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9 ottobre 1851

By 9 Ottobre 1851Novembre 11th, 2025turchia

9 Ottobre [1851]

 

Al momento di montare in sella, ci accorgiamo che il mio cavallo zoppica- Si dice che ciò provenga da una indigestione di orzo-

Convien condurlo alla Città, ove viene medicato, e ferrato, poi lo prendiamo con noi a mano-Io monto il cavallo di Eugenio-Facciamo colazione ad un sito un’ora distante dalla città. Poco dopo giungiamo ad un Khan,il cui padrone è un bel vecchio già capo di briganti.-

Egli mi dà la benvenuta,e mi prega di non molestarlo perché Turco.

Io gli dico: Allah senim, Allah benim eulere. Ed egli soddisfatto soggiunge che tutte le cose di questa terra e del cielo sono di quest’unico Signore. Mentre ci parlava così venivano le lagrime agli occhi a me ed a chi lo intendeva. Rimessisi per via, si giunge verso sera ad un Derwen distante sei ore da Bolo . Comincia a piovere , ed io mi sento presa da brividi che mi fanno temere della febbre . Scesa appena da cavallo, e mentre si sta preparando la tenda, il fuoco, e la cena, entro nel Derwen per iscaldarmi. Vi trovo vari Turchi .-

Uno fra gli altri giovane ed avvenente mi colma di gentilezze. Mi aggiusta cuscini e tappeti dinanzi al focolare, accende un bel fuoco mi fa portare un narghilé ed il caffé, vuol darmi del suo Tombeki, che portò da Bagdad,mi caccia per forza in mano dei confetti,mi prega di comandarlo in qualunque cosa etc.-Vengono ad avvertirmi essere pronta la tenda,e mi accommiato dal galante cavaliere.- Ma un ora dopo,mentre me ne stavo avvolta nelle coperte,che appena mi riparavano dal vento, e dalla pioggia,sento uno strepito di voci irate fuori dalla tenda,e riconosco la voce del mio paladino,che pronunzia replicatamente Tombeki, e la voce tonante di Eugenio che bestemmiava, opponendosi a non so che –

Figurandomi però che fosse un male inteso,grido da dentro ad Eugenio che quel Signore mi diede già del suo Tombeki, e me ne offerse per la sera. Ma Eugenio risponde che quel Sig.re è un birbante, un’ubbriacone,il quale sotto pretesto di Tombeki vuol penetrare nella tenda ove sto coricata. Non so che dire, e non insisto,non essendo per certo mia intenzione di accordargli tali libertà.- Mi accorgo poi di avere smarrito un guanto nel Derwen ove fui a scaldarmi, e dico ad Eugenio di farne ricerca. Alla mattina seguente Eugenio mi dice che il Turco dalla bella barba se n’era impadronito ed avea dichiarato di volerlo serbare ad ogni costo per memoria mia,cosicché egli fù costretto a minacciare di farlo legare e condur prigione, dopo la quale minaccia il guanto venne fuori e mi fu riportato. Notte tempestosa assai- Pioggia dirotta,vento,tuoni,lampi.

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