2 Marzo [1852] Martedì
Notte buonissima- Antonini sta male ma è in senno. Appena può sorreggersi.- Gli troviamo un arabà(1) con buoi che lo condurrà al villaggio mediante 50 piastre- Partiamo- Io ho soscritto alla scuola per cento piastre all’anno.- Dopo due ore di camino verso S.S.O. Saliamo un eminenza e ci troviamo in faccia ad un lago, che si stende in una immensa pianura chiusa al N.O. da una catena di piccioli monti: Al S.E. dal monte Argeo, ed al S.O. dalla catena del Tauro – Il più alto monte di quest’ultima si chiama Allah Daghda- Pensiamo di fermarci in riva al lago per far colazione, ma sebbene cerchiamo di avvicinarsi pure il terreno si allunga,e si abbassa si lentamente che il nuovo Seis cammina per più d’un quarto d’ora affine di portarci dell’acqua- Io non la metto alla bocca la prima, ma non la inghiotto.- è acqua salata.- Antinori l’attribuisce alla gran quantità di salnitro, di cui questi monti sono pieni- Per buona sorte troviamo dell’acqua piovana nelle cavità di alcuni sassi e ci dissetiamo con questa.- Rimontati a cavallo caminiamo (sic) ancora lungo questa interminabile valle per circa quattro ore.- Dopo due ore in circa troviamo una sorgente di acqua fresca- In fondo alla pianura la catena di piccioli monti piega verso mezzodì, chiudendo la immensa valle- Addossata a questi monti scorgiamo molti alberi, e a mezza costa il paese di Kara Nissar – Questi monti senza nome sono stranissimi- A distanza presentano aspetti ingannevoli- Questo sembra cinto di mura, questo attaccato al vicino mediante un ponte sospeso; quest’altro sembra tagliato alla cima; veduti d’appresso presentano tinte straordinarie di piombino pavonazzo, giallo, marrone, arancio, rosso.Al disopra del paese v’é un castello Arabo in rovina- Probabilmente il nome di Kara Nissar gli venne da quel castello o roccia (Nissar) al quale si aggiunge l’epiteto di Kara in complimento; mentre le rocce vicine non sono punto vere. Buon Kornak pronto; cena discreta ; giunge il Katergy(2) e mi corico.- Maria è stanca. Sul tardi giunge Antonini nell’arabà, e chiede da mangiare.- Mi dicono, non ha sofferto.- Dio sia benedetto-
Note:
(1) l’arabà è un carro rustico e lento che era il mezzo di trasporto più comune e accessibile per le vie di campagna e di montagna in Turchia.
(2) Katırcı (Mulattiere), l’addetto che porta i materassi.