapazzassimo noi, e gli risimo in faccia poi lo lasciammo calmarsi in solitudine- Non è permesso ai Cristiani di avvicinarsi al tempio di Salomone- Il Principe di Goinville vi entro’, ma accompagnato da un battaglione di soldati Turchi, che appena bastavano a mantenere il popolo- Rientrati in Città il nostro Cicerone ci portò in casa sua, ci diede da bere, e da mangiare, e ci offrì i suoi servizi per vedere Gerusalemme-Prendiamo appuntamento per venerdì – è arrivato l’altr’ieri da Beyruth per Giaffa il D.re Villemain Francese stabilito a Damasco-  Egli ci chiese di visitare nella compagnia nostra le meraviglie interne ed esterne di Gerusalemme e quindi di accompagnarci sino a Damasco- Sarà una compagnia  aggradevole.-

13 aprile 1852

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13 Aprile [1852]

Alzata alle 3 ; giunta alla chiesa Armena alle 4; Assisto ad una magnifica funzione.- Un vecchio patriarca: Dodici Vescovi Armeni, quattro Abissini – Abiti, apparati, vasi, bandiere, tutto oro, e pietre preziose.- Alle 8 torniamo a casa, e vado a riposare- Sul tardi andiamo a presentare i nostri rispetti al Patriarca Armeno.- Ci riceve con molta cortesia, e ci mostra le sue gemme-  Va una medaglia in diamanti e zaffiri regalata dall’Imperatore di Russia- Chiediamo di vedere i manoscritti e i libri ma sebbene non si rifiuti, pure è facile l’intendere che non vedremo niente- Andiamo alla processione cattolica, dopo di che visitiamo il S.to Sepolcro- Tutto è ricoperto con marmi.-

11 aprile 1852

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11 Aprile [1852]

Alzatami alle 8 ; e andata a sentire la messa alla chiesa del S.to Sepolcro- All’entrare vedo quattro Turchi seduti in una nicchia, simile ad uno dei loro caffé, che fumano, bevono il caffé, e chiaccherano- Seppi, erano Giudei ivi stabiliti per mantenere l’ordine- La chiesa è bella ma singolare- Nel mezzo il Sepolcro a cui stanno addossati sul davanti l’altar maggiore, sul di dietro la cappella degli Abissini.- In faccia all’altar maggiore dove sarebbe il coro, è la cappella dei Greci, a sinistra è la cappella dei Latini- Non ho ancora veduto la Armena- Il dì di Pasqua il Patriarca Latino M.r Valperga ufficiava all’altar maggiore- Modi affettati di Monsignore.- Non vedo tutta quella ricchezza di cui parla M.r Michand- Dopo la funzione desiderando sapere se i Greci, e gli Armeni abbiano già ufficiato, Alepson s’imbatte nel Guardiano del S.to Sepolcro per gli Armeni.- Questi ci riceve nella sua piccola cella, ci dà da mangiare, e da bere, e c’informa che l’indomani alle ore 4 a.m.vi sarà una bella e ricca funzione nella loro chiesa di S. Giacomo. C’ invita ad  assistervi, ed Alepson va a prendere i concerti a S.Giacomo stesso.- Torniamo a casa- Colazione e riposo- Più tardi vado girando un poco al bazar.-

10 aprile 1852 – Gerusalemme

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10 Aprile [1852]

Incontriamo una folla di Turchi di ritorno dall’ annua festa detta del Sandrach o cosa simile- Famiglie intere montate su di un camelo- Tutti incontrandoci ci scagliano dietro maledizioni,  ed improperi- Alle dieci fermata sotto gli ulivi . Il caldo è eccessivo. Alle undici rimontiamo in sella. L’acqua è rara- Pero; dopo quattro ore di strada s’incontra ogni ora una cisterna.- Il sole è presso all’orrizzonte- Affrettiamo i nostri affaticati cavalli- Ancora una salita e scorgeremo Gerusalemme- Io sto ricordando le emozioni di quei viaggiatori poeti, che  alla vista della Santa Città versarono lagrime etc. ; e mi domando dove trovarono quelli slanci di pietà- Involontariamente metto il mio cavallo al galoppo, e giungo sull’ultima cima che testé ci divideva da Gerusalemme- Eccola grida la guida- Eccola di fatto. Come è ? Gli occhi mi si riempiono di lagrime: il cuore mi si gonfia nel petto! Le porte non sono ancor chiuse- Ci dirizziamo alla casa nuova foresteria del Convento del S.to Sepolcro- Delle camere sono preparate per noi- Giungono i Katergi- A Gerusalemme  -Il mio viaggio è terminato.-

9 aprile 1852

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9 Aprile [1852]

Partiti alle 6 e mezzo colle nostre guide Nazarene. Sono due Abrami padroni dei cavalli di affitto- Parlano correntemente l’Italiano. Alle  10 ci fermiamo sotto alcuni ulivi. Riposo.- Si riparte all’una . Monti senza fine, e strade pessime, sole , sassi- Nel scendere per una via rovinata Kur cade nella testa, ed io sotto di lui sulla roccia- Al primo istante la percossa alle reni e così violenta, che più non sento le mie gambe come se fossero tagliate. Tremo come la foglia- Kur si è rialzato al momento da sé, senza toccarmi- Io non posso rialzarmi senza aiuto.- Dopo alcuni momenti, riprovo a caminare, e scendo la montagna a piedi, ma la doglia non cessa. Rimonto a cavallo- Giunti a Naplan…..  vicino al tramontar del sole ; risolvo di non entrarvi, ma di proseguire sino ad Nowara affine di arrivare il dimani a Gerusalemme.- Alepson, una guida, ed Antonini passano per la  Città, noi la giriamo esternamente. Passiamo presso al pozzo della Samaritana. Non v’ha più acqua- Nessun segno lo accenna alla pietà dei fedeli- Annotta, ed ancora non siamo a Nowara .- Io scorgo sulla diritta appoggiato al monte un villaggio- La guida dice che siam giunti, ma dopo ulteriore osservazione dichiara che Nowara épiù innanzi- Io che vidi sulla carta non esservi altro villaggio da Naplusia ad Nowara  a mano diritta sostengo esser quello il nostro Konak- Viva dissensione che chiudo col dichiarare che non darò un parà di bakchich se la guida mi fa fare un passo più del necessario- Intimorito della minaccia, egli si rassegna ad andare a vedere.- Fatti alcuni passi appena, incontra un contadino che gli conferma esser quello Nowara- Entriamo, attraversiamo il villaggio,e sull’opposto limitare di essi, vediamo il nostro accampamento- La tenda è spiegata per noi-

Per Antinori ed Alepson si è trovata una stanza calda- Buon prò lor faccia- Le mule, e i cavalli sono legati intorno alla tenda- Un bel fuoco cuoce la nostra cena- Preso il mio caffé vado a letto- è l’una, quando sento le voci di Antinori ed Alepson che ci chiamano per la partenza- Non hanno potuto posare per le legioni di insetti, e si sono lasciati persuadere essere vicina l’aurora- Li disinganniamo cogli orologi alla mano.- L’invitiamo a lasciarci dormire in pace le poche ore concesse al riposo. Alle 3 e mezzo appena aggiorna ci alziamo- Mady Mustafà, Pietro, ed Antinori partono avanti- Alle cinque seguitiamo.-

8 aprile 1852

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8 Aprile [1852]

Notte ottima, in ottimo letto. Gazal non si è veduta. Cerchiamo cavalli, ma chiedono prezzi esorbitanti. 60,80,100 piastre per bestia da qui a Gerusalemme. Il Midir (Kurdo) ci offre i suoi servigi, trova cavalli per noi , ma sempre in quei prezzi.- Promette di trovar Gazal se è nel villaggio: quindi dichiara che è stata perduta fuori, poiché non l’ha trovata. A mezzo giorno si parte senza Gazal.- A Nazaret si vede la casa della Vergine, ossia la grotta ove ebbe luogo la salutazione Angelica.- Era il  Giovedì Santo, e il Sacramento stava nella cappella della grotta stessa.- Per conseguenza le pareti di essa erano tese con seterie, il suolo con tappeti, il cielo con tele a guisa di tenda. Un Altare costruito nel bel mezzo della grotta, e costruito nel gusto più moderno e meno grave, toglierebbe da sé a questo luogo il suo carattere di semplicità, e meraviglia. Le colonne di marmo bianco, di cui parla Mr. Ponjoulat non esistono; bensì un pezzo di colonna di granito troncata nella sua parte inferiore.- In faccia a questa è figurata come l’imposta d’una finestra. Difatto il Frate mi disse che quella finestra, era quella per la quale entrò L’Angelo Gabriello. Nel dire così aprì l’imposta, e vidi  un armadio con entro alcuni vecchi arredi polverosi di altare. Ahimé! Ahimé!  Incomincia l’inverniciatura sulle gemme!- Vidi la casa di S.Giuseppe – Un muro esterno sulla strada senza finestre. Si entra per una porticina in un angusto cortile, in fondo al quale sta la casa.- Casa comparativamente moderna, tutta ristaurata, sbiancata, tesa con tela a righe bianche e rosse. Un altare nel fondo. Da un lato un luoghetto rustico ove dicesi che S.Giuseppe tenesse riposti i suoi istrumenti.- Ivi è un muro veramente antico, ma che pare appartenesse a più vasto edifizio.-     La pietra su di cui G.C. cenò con gli Apostoli durante il suo secondo soggiorne in Nazaret, era chiusa in una piccola chiesa, o per meglio dire la chiesa fu costruita intorno alla pietra.- Questa ha un aspetto di verità che conforta l’animo scoraggiato dagli antecedenti spettacoli.- Viaggiato durante sei ore. Passato il monte su cui sta Nazaret, e scesi dalla parte del mezzodì.- Lasciato il monte Tabor a sinistra, a pochi passi da noi.- Monte poco elevato di forma tonda, senza vegetazione .Visto Nahim, dove Gesù guarì il figlio della vedova.- Giunti al calar del sole al Dicnim. Alloggiamo nella casa di un Medico Greco che ora trovasi in Gerusalemme. La camera è unica e sembra pulita – Facciamo una separazione e ci corichiamo tutti- Le pulci ci assalgono, e Antinori soffre d’affanno.

 

7 aprile 1852

By Diario turco - Seconda parte

7 Aprile [ 1852]

Alla mattina piove,il tempo sembra mettersi al brutto. Si parte non ostante. I due cavalli malati seguono a mano. Le quattro mule dei Katergi servono ai nostri cavalieri, e  dei cameli portano il nostro bagaglio in luogo delle mule. La pioggia ci accompagna. A mezzo giorno ci fermiamo sotto alcuni ulivi. Più tardi il tempo si rasserena. Giriamo fra colli deliziosi. Prati, fiori, boschi ridentissimi. Quindi si sbocca su di un piano in capo al quale vi é un monte con sopra una Città (Sapora) (1) e dietro di questo monte un secondo sul rovescio di cui sta Nazaret . Tramonta il sole, e ancora abbiamo due ore di viaggio. Passato il primo monte,e girate le mura di Sopora, il mio cavallo che sempre si ferma a strappare una boccata d’erba vedesi rimasto indietro,e pigliato timore del castigo spicca un salto innanzi per giungere la comitiva. La mia sella essendo rotta,io che non sto seduta con agio sbalzo fuori del corno,tento invano di fermare il cavallo,sento di non potermi reggere,getto la staffa e mi lascio cadere. Kur si ferma ad un tratto ponendo una zampa fra le mie gambe. Io li metto la mano sulle zampe, né egli più si muove . Corre Pietro a raccogliermi. Non hò male di sorta, e rimonto immediatamente in sella. Un’ora dopo giungiamo in Nazaret ed andiamo a smontare alla foresteria del Convento. Vari viaggiatori ci hanno preceduto fra gli altri tre ricchi Inglesi provenienti dalle Indie, e dall’Egitto con una immensità di bagagli.- Ciò nullameno ci danno una buona camera,ed una seconda discreta pei Signori.- Prendo il mio caffé e vado nel letto del Convento,senza aspettare i Katergi .

Mentre sto svestendomi entra Maria tutta in lagrime dicendo che Gazal non si trova- Vedremo domani.-

Note:

(1) Sepphoris è un sito archeologico di grande importanza, situato a circa 6-7 chilometri a nord-ovest di Nazareth (Nazzarett).

6 aprile 1852

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6 Aprile [1852] –

Quando mi alzo sento che Alepson è andato al Khan della montagna, onde aver nuova dei cavalli ivi abbandonati iersera. Gli altri due malati sembrano aggravati assai. Antinori mi fa osservare che volendo salvarne alcuno, dobbiamo trattenerci quel giorno, poiché tutti sembrano più o meno affetti da un male nascosto .  Acconsento e si pianta la tenda in prato sotto alcune piante di fichi- Torna Alepson . I due cavalli son morti all’ora medesima che moriva Tay . L’orbo stà meglio, ma il grigio peggiora . Gli si amministrano decotti, oli, impiastri, clisteri etc. durante tutto il giorno; verso sera il cavallo si scarica. Quindi par rinato . Dormiamo sotto la tenda ma il freddo e le pulci ci tengono svegli.

5 aprile 1852

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5 Aprile [ 1852]

Fra la lentezza dei Seis, e dei Katergi, fra la lentezza del Midir che deve procurarci una guida, e ci manda invece due Gavas, che non conoscono la strada giungono le otto che ancora non siamo partiti- Il caldo è già forte- Il cavallo di Antinori non può strascinarsi;lo conducono nel mare ma non migliora- Quando ci fermiamo per far colazione mi dicono che Tay e il cavallo di Campana non possono più reggersi- Spero sia il caldo – Mi ricordo però che ieri dopo ch’ebbero mangiato della biada dal Console Francese, Nadj Ali nostro Seis volle che si desse loro da bere; il che in ogni parte si reputa cosa mortale- Sceso un poco il sole,ci rimettiamo per via,ma i cavalli non hanno vantaggiato.- Quello d’Antinori è andato lentamente innanzi coi Katergi; gli altri rimangono indietro- Nadj Mustafà e i Katergi sono innanzi- Tutto ad un tratto vediamo Augusto,e l’uno dei Zappetiers seduti su una roccia che ci aspettavano- A pochi passi stà il cavallo di Antinori sdraiato e senza forza .- I Seis ,i Zappetiers, tutti i servi, tranne Podo e Giovanni, Antinori ed Alepson rimangono presso il cavallo; e noi due Maria ed io co’ due suddetti continuiamo verso Nahr.- A pochi passi troviamo Khan il cui guardiano c’insegna la strada.- La seguiamo e annotta- Incontriamo una compagnia di viaggiatori non so se Russi o Francesi , ai quali chiedo dei Katergi e del Gavas- Sono nel piano innanzi il villaggio di Ramsi mi dicono;ad un’ora e mezzo di distanzà- Andiamo- Sentiamo da lontano una voce che chiama.- Rispondiamo: la voce si appressa . Egli è Antinori che ci hà raggiunto. Il cavallo non si è rialzato; ma l’assistere a quelli sforzi gli è cosa troppo dolorosa. Andiamo innanzi.- Il mio Kur vacilla .- Il cavallo che monta Antinori si sdraia in terra. Di quando in quando incontriamo un pastore che ci mette nella buona via e ci dice sempre dritto,ancora una mezz’ora. Ma le mezze ore si seguono;i pastori si rinnovano,ripetono sempre la stessa cosa ; il villaggio Nahr non appare. Molte volte siamo stati nel punto di chiedere nuove di quel Kamchi indicatoci dai Francesi ; ma a Nadj Mustafà,ai Katergi, ed al Zappetier avevam detto Nahr , ed a Nahr ci attenghiamo . Parci scoprire certe cime coll’Orizzonte che non debbono essere d’alberi. Lasciamo la strada , e ci dirizziamo verso quella parte. Nell’avvicinarci scompaiono quelle cime; ma ci troviamo nel margine di una estensione di terreno coltivato a giardini , da cui emana un delizioso profumo di fiori d’arancio- Entriamo in questi giardini nella lusinga che ci conduchino nell’abitato.- Difatti dopo alcuni giri scopriamo una casuccia,in essa si vede lume;si batte : vien fuori un Greco, al quale chiediamo di Nahr. è qui vicino,dice, e consente a condurci in vista di esso. Difatto dopo pochi momenti vediamo una gran luce, indi un colle in mezzo a case;quello è Nahr.- Saliamo nel villaggio – Quella luce viene da un fuoco presso al quale un uomo e una donna stanno chiacchierando . Chiamiamo- Viene la donna e risponde negativamente alle nostre ricerche. Non fu veduto Gavas, non Zappetiers; non Katergi.- Chiediamo del capo del villaggio, che provvedi a noi, ed ai nostri cavalli riposo e ristoro. A Nahr non vi è capo,ma al villaggio attiguo,si,come pure di tutte le provvigioni di cui possiamo abbisognare. La donna ci fa da guida. In pochi momenti entriamo nell’altro villaggio- Il Capo ci assegna una casa, e ci promette ristori per noi, e per le bestie. Camera vasta ed ariosa; una scala conduce ad una specie di galleria superiore più pulita che la camera di sotto. Noi ci stabiliamo con Maria. Non abbiamo letto, né provvigioni, né lume etc.etc. Sto mangiando un pezzo di pane con formaggio; mentre Podos mi prepara il Narghilé quando sento dei passi e Maria che dal cortile grida; Sono arrivati! Chi? faccio io  balzando in piedi . I Zapetiers, risponde essa, e dicono che tutti sono al villaggio di sopra, gente, bestie e bagagli.- Che buona notizia!…  Chiedo dei cavalli. I due di Antinori e Campana sono rimasti moribondi all’ultimo Khan.- Tay è giunto al villaggio, ma giunto appena cadde e giace ancora . In un batter d’occhio ho ringraziato il Midir, preso da lui congedo, e sono di nuovo nel villaggio di sopra.- Tay è disteso nel mezzo del cortile tutto enfiato, e sta male.- La camera a noi destinata non è coperta dal tetto se non per metà. Sporca, piena di pulci, il fumo mi acceca, le galline mi saltano nel letto, il vento mi toglie il respiro. Pure mi corico.- Un’ora dopo mi si dice che Tay è morto.- Altri due cavalli, il grigio e l’orbo stanno male. Verso la mattina mi addormento un poco ma le galline che mi passeggiano nel letto non mi lasciano in pace.

4 aprile 1852

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4 Aprile [ marzo 1852]

Partiamo verso le 7. Arrivati a Seida(1) dove ho una lettera pel Console di Francia, e pel D.re Gaubillardet- Sono invitata da quello a colazione- Accettiamo, ed un’ora dipoi facciamo una squisita refezione. Ci consigliano a passare per Nazzarett, e non per Jaffa- Aderiamo- Ci rimettiamo per via, ma il caldo è si forte che siamo costretti a fermarci di nuovo sotto ad alcuni cespugli di leandri- Rimessici per via, ci tocca caminare forte assai per giungere a Sur(2) alle 8 e trenta. La porta è chiusa ma ci è aperta- Animata dal correre Maria ha messo varie volte il suo cavallo a carriera- Gli altri la seguono pieni di ardore, ma si sente loro il respiro romoroso e pesante.   Sono stanchi ed hanno bisogno di sommi riguardi.- Anche Pietro ha fatto correre il cavallo del  M.re che pare molto indebolito. A Sur alloggiamo in una locanda Greca- Pulizia discreta- Pretensioni esorbitanti.-

Note:

(1) Sidone
(2) Tiro

3 Aprile 1852

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3 Aprile [ 1852]

Notte ottima- Altro giro nel Bazar- Cerco invano delle scarpe per Maria; trovo invece un cappello- Il Dragomanno del Console Sardo ci trova i Katergi ma non si possono ridurre alla obbedienza prima delle due- Ci vuole un cavallo per Nadj Mustafà ed uno per Alepson- Altre difficoltà- Più di due ore stiamo in piedi aspettando- Alla fine quando Dio vuole partiamo- Ho preso 6000 piastre da Bertraad corrispondente di Bossi- I Katergi sono fermati alla porta della Città; per cui si trovano subito dietro di noi- Antinori e Pietro ci seguiranno un’ora o due più tardi- Il Sig. Peterlino dice, che il cavallo di Antinori è guarito ma ch’é un cavallo incapace di sopportare fatiche; e ciò pel modo con cui pone giù i piedi davanti- Dopo cinque ore di strada, ad un’ora di notte giungiamo a Nerb Jona Khan. Quivi dicesi che Jona fosse rivomitato dalla balena.- Nadj Mustafà ha fatto vuotare una camera a noi destinata- Si cena, si va a vedere le cavalle dei Principi del Libano (figli e figlie dell’Emir Benhir). Si cerca di ingannare il tempo sino all’arrivo dei Katergi- Ma i Katergj non si vedono- Alepson dice averli sentiti a protestare che non ci seguirebbero- La gente del Khan mi diede un materazzetto, ma sì pieno di pulci ch’éimpossibile il riposarsi- Si spediscono i due Gavas sulla strada di Beyruth con ordine di ricondurci i Katergj vivi o morti. Partono- Un’ora dopo si sentono dei cavalli e delle voci- è Antinori con Pietro- Si sono scontrati coi Katergi che dormivano tranquillamente sulla strada dopo di avere scaricato le loro mule etc.- Dicevano che di notte essi non camminavano- Aiutati da un Gavas che ivi si trovava per caso-Antinori e Pietro adoperarono si bene la frusta e il bastone,che le mule furono ricaricate, e la carovana si mise di nuovo in moto.- Arriveranno fra poco- Arrivano di fatto, ma è l’una dopo mezza notte- Si fanno i letti, e ci corichiamo; ma il sonno è impossibile- Le pulci sono a migliaia.

2 aprile 1852

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2 Aprile [1852]

Partiamo colla pioggia, ma poco dopo si rasserena. Nadj Mustafà con Alepson sono andati innanzi per procurarci un alloggio –

La prima mezz’ora abbiamo strada pessima; poi scendiamo sulla spiaggia ed  ivi sulla arena non si cammina male- A pochi minuti da Beyruth,troviamo Pietro col cavallo del M.re , Alepson,e il Gavas-C’informano che siamo alloggiati alla locanda di Battista- Il Console Sardo Gabbi, mi offeriva la ospitalità, ma soltanto per noi tre femmine- I nostri cavalli staranno nella scuderia del Sig. Peterlino negoziante di cavalli Sardo- Beyruth bella città- Il Libano  che la spalleggia non ha né grandezza, né maestà, né vaghezza.- La campagna è verde, e ricca; monotona piuttosto – Costumi vari- Maroniti, Drusi, Beduini, Cadmussi, Kurdi etc. etc. – I Metuarj vengono da una setta persiana, ed adorano Alì- I Cadmussi discendono dagli Naschichim settatori del vecchio della montagna- I magazzeni di Beyruth hanno un non so che di Europeo-V’ha un magazzeno Francese, uno Genovese, uno Tedesco etc.etc.- Anco i bazar son ben forniti, e non troppo cari- All’Albergo pranziamo col Console di Francia a Damasco, e colla sua famiglia.   La figlia è tisica- Il D.re Villemain mandato dal Governo Francese a Damasco, ed altri forestieri, Inglesi, Russi, Svizzeri, etc. – Il Console Sardo pare un eccellente persona, come pure la sua moglie ma ambidue sembrano oppressi da un segreto dolore- Forse si annoiano- Hanno figliuoli belli e sani- Giro in lungo e in largo per la Città – Mi corico stanchissima.

 

1 aprile 1852

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1 Aprile [1852]

Notte felice, ma troppo breve- Ieri a sera nel giungere a Bedrum passando sotto ad un viale di gelsi M.is Parker urtò con la testa contro i rami,e fu gettata da cavallo. Si fece un pò male all’occhio ed  alla fronte, ma nulla di conseguenza. Partiamo verso le 8 a.m.,e seguendo una guida che deve condurci sino a Bejruth caminiamo (sic) per più di tre ore nella direzione Sud, senza troppo scostarci dal mare- Ogni ora, o ogni due ore si trova un Kan, o Caffé-Prima del mezzodì giungiamo sotto le mura di Bibhes detta oggi Gibel (1),  antica città dei crociati. Ci fermiamo in un cimitero o prateria per dar erba ai cavalli- Riposo di due ore. Mi propongono di barattare la mia giumenta contro un’altra del Libano,ma non mi risolvo- Ripartiamo. Il tempo minaccia, e piove.Ci fermiamo in uno di quei caffé- Nadj Mustafa è andato innanzi;poi vanno ancora Podos ed Augusto- Annotta che stiamo girando il golfo,dal lato opposto del quale stà Giumi,il nostro Konak- Piove a dirotto – Mettiamo i cavalli a galoppo nella arena del mare,sotto la pioggia,e il vento,fra il ruggito dell’onda arriviamo a Giumi- Ecco un lume,due lumi,tutta la nera montagna sembra cosparsa di lucciole.- Eccoci in porto- Ma dov’é Nadj Mustafa? Dove gli altri? Si interrogano gli abitanti- Tutti rispondono che non videro né forestieri,né Gavas.- Mentre alcuni dei nostri continuano a girar pel paese,io mi diriggo con mia figlia,il Dragomanno,ed Alepson dalla Autorità costituita che mi dicono essere un Pachà a cui debbe essersi volto Nadj Mustafà onde procurarci un Konak,ed egli saprà qualche cosa-Il Pachà non sa niente, non ha veduto Nadj Mustafà. Mi offre una casa sino a che si trovi questo mio Gavas – Vado per scendere in questa casa,ma è piena di soldati,e d’immondizie- Risolviamo di fermarci in un Khan,e ne andiamo in cerca- Strada facendo ecco una voce che ci chiama- è Nadj Mustafà- I Katergi,i servi,l’altra metàdella comitiva,tutti sono radunati nel Konak che scelse Nadj Mustafà- Gran gioia- Il Konak non è sulla riva del mare; bensì sul monte. Si compone di una sola camera ma grande- La dividiamo mediante una corda e dei mantelli posti sopra di essa a cavalcione- Da una parte stiamo noi tre femmine; dall’altra gli uomini più la famiglia di casa; una 20na di persone- Pulci, pulci, e ripulci-

Note:

(1) Byblos, oggi Jbeil

31 marzo 1852

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31 [ marzo 1852]

Notte  buona a dispetto delle cimici che abitano questi bei materazzi- Andiamo nel Bazar- Bei lavori di seterie- Un odore di fiori di aranci, e di limoni ascende da tutti i giardini della Città- La Città è ben fabbricata- Il cavallo di Maria sta bene.- Son le 12 quando giunge il Katergi e il Dragomanno- Il cavallo di Nadj Mustafà si è rovinato col portare ieri la sella di quest’ultimo- Prendiamo altri Katergi ed un cavallo di più per Nadj Mustafà- Alle 2,30 partiamo per Bedrum- Giovanni cammina innanzi, e dice che sapendo la lingua troverà la strada- Annotta- Entriamo in una gola. Passiamo un piccolo torrente, e subito dopo Giovanni vuol ripassarlo- Io mi oppongo, ma mi osservano che da quella parte non c’é strada; e mi sottometto- Appena ripassato il torrente ci troviamo sulle rocce senza traccia di strada- Giovanni afferma doversi caminare nel letto del torrente- Egli è ben chiaro che quella non è la strada da Tripoli a Bejruth ma è impossibile tornare indietro- Andiamo innanzi, saliamo, scendiamo, siamo assolutamente smarriti- Caminiamo (sic) tutti  a piedi  – Erriamo a caso per più di un’ora – Finalmente si scopre un sentiero nelle rocce. Lo seguiamo su pel monte, e giunti sulla cima troviamo un villaggio- Picchiamo ad una casa, e gli abitanti gridano come se li assalissimo. Vien fuori un uomo e ci dice che Bedrum è un ora distante- Lo invitiamo a fornirci di guida. Nuove strida. Le donne e i fanciulli singhiozzano- Pigliamo l’uomo in mezzo e gli dichiariamo che deve andare innanzi. Fa mostra di non poter caminare, e lo mettiamo su di un cavallo- La strada è così cattiva e così tortuosa che soli non ce la saressimo per certo cavata. Caminiamo (sic) vicino a due ore e giungiamo a Bedrum(1). Troviamo Nadj Mustafà , i  Katergi, ed una bellissima stanza.

Note:

Batroun. 55km a nord di Beyrout

30 marzo 1852

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30 [ marzo 1852]

Notte buona, ma breve- Mi alzo col Sole- Il cavallo di Maria zoppica- Le faccio montar Kur , e io monto la cavalla- Il Dragomanno si ferma a Tortosa in cerca di una montura- Prima fermata in una prateria cosparsa di cespugli- Passiamo vicino ad un accampamento di Arabi- Chiediamo del latte, ma non ce ne danno- Sembra un purgatorio- Seconda fermata in riva ad un fiumicello ombreggiato da leandri- Nadj Mustafà ci raggiunge, e ci annunzia che il Dragomanno viaggia coi Katergi sopra di un asinello per difetto di più nobile corsiero.- Terza fermata  in riva ad un’altro fiume- Si scopre Tripoli, ma è  lontano assai.- Dicono quattro ore- Maria monta il cavallo d’Antonini, Antonini la cavalla , ed io Kur- Mettiamo i nostri cavalli al Macthran e caminiamo (sic) forte per più di tre ore- Debbon essere fra le 8 e le 9 quando entriamo a Tripoli- Andiamo in cerca del D.re Giusti, ma è a Bejruth- Ci dirizziamo dal Console Inglese ed Austriaco cognato di quello di Lattakia , pel quale abbiamo una lettera- Il Console sta un pezzo in forse se riceverci o no, ed intanto noi stiamo nella strada mezzo morti di stanchezza- Si decide finalmente ad ospitar me e mia figlia- Nell’entrare nella sua casa,li dico il fatto suo, ed egli si scusa- La moglie bella quanto gentile fa ogni sforzo onde coprire la ruvidezza del marito- Giunge il fratello del Console, uomo meglio educato- Gli uomini vanno in cerca di altro ricovero in un convento,ma i frati non vogliono neppure aprire la loro porta- Conviene che il Console conceda anche ad essi la forzata ospitalità- La Sig.ra ci prepara da cena, e da dormire- Ne ‘ i Katergi, né il Dragomanno non si vedono. Bel letto, bellissima coperta- Mi corico sfinita, e così pure Maria.

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