11 marzo 1852

11  [ marzo 1852] Giovedì

 

Ho dormito di un sonno profondo, ma non mi sento riposata- Ho dei brividi, e temo un assalto di febbre- Gli ultimi giorni di viaggio, e le cattive notti hanno esaurito le mie forze- Ricevo il Bonjoldur(1) del Pascià, ed un invito indiretto di andarlo a visitare- Faccio un giro in Bagar e vado in serraglio- La corte è vasta, piena di uomini di ogmi colore, di ogni vestire, e di diversi modi, tutti armati, chi seduto sul terreno, chi appoggiato ad una lunga lancia, o ad una gran scimitarra – Da un lato la prigione fuori della quale in un piccolo spazio di terreno chiuso da pali di legno si vedono i prigionieri che passeggiano, o prendono aria. Vari edifizi circondano, o piutosto sono quasi nella corte- Quel di fondo riservato al Pascià è di legno, elevato, e tutto guernito di finestre- Salgo una scala in pietra rovinosa, entro in un vestibulo nel quale sono aggruppati 12 o 15 servi bianchi, neri e gialli. Di qui nella sala di udienza del Pascià- Statura piccola, obbeso come tutti i Turchi di alto rango che hanno passato gli anni della prima gioventù- Fisionomia benigna, ma poco accorta, e senza nobiltà- Ride molto. Parla con enfasi ed entusiasmo del nuovo sistema Javasch, juvasch la Turchia si civilizzerà, diventerà ricca, popolata,coltivata, illuminata, industre etc.etc.- Tutto si farà mediante il Tanzimatt (la Costituzione). Avendo io osservato che il Tanzimatt ne alcunché di simile avrebbe prodotto questi prodigi sino a tanto che non v’erano in Turchia né denaro,né attività, che conveniva rivolgersi agli Europei per ottenere e il danaro e le braccia mancanti il Pachà sembra approvare di tutto cuore questo mio pensiero,e soggiunge che Javasch (Javasch)si otterrebbe anche questo- Così finì il discorso- Intanto si discuteva una questione di regola sanitaria, vale a dire che il Pascià si studiava d’indurre il D.re della Quarantena (D.re Spagnoli) ad eludere la legge lasciando che le truppe provenienti di foria dimorassero fuori dei luoghi destinati per Lazzaretto- Il povero Dottore si dibatteva- Io gli feci osservare che in questi paesi la regola non serviva che ad aguzzare l’ingegno, di chi trovandosi con essa a contatto deve necessariamente o sottoporsi a qualche incomodo, o violarla- Finì col cedere medianti certe restrizioni- Presi congedo dopo di aver bevuto di un sciroppo d’arancio squisito- Il Pascià avendomi offerto i suoi cavalli, ho accettato, e dopo la visita , vennero a prendermi pel passeggio Maria, M.is Parker, Campana e il D.re Orte, mi accompagnavano oltre due Gavas del Serraglio. Cavalli buoni, ma ordinarii- Facciamo esternamente il giro delle mura- Vediamo un villaggio di Mori venuti dall’Affrica durante la dominazione di Ibrahin Pascià, e rimasti dipoi in Adana, ove ci fabbricarono un villaggio alla foggia delle loro città Africane .- Le case, sono ampie ceste di giunchi  trecciate con arte, di forma sferica, coperte da un tetto conico di paglia.- Sono circa cinquanta famiglie, che obbediscono al loro Sultano, ossia ad uno di essi che porta una giubba rossa- Lavorano alla terra, ma poco e male e sono tutti poveri- Si maritano coi bianchi, e già si vedono ragazzi non solo, ma giovani mulatti.- Vediamo il ponte sul Sauro ed è di costruzione Romana.- Fu però tante volte ristaurato dai Turchi che poco, o nulla più appare della sua creazione primitiva- Altre antichità non vi sono- Stasera giunsero Antinori, e Pietro col Console Sardo , un negoziante Svizzero, e il Pa. Gregorio, Alepson mio amico, ma che da molti anni avevo perso di vista.- Era già ritirata quando giunsero, cosicché li vedrò dimattina- Ebbi un lungo discorso coll’ex P.dre Gregorio- Egli ha lasciato il Convento e l’abito monastico- Dice di non essersi fatto protestante, ma cattolico non mi sembra neppure.- Raccoglie medaglie, ed altre antichità che manda in Inghilterra, e quando avrà messo assieme qualche danaro si propone di fondare un Collegio Armeno in cui istruirà i ragazzi senza controversie, né avverzioni religiose- Pensa a stabilirlo a Ciag Mog Oglon, come pure a fondarvi un giornale- Vedremo- Il Console Sardo si è mostrato meco più che gentile- Mi presta 3500 piastre, e mi dà una lettera di credito pel suo banchiere di Bejrut – Ho pranzato con esso , Alepson, spagnoli, e la mia compagnia del D.re Orta, la cui moglie è Greca e piutosto bella.- I suoi bambini poi sono vaghi quanto mai- In questa provincia vi sono anche dei Fellah, che diconsi pagani e non riconoscono altra autorita,’ che quella del loro capo- Fanno mistero della loro religione, che dicesi essere un misto di Cristianesimo, Musulmanismo, e Paganesimo – Aspettano il Maomettanismo- Pare che adorino il sole, la luna, un pezzo di legno e la natura, nel suo simbolo più osceno- Innanzi a questo si pongono ogni mattina, si inchinano, si inginocchiano, e finiscono col baciarlo- Domani Martedì partiremo- Alepson ci accompagnerà sino a Misa.-

Note:

(1) Il Buyuruldu era un ordine, decreto, o avviso scritto di natura ufficiale emesso da un alto funzionario come il Pascià, il Governatore o il Gran Visir, e indirizzato a un subordinato o a un ospite di riguardo. In questo contesto, il Buyuruldu fungeva da comunicazione formale che informava il viaggiatore (e forse le autorità di rango inferiore) della volontà del Pascià. Ricevere un Buyuruldu dal Pascià era un chiaro segno di rispetto e riconoscimento del tuo status e garantiva al viaggiatore di essere trattato con tutti gli onori e la sicurezza necessarie nel territorio sotto la sua giurisdizione.

 

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