25 ottobre 1850

By 25 Ottobre 1850Novembre 23rd, 2025Diario turco - Prima parte

 

25 Ottobre [1850]

Partiamo verso le otto per Saffran Bolo, Maria, Eugenio, ed io. Il mio cavallo soffre ai piedi, eppure furono tutti ferrati ieri, ma questo mio bucefalo è tanto cattivo che nessuno può ardire piantargli i chiodi nella coruca.- Però quando è montato da me, diventa un agnello- Io gli voglio più bene che non volli a una bestia- Eugenio è contento perché prima, che partissimo giunsero  due muratori da Baiendur, e lavorano da capo al pagliaio ed alla stalla- Dopo un’ora di viaggio Eugenio mi propone di allungare la strada di un’ora e mezzo per andare a far visita a certo Midir suo amico vecchio. Acconsento, e pieghiamo verso occidente- Giungiamo in vista di un piccolo villaggio fra i monti e ci fermiamo sotto alcune piante per far colazione. Appena seduti sull’erba, ecco venire dal villaggio una moltitudine di gente portando chi uva, chi pomi, chi una certa faccenda in un secchio, che a prima vista mi sconvolse lo stomaco.

Ma invitata  reiteratamente ad assaggiarla, e conoscendo per esperienza, il poco rispetto di questi popoli per l’estetica, ne misi di quella roba un cucchiaio in bocca- Squisitissima! Sono di quelle mele così fatte, di cui già feci cenno, cotte col sugo d’uva invece di zucchero- Non c’é Confiteur  francese che faccia meglio.-Mangiato, ringraziato, messo via un paniere di uve, ricevute e ritornate mille benedizioni, rimontiamo in sella.  Strade pessime- Passiamo per un antico santuario Cristiano , ove erano alcuni marmi scolpiti, e fra gli altri un bell’agnello; ma furono distrutti- Ora serve di sepolcro a persone di qualità ed il terreno all’intorno di cimitero- Due ore di poi giungiamo alla residenza del Midir.é questo superstite fratello di un certo Ariut Pachà  feudatario ribelle dell’Asia Minore che fu strangolato, saran  venti o venticinque anni indietro a Stamboul. Il fratello che si accontentò dell’umile condizione di Midir, e dei sensuali godimenti del divoto Musulmano, vive tuttora e vegeta in una filosofica indifferenza di ogni cosa, che non tocca il sé- Questo benedetto sé trovavasi però in quel punto leggermente sconcertato da una tosse con accompagnamento di mal di capo, e di  oppressione che lo faceva assomigliare più ad un uomo ubriaco che ad altro.

Richiesto Eugenio dal Midir se io sapevo di medicina, e risposto che si, mi pregò di guarirlo- Gli ordinai una cacciata di sangue, del the, e dieta.-Ma non mi obbedirà- Mentre fumavo il narghilé il Midir si mostrava assai ansioso di mandarmi nel suo Harem.- Vi andai dunque, credendo si trattasse di una visita- Ma appena entrata fui assalita da una parte con commestibili, dall’altra con riclami alla mia scienza medica. Il  Midir aveva sposata la vedova del fratello ma dopo alquanto tempo trovandola troppo vecchia ne pigliò una seconda Costantinopolitana la quale presto si ammalo’:  ebbe cinque figli, quattro dei quali  morirono,e continua a languire. Mi interessa poco perché parla come una macchina a vapore di ottocento cavalli, ed è molto insolente con la povera vecchia moglie la quale soffre pazientemente, e sembra una regina presso a colei.- Trovo che la  Costantinopolitana soffre di palpitazione, e di male al cuore; male che non farebbe morire i suoi figlioli appena nati se non provenisse da uno sconcerto dell’utero ossia del sangue- In due parole, giudicandola anche dal colore la credo clorotica.  L’assicuro che guarirà.- Stava ancora parlando con essa, quando mi sento pigliar per le gambe- Mi volto e vedo inginocchiata la vecchia moglie che piange forte, e mi supplica di non so che.-La prego a comandarmi  liberamente, e mi dice in mezzo a singhiozzi che un figlio suo sta per morire, e che io lo posso salvare se consento a vederlo. Chiedo dov’é, ma non intendo la risposta, mando a cercare Eugenio perché mi spieghi di che si tratta. Eugenio si ferma sulla scala, noi donne nel vestibolo di sopra, e si intavola la conversazione. Io. C’è qui una buona vecchia che mi scongiura di guarire non so chi, di non so che, il quale malato sta non so dove. Ditele che mi si spieghi- La vecchia parla Turco.-Eugenio- Trattasi di un suo parente che sta male assai, di una malattia che dev’essere molto brutta, dicendo la vecchia di  piaghe nere sulle gambe.-Io – Lo vedrò e farò ogni sforzo per giovargli, ma dove sta? Eugenio. In una casa qui presso -Volete  andare? – Io. Subito .Dite alla vecchia che mi accompagni. Ma ecco in queste donne risvegliarsi il sentimento della ospitalità, un momento dimenticato per un sentimento più intenso . Non vogliono assolutamente ch’io me ne vada sino a che non ho mangiato della roba loro.- Miele, latte  eccellente, piccioli formaggi secchi, noci, castagne, focacce, mele, uve, ecco cosa mi pongono innanzi. Assaggio un pò di miele, e di latte, poi mi alzo, e faccio segno alla vecchia che mi conduca.-Lascio Maria coll’altre donne e partiamo .La vecchia piange sempre, e mi stringe le mani .Giungiamo in una casa, e salendo le scale sento il puzzo delle piaghe purulenti. Entro nella stanza e trovo un giovane di circa 22 anni sdraiato su di un materazzo in terra, che si lagna ,e appena può parlare.Mi accosto; e mi piglia l’orlo della vesta, la bacia  giunge le mani,e mi grida Namman Namman,vi prego vi prego-Poi cava fuori un’altra volta le mani di sotto le coltri,e mi fa il segno Turco per danaro dicendomi: perà ciocch-Gli rispondo: parà iocch-Allah. E sembra interdermi perché risponde Evallah Allah Nammanik! Chiamo Eugenio per dragomanno

L’infermo ha febbre violenta, vedo che le fauci sono affette; che le carni del naso e delle guance principalmente intorno agli occhi stanno per aprirsi, chiedo se vi sieno altre piaghe, e mi si mostrano due cancheri alle gambe; voglio sapere come venne questa malattia; se dalla nascita o acquistata di poi- Eugenio mi traduce la sua risposta- Il suo male, è mal venereo acquistato cinque anni fa. Un cerretano gli fece certe fumigazioni di mercurio che lo ridussero finalmente in questo stato- Le gengive , il palato, e le fauci lo fanno più d’ogni altra cosa soffrire. M’informo se vi sono sintomi di affezione di qualche viscere essenziale.  Pare che no- Può dunque riaversi quando sia ben curato; ma quelle piaghe vogliono una assistenza di tutti i giorni, ed io non posso prestargliela a questa distanza- Dica dunque che se ci può farsi trasportare vicino a me, quasi mi riprometto di salvarlo; altrimenti no.- Dice che verrà, e dicono così anche i parenti – Ma il trasporto sarà difficile assai. Quando Dio vuole ci rimettiamo in sella; ma è tardi, e non arriveremo  a Saffran Bolo che ad un’ora di notte. Così è – Io sono mezza sfinita per fame, freddo, e sonno- Mangio e vado a letto , ma le pulci mi tengono sveglia sin tardi assai.

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