26 Ottobre [1850]
Eugenio mi porta il caffé, e mi dice che la famiglia del malato mi aspetta con impazienza. Anche la nostra padrona di casa ha una bambina con la febbre che si crede il vaiolo- La visito, ma non vedo sintomi evidenti di questo male- Può essere una gastrica- Vado a vedere l’altro ammalato- Par consunto, e mi accusa abbondantissimi e costanti sudori. Osservo però che è rinchiuso in piccola stanza, coperto, e ricoperto di pellicce, sdraiato dentro del focolare come un quarto di manzo che si arrostisce, circondato da una quindicina di amici e parenti- Raccomando invece aria e tranquillità, e forse questo solo cangiamento di regime lo ristorerà. Soffre di un dolore (sembra reumatico) alla coscia, e di un ingorgo glandolare all’inguine dello stesso lato. Il dolore può essere cagionato dall’ingorgo . Raccomando delle unzioni di olio, e impiastri di linosa, gli pongo un vescicante alla parte interna della coscia, e gli lascio un po’ d’acetato di morfina per medicarlo. Se il diverso ambiente non lo conforta, credo il suo stato senza rimedio- La moglie ch’é robustissima dee essere per ora allontanata da lui- Anche il padre della moglie mi consulta per una affezione di fegato che gli cagiona delle convulsioni, e potrebbe degenerare in epilessia- Finite le mie visite io voglio partire- Eugenio vorrebbe restare per terminare un imprestito di 2000 piastre che gli fa la compagnia; io lo prego di restar solo, ma persisto nel voler partire.- Allora ei dice che verrà pure; ma bisogna aspettare che arrivi il corriere, che sia ferrato uno dei cavalli, che sia fatta la barba a Cucaj, e che sieno comperate varie sostanze di cui abbisogna per la mia farmacia- Aspetta, aspetta; sono le due. Giungono finalmente i medicamenti che avevo fatto cercare; e Cucaj con una lettera per Eugenio, e il cavallo. La lettera è d’Ismael Bej il quale accenna di essere stato dal Barone Tecco a fare inchiesta del suo denaro ed avergli il Barone risposto, che il danaro non era arrivato ancora, ma che il mio procuratore aveva scritto doversi aspettare di giorno in giorno a Costantinopoli- Esservi ritornato alcuni giorni dopo ed avere udito dal suddetto Barone, che il mio procuratore era arrivato ed era ripartito da due giorni per raggiungermi in Asia. Dunque Pastori dovrebbe esser vicino, ma io non vi so credere e vado fantasticando cosa possa aver detto il Barone che sia stato così frainteso da Ismael Bej- Partiamo da Saffran Bolo; ma annotta prima che giungiamo al passo del torrente- Passato questo Eugenio dice che meglio sarebbe fermarsi qualche ora sinché si alzi la luna, e poi ripigliare il nostro cammino. Cosi facciamo- La luna però non comparisce, e si compie il nostro viaggio nelle tenebre più perfette. Si giunge al Conach alle 12 della sera, che tutti sono coricati, né più ci aspettano; ma sentono la voce di Maria che chiama i cani, e ci vengono ad incontrare. Il mio materazzo mi pare un soffice letto di piume-