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Diario turco – Prima parte

7 Gennaio 1852

By Diario turco - Prima parte

7 Gennaio 1852.

M.eur e M.me Scrobl, Antinori, un Lombardo chiamato Pietro suo cameriere, un falegname, e due coltivatori tedeschi sono arrivati il 21 dello scorso mese, sono molto contenta di questa gente, e spero molto dalla loro cooperazione.- Il Dottor Bertani  fratello di Agostino , è venuto a passar meco le feste- è tornato Eugenio , ed ha contato che questo signore si spacciava ad Angora per mio fratello-Il D.re si scusa con Antinori ma Antinori non lo può soffrire . Il D.re pretesta ch’io ho parlato con malo modo di suo fratello e parte incollerito.Due giorni dopo ricevo una sua lettera  ,in cui mi dice di contentarlo, o di tremare guai a me se non lo contento!

Mi farà lasciare il mio Tchifflik per forza scriverà in tutti i giornali etc. Eugenio ch’era presente quando ricevetti la lettera volea farlo bastonare. Io gli dico di portare la lettera ad Antinori che in quel giorno si trovava a Saffran Bolo e di regolarsi dietro i di lui consigli. A me basta che il D.re se ne vada . Se ne va difatto metà per forza,e metà volontariamente.- Stiamo preparandoci al viaggio di Gerusalemme- La cosa più difficile è il procurarsi cavalli. Alepson me ne ha portato cinque, di cui presi un solo perché troppo cari. Le notizie d’Europa sono delle più tristi . Il primo Gennaio ricevetti lettera di M.me Garbert in cui mi ragguaglia dell’accaduto a Parigi il 2.3.4.5. Dicembre – La Democrazia,é vinta per ora- Vincerà alla sua volta, e la sua vittoria sarà durevole, ma quando succederà? La generazione presente non vedrà forse il suo trionfo.

 

Oggi  7 [gennaio 1852] ( stesso giorno? Forse 17. ndr)

Giornata infausta- Stamane M.eur Lengott cade da cavallo, Pietro di Antinori scaricò una pistola che gli mandò il cane nella fronte- Io caddi nell’entrare in casa- Misi il piede su del fango liscio; mi mancò il punto d’appoggio,cado colla faccia contro la porta; sono rigettata all’indietro, e piombo giù distesa sul selciato colla schiena e colla testa- Nel rialzarmi tutto era buio,e confuso intorno a me:le membra come intorbidite; sentivo un liquido colarmi giu dagli occhi e dal naso,e pareami fosse la sostanza cerebrale disciolta. Maria avea messo un grido,e la prima cosa che vidi fu dessa tutta pallida e tremante che diceva . Mamma,mamma che cosa ti sei fatta-Ebbi forza bastante per rispondere,poca cosa spero; ma io mi credevo spedita tanto era strana la sensazione che provavo. Il polso non batteva,il sangue non circolava,il respiro non tornava.- Maria gridò hai del sangue ,e messami il fazzoletto alla faccia mi accorsi che di fatto mi scorreva giù il sangue dal naso- Quel sangue mi sollevo’; mi fecero bere dell’acqua di menta,feci un pediluvio caldissimo.- Ora son già passate alcune ore; non sento nessun dolore né alla testa, né alla vita.- Il naso soltanto si è molto gonfiato- Sento un gran peso alla testa, e un sopore continuo, ma dolore nessuno- Ringrazio Dio, perché non capisco ancora come sotto una scossa così violenta io non ebbi il cranio fracassato- Per buona sorte io avevo un fazzoletto legato stretto intorno alla testa: questo mi ha salvato.- Un ora fa Maria mi giunge in camera tutta in lagrime, gridando Doro è morto! Doro era il suo cavallo di predilezione- La consolo alla bella meglio, e a tutte due ci pare mill’anni che sia terminato questo giorno di disgrazie

6-7 dicembre 1851

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6-7 [dicembre 1851]

 

Nessuna novità -Il tempo continua freddo e minaccioso, oggi però si è schiarato- Ritornato indietro l’ultimo par di bufali, perché troppo vecchi , e non mangiavano. Antonini si è deciso a restare quest’inverno .é andato sulla montagna per far tagliar alberi,e dice che ve ne sono di mirabili- L’affare del legname si presenta bene- Stamattina è passato Nardj Atanos  andando ad Angora a trovare il Pacha. Ieri Maria  ha fatto una cavalcata coi due polacchi e Antonini. Nessuno può più montare il mio Kur tant’é cattivo- Con me sola si cavalca un poco.

 

5 Dicembre 1851

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5 Dicembre [1851]

Tempo incerto e freddo- Di buon ora partono M.eur Lengott con quattro par di bufali, e quattro contadini per le risaie-

Antonini con altri quattro (uomini)per la montagna a tagliar legna da costruzione;Campana per la caccia, noi donne rimanghiamo in casa;facciamo seccare il riso,e lavorare l’orto.

4 Dicembre 1851

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4 Dicembre [1851]

 

L’inverno è incominciato ieri- Aspetto Antinori  M.eur Strobl e sua moglie, un suo servitorello di anni 8 e un contadino. Altri due colle mogli ne raggiungeranno più tardi- Aspetto anche due falegnami, perché i miei lavori possino camminare meglio.- Ho già seminato il grano, che spunta pertutto. – Ora si sta lavorando alle risaie- Oggi ho 6 paia di bufali; 3   bufale,  quattro vacche coi vitelli; due bufali giovani; un asina e l’asinello, sei cavalli, tre giumente, e un polledro, duecento capre, venti cani,e un numero incalcolabile di galline, oche, dindi, anitre etc.Quasi tutti coloro che pretendevano possedere parte del mio terreno sono stati ridotti al silenzio grazie ad Eugenio. Il Mulino mi fornisce farina abbastanza per la casa.- La sega lavora, e quando avrò finito di fabbricare, comincerò il commercio dei legnami-Ora che mi sono messa in regola cogli arretrati, e che ho spiegato alla meglio la nostra situazione, riprenderò il mio Diario.

28 agosto 1851

By Diario turco - Prima parte

28 Agosto [1851]

 

Ho abbandonato il giornale, eppure molte cose sono accadute che meritano,(per me almeno) di essere ricordate. Nel dicembre giunsero i Sigg. Madaguidi e Scanziani, il primo come ospite, il secondo come impiegato in mia casa ossia intendente amministratore o che so io.

Furono bene accolti – Ma presto cominciarono dissapori fra Scanziani ed  Eugenio, quest’ultimo vedendo nel primo un sorvegliante ai fatti suoi.- Madaguidi si manteneva al disopra di simili miserie. Però vantava assai la vita placida e saluberrima del Tchilstik, il partito che un bravo agricoltore trarrebbe di un così bel podere, la fertilità delle terre, la noia della vita emigratizia etc. Credendolo davvero buon agricoltore avrei desiderato tenerlo presso di me come direttore dei lavori agricoli;     ma quando mi parlò più chiaramente dei suoi piani per l’avvenire mi disse di un suo impegno con Antonini di accompagnarlo in un viaggio nell’interno dell’Asia, e della Nubia affine di rinvenire i materiali per    un museo di storia naturale- Altro non mancava che l’aggradimento del governo Turco, al cui profitto si doveva formare il museo, ed a cui spese si dovea eseguire il viaggio-

Se l’aggradimento si ottiene disse Madaguidi, io debbo accompagnare l’amico, il caro,l’adorato Antinori[1]– Qualora poi il nostro piano andasse fallito, io riacquisterei la primitiva libertà, e accetterei più che volentieri  di rimanere presso di Lei al Tchilstik – Dunque si resta in sospeso-

Gli affari con Eugenio andavano intorbidandosi. Ei faceva in tutto e per  tutto da padron di casa, e appena di tanto in tanto mi informava di alcune spese (da me)s’intende .- Intanto mi erano giunte 15000 piastre ch’ Eugenio aveva avuto l’arte di farsi consegnare dal Banchiere, e delle quali io aveva veduto sole 400 .

Venne un giorno Nalil Bey  a propormi la sua porzione delle risaie, dal che presi occasione di chiedergli quale porzione era quella da me comperata a  Costantinopoli pel prezzo di 4000 piastre, da un fratello di Ismael Bey – Nalil Bey risponde franco – nessuna – Io insisto. Racconto il fatto e le circostanze; quel che mi disse Eugenio per decidermi a pagar subito quella porzione; come io fossi nell’imbarazzo non avendo danari; come avessi tratto una cambiale per quella somma etc, etc. Persiste Nalil Bey, e mi offre di sottoscrivere, e far sottoscrivere da suoi fratelli una dichiarazione, come nulla hanno venduto né a me né ad Eugenio ,ed a Maria.

Accetto, e rimango molto mal contenta di Eugenio. Bisogna finirla  dicon tutti e dico anch’io- Siccome però avevo avuto pochi giorni prima una scenetta con Eugenio a proposito di un conto, nella quale Eugenio s’era lasciato trasportare dall’ira alquanto oltre i limiti, io mi era prefissa di non  più espormi a tali scoppi-  Chi parlerà? Chi attaccherà il campanello al collo del gatto ? Io disse Badoguiele : ne lo ringrazio , e si rimane d’accordo.-

Quando viene Eugenio, Badoguiele gli riferisce l’accaduto con Nalil Bey, e gli chiede a mio nome che ha fatto di quelle 4000 piastre- Eugenio prorompe- Dice che non ha mai parlato di compera di terra oltre quella di Ismael Bey- Che ha ricevuto da me 4000 piastre, ma non per quell’oggetto,mentre ha speso assai più dietro ordini miei – Parla di 30, di 40 mila piastre sborsate da lui ; dice che ha pagato di sua borsa metà del prezzo del Tchifflik, ed io non glielò restituito, insomma i Francesi direbbero,  qùil  deblatere – Badoguiele lo invita a presentare i suoi conti ed egli protesta essere ciò la cosa più facile di questo mondo, avere tutti i documenti in scarsella.- Alcuni giorni dopo Badoguiele andò a Saffran Bolo per vedere questi conti e documenti- Eugenio gli mostrò una duplicata del contratto con Ismael Bey , pretendendo che fosse un secondo contratto, ma Badoguiele rispose ch’era uno scherzo, e si fece consegnare la copia- Quanto ai conti Eugenio gli dettò una farragine di cifre, dicendo che in viaggio si erano spese 10 mila piastre per volta essendovi venti persone e venticinque cavalli-

Che il cavallo di Maria non era stato pagato, che il cavallo bianco ch’io monto era stato comprato da lui; che io gli dovevo 1500 piastre al mese pei suoi servizi durante 13 mesi; più 600 piastre al mese per suo mantenimento, e del cavallo a Saffran Bolo; più non so quanto per un suo viaggio a Cassan Momo per ordine mio ed altre simili cose. Badoguiele disse che se ne riferirebbe a me, ma che io l’avevo soltanto autorizzato ad offerirgli un saldo generale, e più un regalo di 5000 piastre- Tornato Badoguiele io stesi un breve ma fedele ragguaglio di tutto il danaro da me consegnato ad Eugenio aggiungendo che se egli reclamava per spese anteriori al mio soggiorno in Ciaq Maq reclamavo ancor io per sapere che cosa era  stato fatto col mio danaro. Io avevo rimesso ad Eugenio dalle 33 alle 35 mila piastre . Eugenio ricevette la mia carta e disse che presenterebbe i suoi conti in perfetta regola- Poi non se ne parlò più- Tutta la città di Saffran Bolo si mise di mezzo per farci fare la pace. Io mi vi rifiutai lungamente adducendo il mio desiderio di  finir prima questi conti- Finalmente il giorno di Pasqua essendo io andata a Saffran Bolo a fare le mie devozioni, il prete stesso che mi aveva confessata e comunicata entrò in camera tenendo Eugenio per la mano e condottolo a me dinanzi mi chiese di rappacificarmi con esso lui. E così fu fatto, sempre però con la riserva per parte mia di voler vedere i conti. Intanto era giunto Antinori con Merighi, ma il progetto del museo di Storia naturale a benefizio dei Turchi non avea progredito- Io dunque m’aspettavo che Badoguiele restasse, quando invece prese da me commiato annunziandomi la sua partenza con Antinori entro pochi giorni.

Buon viaggio- Ma la partenza si procrastinava di giorno in giorno- Una sera ecco Badoguiele che mi porta una lettera per Pastori pregandomi a leggerla, quindi ad accluderla nella mia. La lettera cominciava così “Caro  Pastori  Ti scrivo tuttora dalla casa ospitale della Principessa, ma nel dubbio di presto lasciarla – Chissà ? Vedremo” E continuava a parlar di affari- Credetti di scorgere in questo fatto un invito a me di domandargli perché partiva, ed in poche parole, di aprire le trattative.     Passeggiando seco lui la sera da presso in orto gli chiesi se avevo bene inteso, e s’essa era realmente sua intenzione che io leggessi quella lettera- Rispose che si- Allora io – In essa parlate della vostra partenza come di cosa ancora incerta- Vorrei evitare un equivoco, e perciò desidero sapere se questo dubbio si aggira intorno a cosa che da me dipende, o a cose a me straniere- Badaguiele .  Il mio dubbio s’aggira soltanto sulla situazione che io occuperei presso di Lei.- Io- come sarebbe a dire ? Bad . Vorrei sapere in che qualità resterei nella sua casa- Io, in qualità di direttore dei lavori agricoli- Bad . Bene, e di segretario.- Io, e perché questo titolo? Bad. Perché non vorrei rimanere al Tchifflik quando ella ne partisse-

Io, se non c’é altro posso promettervi di condurvi meco- Bad. Vorrei anche conoscere, che autorità avrei sui contadini; perché sarebbe necessario che io dessi gli ordini, infliggessi e castighi e distribuissi i premi  .- Io, giustissimo e così sarebbe- Bad. In tal caso io di più non desidero, ma le consacro per tutto il tempo della emigrazione etc. etc. Grandi  proteste. Ecco dunque Badoguiele stabilito in mia casa in qualitàdi Segretario Direttore dei lavori agricoli,e Scanziani d’Intendente-Gli altri due partono,e Badoguiele parla asprissimamente dell’adorato Antinori-L’amicizia fra Pilade ed Oreste andata in fumo- Badoguiele si mostra tutto premura- Torniamo a Saffran Bolo per parlare col Cadì,Consiglieri,e Kaimakan, i quali vogliono terminare tutti i miei affari,e mettermi al possesso delle mie terre-

Presento loro i miei titoli che sono approvati da ognuno sul fatto della parte di Besik Tardar pertenente a Ismael Bey, e rivendutami dai fratelli di lui, conviene sentire Eugenio . Il Kaimakan mi chiede come sto con Eugenio ed io gli racconto ingenuamente ogni cosa- Il biglietto con cui Eugenio dichiara di non avere alcuna pretenzione né sul Tchefflik né su altra cosa mia, contiene questa clausola:  essendo stato pagato delle 1000 piastre da me sborsate- Ora queste 1000 piastre non gli furono pagate, perché si verificò ch’egli non aveva pagato a Ismael Bey come pretendeva né le 6000 prime, né le 2500 di poi.- Perciò il Kaimakan mi disse , che desiderava vedere egli stesso i suoi conti, perché se metteva fuori siffatta pretesa saprebbe come trattarla- Di ritorno al Tchifflik venne Eugenio con Alevan e mi pregò di rivedere io stessa i conti: ma io mi scusai dicendo che il Kaimakan volea vederli esso. Va benissimo   – Eugenio si trattiene un par di giorni, poi ritorna a Saffran Bolo- Malumore di Badoguiele – Vado con esso a Tcherkess e, durante il viaggio è insoffribile.- Rientrando al Tchifflik ritroviamo da capo Eugenio – Badoguiele non si vede l’indomani pretestando un incomodo- Verso sera mi chiama, e mi dice che teme di essersi fatto un ernia che vorrebbe andare per una quindicina di giorni a Costantinopoli, affine di farsi fare l’operazione, o di procurarsi un riparo- Io gli osservo che meglio sarebbe il mettersi un riparo prima di intraprendere un viaggio a cavallo- Egli però insiste, ed io mi ritiro credendolo leggermente impazzito- La mattina appresso mi rimette una lettera, nella quale egli mi dichiara di non poter dividere la mensa con Eugenio, e  mi chiede  licenza di andarsene- Io gli rispondo ch’é buon padrone, ma che non dubito sentirà la convenienza di aspettare che io mi sia fornita altrove-

Che vedrò intanto di diminuirgli per quanto è possibile l’incomodo della presenza di Eugenio  – Mando dunque il Dragomanno a Saffran Bolo con preghiera a Eugenio di non venire con tanta frequenza, visto l’avversione ch’egli spira a certe persone di casa mia- Come risposta ecco giungere a me Eugenio che viene diritto a dirmi che cosa c’é di nuovo? Che ho fatto a Voi o ad altri? Per voi, datemi, sia come prestito, sia come dono 3000 piastre che debbo alla Comp. e non parliamo altro di conti- (acconsento) Per le persone di casa ditemi chi ho offeso. Nominai allora Badoguiele-   Eugenio rimase maravigliato davvero perché Badoguiele gli avea sempre dato ragione (in faccia) contro di me; ed espressa molta benevolenza- Come da Badoguiele? Badoguiele cosa vi ho fatto ? Ma mi è stato detto, mi fu riferito…. che avevate detto, osservato….  Chi? Cosa? Dite, parlate, ch’io mi discolpi- No, non fa niente ;  saranno state  dicerie, ciarle; non ci credo,  eppure ….. – Spiegatevi vi supplico-  Vi è chi m’ha detto che voi volete uccidermi, e quella persona è bene informata. Eugenio protesta, grida, si contorce, e Badoguiele messosi un dito sul naso in segno di meditazione profonda altro non proferisce.- Eugenio torna a Saffran Bolo ; Ma dopo pochi giorni eccolo di nuovo come io stavo per montare a cavallo alla volta di Guzul Bey . Sono dunque costretta a lasciare Eugenio al Tchifflik con le due fiere,  Scanziani e Badoguiele.- La mattina di poi al mio ritorno sento che Badoguiele insultò Eugenio, gli diede del ladro, gli disse di non volgere a lui la parola e cose simili – Io mi lascio vedere passeggiando in giardino con Eugenio.- Furore in casa- Badoguiele e Scanziani fanno in fretta i bauli = poi il primo mi scrive una lettera bellissima ; dice ch’io gli ho mancato di riguardi permettendo ad un rivestito della dignità di suo segretario di farsi il letto e di pulirsi la stanza- Che ei si aspettava altro trattamento – Che in ultimo io gli avevo promesso di risparmiagli la presenza di Eugenio, e non gli avevo mantenuto la parola- Finisce col dire , parte dimani con Scanziani. Di Scanziani io ero malcontenta al segno (pel molto bere, e pel suo non far niente) che già l’avevo licenziato e stava da due mesi in mia casa piutosto tollerato che altro.

Ma non l’avrei fatto partire insieme con Badoguiele in sul momento in cui l’opinione pubblica mi voleva in pericolo- Voce correva che Nalil Bey inviperito perch’io gli avevo rifiutato del danaro aveva raccolti alcuni disperati coi quali tenterebbe di assalire la mia casa ed  ammazzarmi – La cosa fu comunicata da quel primo Alì mio servo a Deli Inleiman guardia del vicino Deravent perché io mi  tenessi in guardia – Ciò non ostante quei due signori partirono l’indomani, ma giunti a Saf.Bo. furono trattenuti dal Kaimakan che disse loro non conoscerli punto né poco; rispettarli soltanto perché di casa mia esciti, non volerli lasciare in libertà senza prima sapere da me s’io di loro non mi lagnavo- Badoguiele mi mandò dunque un espresso chiedendomi di scrivere una lettera Turco al Kaimakan, ed io feci allora una lettera in Italiano mediante la quale lo lasciarono partire.- Badoguiele mi scrisse varie volte , ma io non gli risposi mai; che rispondere ? Dirgli quel che penso di lui non gli gradirebbe. Dirgli altro non gradirebbe a me; dunque mi taccio- Ho scritto però ad Antinori per spiegargli la cosa , e sapere se il nostro progetto di Gerusalemme sussiste. Egli mi rispose che si. Dunque mi terrò pronta per fine di Novembre.-Antinori a cui ne avevo pure scritto,mi manda un maggiordomo invece di Scanziani. Si chiama Pietro Albergoni e pare molto onesto,ma vi ha del pazzo e beve fortemente- Antinori mi ha scritto proponendomi per direttore di

miei lavori agricoli un Alsaziano chiamato Strobl il quale ha con se vari contadini della stessa sua provincia – Ho accettato con trasporto la offerta,sebbene avessi prima consentito a ricevere certo Lengott Polacco raccomandatomi da M.r Altera Simone,però io aveva avvertito il Polacco,che aspettavo la risposta d’un Amico e che qualora questa risposta fosse affermativa io ero impegnata con quello, cosi non di fatto,impegnata col Polacco.- Gli scrivo perché non si metta in viaggio s’é ancora in tempo- L’altra notte fui svegliata da urli;balzo dal letto,apro la porta della stanza e chiamo , chi e là? che cosa avete ?Escono dalla camera di Campana. Campana stesso e Albergoni ambi in camicia e mutande,sparuti,stravolti,e balbettanti- Che cosa c’é, che cosa c’é ?dicevo io -I zolfanelli – Ma si; i zolfanelli? Ti sei spaventato eh! Sei briaco o malato? Malato si,un pochino-Cosi parlavano i due fra di loro come due svaniti. Albergoni però scese le scale per cercar lume e Campana allora mi si accostò dicendomi a voce bassa che l’Albergoni gli si era precipitato in camera mentre ei dormiva lo aveva assalito colle mani nel petto dicendo varie parole, fra le altre quella di traditore – Campana si difendeva quando la mia voce fece cessare il combattimento.

Venuta la mattina Campana parlò fuori dei denti con Albergoni; io lo minacciai di licenziarlo- Egli giura di non avere avuto altro intento se non di svegliare Campana; disse che partirebbe, se io volevo, ma che Campana se ne pentirebbe- Preferisco lasciare la cosa in sospeso sinché giunge Antinori. Staremo in guardia- Alcuni giorni dopo sta scena si abbandonò a dirizzare parole sconce ed insultanti a Maria: volevo cacciarlo su due piedi, e gli dissi quello che si può dire all ‘ultimo degli uomini: ma egli si scuso’, e siccome io non gli davo retta, mi mandò a dietro. M.is Parker la quale mi pregò di perdonarlo per sta volta; disse che Albergoni  era pazzo d’amore per essa, e che la gelosia lo metteva fuori di sé, soggiunge che ambidue avevano errato nel bere, ma che d’ora innanzi non avrei più da lagnarmi né dell’uno, né dell’altra- Aspetterò Antinori.- Son giunti i Polacchi; dico i Polacchi  perché Mr.Lengott non conoscendo altra lingua fuorché la sua, si è fatto accompagnare da un suo amico che gli fa da dragomanno con noi.- Gli dissi subito che la persona da me aspettata non tarderebbe a giungere. Ne sembrò mortificato, e me ne rincrebbe.- Abbiamo girato il Tchifflik coi Polacchi, i quali lo giudicano molto esteso e molto buono.- Mr Lengott dirige bene i lavori della terra.- Nello scorso estate siamo stati bloccati dai Kurdi; ora siamo bloccati dai lupi che vengono sino alla porta di casa, ed entrerebbero se non fossero i cani; ma questi metterebbero in fuga tremila lupi.-

Eugenio è partito sarà un mese per andare dal Mehemei Bey capo dei Kurdi ed amico suo , a comprare del grano per 10 piastre la misura; e rivenderlo qui per 16 o anche 20. Vedremo se farà quest’affare, e come lo farà.- Maria sa bene il Turco, impara il disegno, lavora e studia. Ogni mattina si alza col giorno, e scende a dare agli uomini gli ordini per la giornata- Quando si alza il sole, Miss  Parker mi porta il caffé che prendo in letto, poi mi alzo, mi vesto, e m’occupo d’alcuni lavori femminili, o visito i malati se ve ne sono o cose simili- A mezzogiorno facciamo tutti colazione, quindi se il tempo è bello montiamo a cavallo  Maria, io, e i due Polacchi; rientrati Maria ed io  salghiamo in camera e si lavora o si studia sino al pranzo- Finito questo io vado a letto, non per dormire, ma per leggere, e scrivere in pace; Maria si ferma da basso un’altra oretta  dando lezioni di Turco e di Italiano all’uno, prendendo lezione di Polacco dall’altro, poi mi raggiunge- Diciamo le orazioni assieme, dopo di che Maria va, legge ad alta voce, ciò che ha scritto nella serata, e madre e figlia si abbandonano al sonno. Ho scoperto che il più giovane dei Polacchi  nutre disoneste mire rispetto a Maria.- La mia povera angioletta; degna di sedere fra gli angioli per la innocenza! Daché feci questa scoperta non posso più guardare quel giovane, anzi sentirmi come un fuoco  in petto.- Antonini, e Campana  gli hanno parlato come dovevano due galantuomini, e due amici miei.- Vedo l’ora che giunga l’Alsaziano e che questo imberbe libertino se ne vada. Albergoni è gravemente ammalato da circa tre settimane. Io lo curo con tutta la premura di cui sono capace, ma non ho buona idea dell’esito.

[1]      Orazio Antinori ( http://it.wikipedia.org/wiki/Orazio_Antinori )

29 novembre 1850 – Inseguite dal cane

By Diario turco - Prima parte

29 [novembre 1850] Sabbato (sic)

 

Bella giornata ma non così serena come al solito per cui temo si guasti il tempo. Viene il vecchio Nassan colla moglie ed un bimbo a consultarmi per una sua figlia affetta di paralisi dello sfintere della vescica. La moglie è giovane ed  è sola,ma succede ad altra morta. Viene pure un vecchio Turco colla terzana. Un altro Turco coi dolori reumatici.- Maria e Miss Parker escono a cavallo. Io vado ad incontrarle a piedi, poi proseguo la mia passeggiata con Maria dalla parte di  tramontana – A duecento passi da casa sentiamo il latrare feroce di un cane che ci spia stando sul monte – Dico a Maria di non turbarsi; che vedendoci a tirare  innanzi per la nostra via il cane non ci perseguiterà – Dissi male- Siamo esclusi dalla sua vista per un infrapposto colle; ma la sua voce ce lo indica sempre più vicino-

Fa silenzio; ci credian salve, quando volgendo la testa, ce lo vediamo a trenta passi dietro di noi che corre ed urla. Maria pensa di prender rifugio in una delle casupole abbandonate sparse sul monte .- Scavalchiamo una siepe, precipitiamo giù lungo un campo e giungiamo ad una capanna nella quale si entra dal primo piano salendo per una scala malagevole. Maria ch’é dinanzi sclama c’é una porta quindi vedendo che il cane ci sta proprio sopra entriamo in quella stanza, ci proviamo a chiudere la porta. Ma la porta non si chiude ossia non si attacca. Io però la assetto alla bellameglio e la mantengo col peso del mio corpo.  Ecco intanto il cane che gira intorno alla capannuccia mandando urli disperati, ai quali risponde il compagno sul monte- Mi guardo d’intorno, non un bastone; ho dimenticato il mio pugnale- Se il secondo cane si rende alla chiamata del primo, e se ambedue tentano di sforzare la porta io non potrò mantenerla lungo tempo- La nostra situazione era trista. Maria mi guardava in faccia per conoscere se il pericolo era grande, e vedendo il mio pallore tremava tutta- Stemmo così non so quanto tempo quand’io sento un rumor di passi- Dico a Maria di guardare per un pertugio- Io stessa spio per una fessura della porta e vedo il bianco turbante di Mé-Mé, Alì gridiamo ad una voce……. Eccomi,eccomi risponde e con un bastone scaccia il cane che urlando fugge. Esciamo allora, e ringraziamo prima Iddio, poi Alì, che dalla casa aveva scorto il nostro caso ed era tosto accorso in nostro aiuto, senza neppure darsi il tempo di calzarsi le scarpe. Torniamo a casa brancolando un poco, e raccontiamo la nostra avventura che spaventa ognuno. Eugenio dice che domani andrà fuori e darà una fucilata al cattivo cane- Faccia pure.- Ceno, e vo a letto.-

24-28 novembre 1850

By Diario turco - Prima parte

24.25.26.27.28. [novembre 1850] Domenica

Non ho scritto in questi giorni, perché nulla v’era da scrivere. Da due giorni però s’incominciò a lavorare la terra e subito si ruppero due aratri, per cui non ce ne rimane più che uno. I malati vengono in folla, ed avendo io giudicato che una cacciata di sangue era necessaria ad una povera donna asmatica, Eugenio operò- Oggi è venuto il vecchio Nassan al quale ho guarito una fanciulla che da molti anni era affetta d’incontinenza di orina. Il buon vecchio regalò un asino a Maria che sembrava impazzita per la gioia- Disse che aveva ancora bisogno del somaro per portare certa legna, ma che dimani lo ricondurrebbe a Maria. Fecimo una lunga passeggiata con Antonini che uccise 5 uccelli. Gli operai sono tornati, e spero domani si metteranno a lavorare alla cucina. Aspettiamo i viaggiatori da Costantinopoli, ma tardano.-

23 novembre 1850

By Diario turco - Prima parte

23  [novembre 1850]

 

Bellissimo tempo- Mentre sono ancora in letto viene uno dei nostri Turchi che tosse in modo da crepare, e mi chiede una medicina che gli do. Vengono poi altri malati. Sul tardi Maria ed io esciamo a cavallo; ma il mio Sig. Cur fa da matto come mai non fece ancora- Lavoro al mio quadretto di  cui sono molto soddisfatta e studio un po’ di Turco, e un po’ di botanica. A cena mangiamo uno dei dindi di Maria ch’é d’una  squisitezza straordinaria. Non so da che provenga questa eccellenza della polleria ma in nessuna parte ho saggiato nulla di paragonabile alla polleria di questi luoghi.

22 novembre 1850

By Diario turco - Prima parte

22 [novembre 1850] Lunedì [ in realtà venerdì ]

 

Tempo incerto, ma punto freddo- Eugenio parte per Safran Bolo. Anche gli operai partono avendo terminato le due scuderie.- Vengono tre malati, uno dei quali porta un bel dindo a Maria.- Esciamo a cavallo, tornate a casa ceniamo-Oggi ho incominciato a studiare un poco di botanica

21 novembre 1850

By Diario turco - Prima parte

21 [novembre 1850] Domenica [ in realtà giovedì]

Tempo nuvoloso, ma poco freddo- Eugenio va a Verandjer per del pane e delle tavole. Vengono tre donne con tre dindi. Viene un vecchio a consultarmi pel febbricitante. Esciamo a piedi con Maria ma facendoci accompagnare dai nostri tre cani- Disegno, e studio il Turco- Il vestibolo del primo piano ha le finestre e le tende. La casa incomincia ad avere un certo aspetto di civile-

19 novembre 1850

By Diario turco - Prima parte

19 [novembre 1850] Venerdi  [in realtà un martedì]

 

Tempo d’estate. Torna il Turco dal bel cavallo,ma io non lo vedo e discorre con Eugenio. Vengono pure altri Turchi amici di Eugenio. Torna il ragazzo dal collo malato che stà meglio; mi porta un canestro d’uova, ed io gli dò un altra  bottiglia di decotto di salza pariglia, e della pomata di Ioduro di potassa.- Facciamo la solita passeggiata a cavallo, ceniamo con un buon pesce e andiamo a coricarci. Ho cominciato un disegno a pastello delle due schiave di Ahmet Paschà già principe tributario dei Kurdi e destituito perché intrigava colla Russia

18 novembre 1850

By Diario turco - Prima parte

18 Novembre [1850] . Giovedì. [In realtà un lunedì]

 

Bellissimo tempo e caldo- Eugenio parte pel Bazar a Verandyer .Dopo colazione Maria ed io montiamo a cavallo. Al ritorno troviamo tre donne, e un uomo malati che mi aspettano ed hanno portato cinque dindi – La donna ha una affezione d’utero. L’uomo ha un escrescenza ulcerosa all’ano. Torna Eugenio e porta del burro fresco, e salato, del pesce e delle castagne-

17 novembre 1850

By Diario turco - Prima parte

17 Novembre  [1850] Mercoledì [in realtà una domenica]

 

– Giornata di primavera- Sole caldissimo; cielo senza una nube; aria senza un soffio di vento- Dopo colazione Maria insistendo mi risolvo per soddisfarla ad accompagnarla a cavallo; ma appena fuori mi congratulai meco stessa per una tale risoluzione, mentre tempo più gradevole è impossibile a trovare- Di ritorno in casa, e prima del tramonto escì di nuovo a far  quattro passi.- Scrissi  alcune lettere, una a Tierry ; una a M.re Faubert, ed una a mia sorella Teresa. Cenato e andato a letto.-

16 novembre 1850

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16 Novembre [1850]

 

Tempo dubbio ma freddo- Manchiamo di carne, e quel ch’è peggio di danaro. Eugenio sta in grandi angustie pensando a trovare un ripiego – Ecco giunge un Turco amico suo che con somma premura viene a chiedergli un consiglio. Il lupo ha durante la notte scorsa malamente morsicato la coda di un suo bufalo cosicché il povero  Turco teme di perdere la sua bestia- Benedetto lupo! Esclama

Eugenio in se stesso; Devi per certo essere un mio parente! Rivolto al Turco gli dice serio, serio : che il suo bufalo è rovinato, né gli rimane altro partito che di tosto ucciderlo prima che si dichiari la malattia-Ma, e che farò di cento oche di carne ? risponde il Turco- Te la piglierò io dice Eugenio , per un amico non si può far di meno. Il Turco ringrazia e benedice Eugenio, che gli manda dietro un cavallo per portarci la carne.- Maria e Miss Parker sono escite a cavallo; io però rimasi in casa perché mi duole l’orecchio. è venuto un Turco benissimo montato, che ha chiesto di veder la mia camera e ne rimase incantato- Vennero anche due ammalati- Eugenio è andato a Safran Bolo- Verso sera è tornato il Turco col nostro cavallo e 75 oche di carne.

15 novembre 1850

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15 Novembre [1850]

 

– Nevica-  Primo giorno d’inverno- La neve cadde abbondantemente durante mezz’ora con un vento di tramontana freddissimo. Cangiatosi quello, cessò la neve, né rimase sul terreno- Stasera pare che il tempo voglia rasserenarsi. Ho dimenticato di avvertire che il giorno medesimo della partenza di Pastori giunse da Saf.B. Nagi Atanaj con sette operai, per fabbricare le nostre stalle, cogli avanzi e sul posto del vecchio diroccato castello- Lavorano valorosamente, e spero veder terminata in pochi giorni l’opera loro.- Oggi però essendo domenica non hanno lavorato.- Stasera è tornato Eugenio mezzo impietrito dal freddo. Non ha portato notizie, e dice che i banchieri non ebbero ancora avviso che la lettera di Pastori (per le mila piastre) sia stata accettata.-

13 novembre 1850 – Partenza di Pastori

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13 Novembre [1850]

 

Pastori è partito or sono due giorni. Sinché rimase qui io non ebbi né tempo né voglia di  continuare queste note. Quante cose mi premeva di conoscere? E quante premeva a lui di dirmi! Quante istruzioni da dargli? Quante reciproche raccomandazioni,  quanti concerti, quante promesse.- I miei interessi con Eugenio furono da Pastori  assestati come io desideravo, anzi meglio, Pastori si è fatto rilasciare una dichiarazione statuente che Eugenio non ha  più nulla a ripetere da me né sul fondo, né sui mobili, bestiami, attrezzi etc. Siamo pure rimasti d’accordo che mi spedirebbe da Costantinopoli un servo europeo ed un muratore, insieme con un dragomanno così potrò parlare, e spiegarmi coi Turchi senza l’intervento d’Eugenio. Ho stipulato il trattamento di Pastori: seimila lire all’anno che si accresceranno di altre lire A. 1500 dopo vent’anni di servizio. Una gratificazione di lire A.10.000 per l’opera prestatami fin qui. Più il 10 per cento (100)  sopra ogni aumento del mio reddito. Pastori rimase contento, né io potevo fare di più, sebbene egli guadagnasse colla professione cui rinunziò per amor mio 10  o 12 mila lire all’anno, oltreché un suo collega ne guadagnò l’anno scorso 2000. Essendo ormai chiuse tutte le università in Lombardia, gli studi non proseguono altrimenti, che sotto professori privatisti. Pastori non si  tratterrà a Milano che poche settimane, quindi si recherà a Parigi, e passando per Torino intavolerà le trattative per la vendita del medagliere- Spero poi di rivederlo qui nella prossima primavera. Quando qui giunse, era mal disposto verso la mia valle; ma poco a poco si ravvide.- La mitezza del clima e la salubrità dell’aria lo incantavano. Disse che mai non aveva avuto tanto appetito e sebbene invece di polli a lesso, e polli arrosto mangiasse il mangiar forte e grossolano di queste contrade . Mai si lagnò di dolor di stomaco. Insomma ripartì riconciliato col mio ritiro. Qui durante il suo soggiorno nulla accadde di rilevante . Eugenio comperò 150 anzi 180 capre a 35 piastre cadauna, ma non sono ancor giunte.

Abbiamo ora 7 Dindi, un gallo, e una gallina, questi ultimi mi sono stati regalati a titolo Baqci da una donna che mi condusse il figlio malato da visitare. I consulti vanno crescendo di numero, e sempre questa buona gente mi vuol regalare qualche cosa.- Le casse tutte sono arrivate, i monili sono in discreta condizione, e la mia camera è in buon ordine- L’ho tappezzata con delle vecchie tende di damasco di lana verde , ch’erano nell’anticamera del primo piano a Locate . Antonini lavora indefessamente. Dopo di aver terminato i serramenti della mia camera ha principiato quelli del balcone e saranno presto terminati-Ho fatto per Pastori il mio ritratto e quello di Maria, che son venuti bene. Ora che ho finito (o quasi) il lavoro del tapezziere, mi metterò seriamente allo studio- Quante cose mi propongo di fare! Dio mi conservi in questa tranquillità e buona salute! D’ora innanzi non tralascerò di notare ogni sera gli avvenimenti, quali sieno, del giorno.-

31 ottobre 1850

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31 Ottobre [1850]

 

Eugenio parte per Verandjer onde andare a trovare dei contadini che lavorino la terra- Il tempo è piovoso.- Trattiamo di affari con Pastori;passeggiamo un poco; poi torna Eugenio e ci porta la notizia dell’arrivo delle mie casse. Riparte per andare a comprare della farina al vicino villaggio.

30 ottobre 1850

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30 Ottobre [1850]

 

Viene Malil Bey e mi parla della cognata- Dice che egli   non ha  che una sola moglie, e mi chiede scherzando se voglio essere la seconda- Dico di no perché due mogli in una casa non possono stare in pace. Ride assai, ed approva- Viene il ragazzo. Fa orrore, e pietà. Gli curano la piaga mettendovi sopra del marmo pesto- Temo assai sia troppo tardi, e mi meraviglierebbe assai, perché tanto esso, quanto la madre m’interessano-Questa mi abbraccia ad ogni momento, ed esclama Allah- Mi consultano pure due vecchi-  L’uno  per uno sforzo ad una gamba di poca entità-L’altro per una palpitazione alla bocca dello stomaco, la quale potrebbe dipendere da un aneurisma della vena porta.- Soffre di mancamento di respiro, ma non di dolori- Gli do un poco d’acqua di menta. Viene l’uomo di Jacobdie mi annunzia la di lui morte, e mi riporta le medicine, le quali non servivano- I bufali sono andati così lungi che non li possiamo trovare, e siamo costretti a mandare Cucay a cavallo – Si trovano, ma la bufalessa non dà latte- A notte torna Eugenio.-

29 ottobre 1850

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29 Ottobre [1850]

Stiamo ancora sui nostri materazzi prendendo il caffé, quando Eugenio viene a chiedere cosa deve scrivere a Ismael Bey.Dico gli scriva che il mio procuratore tornerà fra una diecina di giorni a Costantinopoli e gli porterà il danaro,ossia metà delle 5000 piastre , poiche il fratello di lui Mehemmed Bey mette opposizione al pagamento di 2500 piastre. Eugenio vorrebbe che gli spedissimo invece un’ordine sopra Alleon ma Pastori preferisce pagargli il danaro in persona. Chiede ancora Eugenio trecento piastre per pagare il legname portato negli scorsi giorni.-Pastori però dice di aver soltanto il danaro che gli occorre pel viaggio e di non potersene spogliare- Si finisce che Pastori presta 200 piastre le quali Eugenio deve restituirgli tornando da Saffran Bolo; più manda un ordine ad Alleon per mille piastre da pagarsi al Banchiere di Saffran Bolo. Eugenio parte per Saffran Bolo, e Pastori col suo dragomanno per la caccia. Torna Pastori con due dressi – Andiamo a passeggiare verso le risaie –

Nel ritornare incontriamo una numerosa cavalcata,composta di una Signora colla cameriera e di cinque o sei signori Turchi. Vedo subito che son persone di qualità.- Mi salutano e chiedono di Eugenio. Eugenio non c’è- La Signora mi dice essere ammalata e mi vuole consultare, ma non vuole entrare in casa avendo molta fretta. Si ritira dunque sotto la tenda ed incomincio ad interrogarla- Ha una malattia della spina dorsale con sintomi sterici e cardiaci- Chiedo se ebbe figli, quando, e se li allattò. Mi risponde averne avuto uno solo, due anni sono, ma non averlo veduto neppure ché ce lo strapparono non so se dice appena nato, o prima che nascesse .Mi prega a dirle se potrà giungere in vita a Costantinopoli ove si dirige ed a  aiutarla a tollerare la fatica del viaggio. Quando le dico che giungerà a Costantinopoli si rallegra tutta. Soggiungo che ivi  giunta conviene o si curi seriamente, o si prepari a gravi patimenti,e dessa mi risponde con indifferenza ed  allegria,come se si trattasse di una terza persona. Le do dello sciroppo di papaveri e del muschio da prendersi lunghesso la via ed essa si accommiata. Chiedo dopo chi sia e mi risponde essere la seconda moglie di Ismael Bey. Ismael è il fratello dell’antico Signore di queste contrade principe di Verandjer che si rese indipendente sotto Mahmond. Questi gli mandò incontro un grosso esercito, contro il quale egli lungamente si difese, ma poi sopraffatto dall’artiglieria Imperiale dovette arrendersi, vedere la sua città distrutta, e sotto promessa di amnistia recarsi a Costantinopoli, ove tre giorni dopo fu strangolato. Il fratello Ismael Bey sposò la vedova bellissima donna,  ma in breve sedotto dalle arti di una altra donna e dei parenti di lei volle dare alla prima una rivale e compagna, al che essa non acconsentì- Ismael Bey allora ripudiava la sposa cognata, e la sposa nuova amata- Poco durò peraltro quest’amore, ché la prima moglie mise tutto in opera per ricondurre a se lo sposo e per rendergli odiosa la seconda moglie . Successe nell’intento. Ismael Bey, si meravigliava di aver potuto preferire una si brutta donna ad altra si bella; maltrattava quella vantava questa- Insomma ripudiò la seconda e ripigliò la prima, soggiacendo però alla legge che prescrive certe formalità assai dispiacenti allo sposo posto in tale frangente.- Del parto della seconda io non ho sentito parlare.- Forse che ora questa si reca a Costantinopoli con la speranza di poter riacquistare il marito? Certo si è che anch’essa è bella forse non tanto quanto la rivale, ma più del consueto. Viene un contadino a consultarmi per la febbre. Mi chiede  di visitare un ragazzetto suo cognato che ha male ad un piede, e dice di condurmelo l’indomani.

28 ottobre 1850 – Arrivo di Pastori

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28 Ottobre [1850]

 

Vengono molti bufali dei quali Eugenio compra due maschi, e due femmine una col vitello e l’altra pregna- Gli chiedo con che denari ed ei mi risponde: con parole.  Il Banchiere di Saffran Bolo gli ha prestato però duemila piastre. Facciamo colazione quando sento un calpestio di cavalli, alzo gli occhi e vedo un uomo vestito all’Europea: Un Europeo sclamo io: due Europei! Tutti ci alziamo: è Pastori, è Pastori! – è propriamente Pastori accompagnato da un dragomanno- Gli salto al collo, e provo una gioia veramente indicibile. Pastori mi dice che le mie casse da Genova vengono dietro a lui, né possono tardare più di mezz’ora. Le casse di mobili giungeranno fra due o tre giorni. Ma egli non si può trattenere oltre una settimana e mezza-  Scema assai il mio contento- Giungono le casse. Vi trovo molte cose  che mi sono care; ma anche molte cose inutili in questo luogo. Pastori mi racconta fatti incredibili  di quei bricconi che si erano proposti di dividermi il mio patrimonio. Egli mi ha salvato ma conviene lavori ancora molti mesi prima di poter rimanere presso di me . Discorriamo di una ed altra cosa, di questo, e quello, e così passa il giorno- La sera non vi essendo una camera di libertà stendo il materazzo di Pastori vicino ai nostri, e dormiamo tutti assieme come nella bella o brutta età dell’oro. Io sono tuttora così agitata che non trovo sonno.

27 ottobre 1850

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27 Ottobre [1850]

Un contadino è venuto ad informarci, che ferì un’ altro cinghiale più grosso del primo, ma ancora non si è trovato- Lettere per me non ce ne sono, ed io non so che pensare della venuta di  Pastori. Gli arabadjé sono  partiti ed hanno lasciato i bufali e l’arabà. Antonini lavora al suolo della mia stanza- Io vado a caccia di lumache e di noci.-. Viene la sera; ceno e vado a dormire.-

26 ottobre 1850

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26 Ottobre [1850]

 

Eugenio mi porta il caffé, e mi dice che la famiglia del malato mi aspetta con impazienza. Anche la nostra padrona di casa ha una bambina con la febbre che si crede il vaiolo-  La visito, ma non vedo sintomi evidenti di questo male- Può essere una gastrica- Vado a vedere l’altro ammalato- Par consunto, e mi accusa abbondantissimi e costanti sudori. Osservo però che è rinchiuso in piccola stanza, coperto, e ricoperto di pellicce, sdraiato dentro del focolare come un quarto di manzo che si arrostisce, circondato da una quindicina di amici e parenti- Raccomando  invece aria e tranquillità, e forse questo solo cangiamento di regime lo ristorerà. Soffre di un dolore (sembra reumatico) alla coscia, e di un ingorgo glandolare all’inguine dello stesso lato. Il dolore può essere cagionato dall’ingorgo . Raccomando delle unzioni di olio, e impiastri di linosa, gli pongo un vescicante alla parte interna della coscia, e gli lascio un po’ d’acetato di morfina per medicarlo. Se il diverso ambiente non lo conforta, credo il suo stato senza rimedio-  La moglie ch’é robustissima dee essere per ora allontanata da lui- Anche il padre della moglie mi consulta per una affezione di fegato che gli cagiona delle convulsioni, e potrebbe degenerare in epilessia- Finite le mie visite io voglio partire- Eugenio vorrebbe restare per terminare un imprestito di 2000 piastre che gli fa la compagnia; io lo prego di restar solo, ma persisto nel voler partire.- Allora ei dice che verrà pure; ma bisogna aspettare che arrivi il corriere, che sia ferrato uno dei cavalli, che sia fatta la barba a Cucaj, e che sieno comperate varie sostanze di cui abbisogna per la mia farmacia- Aspetta, aspetta; sono le due. Giungono finalmente i medicamenti che avevo fatto cercare; e Cucaj con una lettera per Eugenio, e il cavallo. La lettera è d’Ismael Bej il quale accenna di essere stato dal  Barone Tecco a fare inchiesta del suo denaro ed avergli il Barone risposto, che il danaro non era arrivato ancora, ma che il mio procuratore aveva scritto doversi aspettare di giorno in giorno a  Costantinopoli- Esservi ritornato alcuni giorni dopo ed avere udito dal suddetto Barone, che il mio procuratore era arrivato ed era ripartito da due giorni per raggiungermi in Asia. Dunque Pastori dovrebbe esser vicino, ma io non vi so credere e vado fantasticando cosa possa aver detto il Barone che sia stato così frainteso da Ismael Bej- Partiamo da Saffran Bolo; ma annotta prima che giungiamo al passo del torrente- Passato questo Eugenio dice che meglio sarebbe fermarsi qualche ora sinché si alzi la luna, e poi ripigliare il nostro cammino. Cosi facciamo- La luna però non comparisce, e si compie il nostro viaggio nelle tenebre più perfette. Si giunge al Conach alle 12 della sera, che tutti sono coricati, né più ci aspettano; ma sentono la voce di Maria  che chiama i cani, e ci vengono ad  incontrare. Il mio materazzo mi pare un soffice letto di piume-

25 ottobre 1850

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25 Ottobre [1850]

Partiamo verso le otto per Saffran Bolo, Maria, Eugenio, ed io. Il mio cavallo soffre ai piedi, eppure furono tutti ferrati ieri, ma questo mio bucefalo è tanto cattivo che nessuno può ardire piantargli i chiodi nella coruca.- Però quando è montato da me, diventa un agnello- Io gli voglio più bene che non volli a una bestia- Eugenio è contento perché prima, che partissimo giunsero  due muratori da Baiendur, e lavorano da capo al pagliaio ed alla stalla- Dopo un’ora di viaggio Eugenio mi propone di allungare la strada di un’ora e mezzo per andare a far visita a certo Midir suo amico vecchio. Acconsento, e pieghiamo verso occidente- Giungiamo in vista di un piccolo villaggio fra i monti e ci fermiamo sotto alcune piante per far colazione. Appena seduti sull’erba, ecco venire dal villaggio una moltitudine di gente portando chi uva, chi pomi, chi una certa faccenda in un secchio, che a prima vista mi sconvolse lo stomaco.

Ma invitata  reiteratamente ad assaggiarla, e conoscendo per esperienza, il poco rispetto di questi popoli per l’estetica, ne misi di quella roba un cucchiaio in bocca- Squisitissima! Sono di quelle mele così fatte, di cui già feci cenno, cotte col sugo d’uva invece di zucchero- Non c’é Confiteur  francese che faccia meglio.-Mangiato, ringraziato, messo via un paniere di uve, ricevute e ritornate mille benedizioni, rimontiamo in sella.  Strade pessime- Passiamo per un antico santuario Cristiano , ove erano alcuni marmi scolpiti, e fra gli altri un bell’agnello; ma furono distrutti- Ora serve di sepolcro a persone di qualità ed il terreno all’intorno di cimitero- Due ore di poi giungiamo alla residenza del Midir.é questo superstite fratello di un certo Ariut Pachà  feudatario ribelle dell’Asia Minore che fu strangolato, saran  venti o venticinque anni indietro a Stamboul. Il fratello che si accontentò dell’umile condizione di Midir, e dei sensuali godimenti del divoto Musulmano, vive tuttora e vegeta in una filosofica indifferenza di ogni cosa, che non tocca il sé- Questo benedetto sé trovavasi però in quel punto leggermente sconcertato da una tosse con accompagnamento di mal di capo, e di  oppressione che lo faceva assomigliare più ad un uomo ubriaco che ad altro.

Richiesto Eugenio dal Midir se io sapevo di medicina, e risposto che si, mi pregò di guarirlo- Gli ordinai una cacciata di sangue, del the, e dieta.-Ma non mi obbedirà- Mentre fumavo il narghilé il Midir si mostrava assai ansioso di mandarmi nel suo Harem.- Vi andai dunque, credendo si trattasse di una visita- Ma appena entrata fui assalita da una parte con commestibili, dall’altra con riclami alla mia scienza medica. Il  Midir aveva sposata la vedova del fratello ma dopo alquanto tempo trovandola troppo vecchia ne pigliò una seconda Costantinopolitana la quale presto si ammalo’:  ebbe cinque figli, quattro dei quali  morirono,e continua a languire. Mi interessa poco perché parla come una macchina a vapore di ottocento cavalli, ed è molto insolente con la povera vecchia moglie la quale soffre pazientemente, e sembra una regina presso a colei.- Trovo che la  Costantinopolitana soffre di palpitazione, e di male al cuore; male che non farebbe morire i suoi figlioli appena nati se non provenisse da uno sconcerto dell’utero ossia del sangue- In due parole, giudicandola anche dal colore la credo clorotica.  L’assicuro che guarirà.- Stava ancora parlando con essa, quando mi sento pigliar per le gambe- Mi volto e vedo inginocchiata la vecchia moglie che piange forte, e mi supplica di non so che.-La prego a comandarmi  liberamente, e mi dice in mezzo a singhiozzi che un figlio suo sta per morire, e che io lo posso salvare se consento a vederlo. Chiedo dov’é, ma non intendo la risposta, mando a cercare Eugenio perché mi spieghi di che si tratta. Eugenio si ferma sulla scala, noi donne nel vestibolo di sopra, e si intavola la conversazione. Io. C’è qui una buona vecchia che mi scongiura di guarire non so chi, di non so che, il quale malato sta non so dove. Ditele che mi si spieghi- La vecchia parla Turco.-Eugenio- Trattasi di un suo parente che sta male assai, di una malattia che dev’essere molto brutta, dicendo la vecchia di  piaghe nere sulle gambe.-Io – Lo vedrò e farò ogni sforzo per giovargli, ma dove sta? Eugenio. In una casa qui presso -Volete  andare? – Io. Subito .Dite alla vecchia che mi accompagni. Ma ecco in queste donne risvegliarsi il sentimento della ospitalità, un momento dimenticato per un sentimento più intenso . Non vogliono assolutamente ch’io me ne vada sino a che non ho mangiato della roba loro.- Miele, latte  eccellente, piccioli formaggi secchi, noci, castagne, focacce, mele, uve, ecco cosa mi pongono innanzi. Assaggio un pò di miele, e di latte, poi mi alzo, e faccio segno alla vecchia che mi conduca.-Lascio Maria coll’altre donne e partiamo .La vecchia piange sempre, e mi stringe le mani .Giungiamo in una casa, e salendo le scale sento il puzzo delle piaghe purulenti. Entro nella stanza e trovo un giovane di circa 22 anni sdraiato su di un materazzo in terra, che si lagna ,e appena può parlare.Mi accosto; e mi piglia l’orlo della vesta, la bacia  giunge le mani,e mi grida Namman Namman,vi prego vi prego-Poi cava fuori un’altra volta le mani di sotto le coltri,e mi fa il segno Turco per danaro dicendomi: perà ciocch-Gli rispondo: parà iocch-Allah. E sembra interdermi perché risponde Evallah Allah Nammanik! Chiamo Eugenio per dragomanno

L’infermo ha febbre violenta, vedo che le fauci sono affette; che le carni del naso e delle guance principalmente intorno agli occhi stanno per aprirsi, chiedo se vi sieno altre piaghe, e mi si mostrano due cancheri alle gambe; voglio sapere come venne questa malattia; se dalla nascita o acquistata di poi- Eugenio mi traduce la sua risposta- Il suo male, è mal venereo acquistato cinque anni fa. Un cerretano gli fece certe fumigazioni di mercurio che lo ridussero finalmente in questo stato- Le gengive , il palato, e le fauci lo fanno più d’ogni altra cosa soffrire. M’informo se vi sono sintomi di affezione di qualche viscere essenziale.  Pare che no- Può dunque riaversi quando sia ben curato; ma quelle piaghe vogliono una assistenza di tutti i giorni, ed io non posso prestargliela a questa distanza- Dica dunque che se ci può farsi trasportare vicino a me, quasi mi riprometto di salvarlo; altrimenti no.- Dice che verrà, e dicono così anche i parenti – Ma il trasporto sarà difficile assai. Quando Dio vuole ci rimettiamo in sella; ma è tardi, e non arriveremo  a Saffran Bolo che ad un’ora di notte. Così è – Io sono mezza sfinita per fame, freddo, e sonno- Mangio e vado a letto , ma le pulci mi tengono sveglia sin tardi assai.

24 ottobre 1850

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24 Ottobre [1850]

Antonini termina di fare i salami. Io lavoro e leggo un poco, ma non sono disposta allo studio. Preparo certa seta che abbiamo scoperto su pei monti, e di cui forse potremo trar partito. Eugenio non avendo più danari, e dovendo pagare il trasporto delle nostre casse, si decide a partire domani per Saffran Bolo-

Top-chien mi prega di visitare sua moglie e sua figlia ambedue malatticce -La madre è tormentata dalle febbri- La figlia da un ingorgo al fegato proveniente da cessate febbri- Ordino all’una il chinino, all’altra un legger purgante.-

23 ottobre 1850

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23 Ottobre [1850]

Appena sveglia sento da lontano un suono di voci, e vedo un convoglio che si avanza – Sono le nostre casse. Eccole – Si sballa la roba.- Tutto è in buon essere.- Antonini comincerà dimani ad assettare la casa- Eugenio vorrebbe comprare i bufali e l’arabà di uno dei nostri  arabadje – Tutto l’equipaggio costa 1600 piastre; ma i bufali sono magnifici- Giunge il ferito. Il suo ginocchio ch’io medicai è guarito. Non così il piede nel quale temo siasi formato un ascesso. Lo medico e gli dico di tornare due giorni dopo.

22 ottobre 1850

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22 Ottobre [1850]

Eugenio parte due ore prima dell’alba per Baium- Io faccio il mio corriere ; poi verso il tramontar del sole vado incontro ad Eugenio ed alla roba- Torna Eugenio ma gli Arabà non verranno prima di domani- Pazienza!

21 ottobre 1850

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21 Ottobre [1850]

Si continuano i lavori tutto il giorno, meno un’ora di cavalcatura- Vengono vari Turchi che chiedono di Eugenio. Si fabbrica un forno, perché il pane torna troppo caro a comprarlo. Viene  Mohammed Bey e porta cavoli,rape, zucche, funghi  etc.Si riempie il nostro granaio. Eugenio va a fare una visita poco distante, e torna con un fazzoletto pieno di bellissima uva. Stagione affatto estiva- Poco prima di pranzo passa una compagnia di zingari, accompagnati da un grosso cane- I nostri gli si avventano contro, principalmente Chacal che lo vorrebbe divorare, e ne riman ferito. A stento li dividiamo, che Chacal si lascerebbe fare a pezzi piuttosto che ritirarsi dal combattimento. Ma non ho detto ancora chi sia Chacal. Il bel giorno che qui giungemmo il cane del guardiano venne fuori col suo padrone a vedere chi fossimo,e non ci lasciò più.- Finché abitammo la tenda, esso stava notte e giorno innanzi la porta di quella non permettendo ad alcuno di approssimarsi . Dopo che siamo in casa egli pure si è trasportato presso la casa, ma sta in modo da in- vigilare ad un tempo la tenda e la casa- Per due notti il suo padrone lo tenne legato alla casa sua, ma il povero cane metteva urli sì lamentevoli,che non ci fu verso di dormire per nessuno. Dunque lo lasciò andare, e il cane subito qui- Che idea sta nel cervello di quel povero animale? Che cosa siamo noi per lui? Chi può rispondere? – Oggi finito il forno gli operai non vollero rimanersene più, e se ne tornarono a Saffran Bolo.- Ecco dunque interrotti i nostri lavori.-Già stavamo per addormentarci qundo giungono vari uomini a cavallo e sentiamo le parole Arabà, e Aravadje ripetute in varie guise – Che ! Son forse arrivate le nostre robe? Vien fuori Eugenio, e dice che sono arrivate ma a Baium due o tre ore da qui- Giunge pure un messo da Saffan Bolo pregandomi a recarmi costà per visitare un infermo assai aggravato- Vi andrò subito arrivata la roba e la farmacia .

 

20 ottobre 1850

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20 Ottobre [1850]

Eugenio parte per Verandjeir per comprare sale e pepe, e noi stiamo a casa a lavorare dietro la bestia- La casa si converte in un macello. I cavalli sbuffano e si agitano- Andiamo a fare un giro a cavallo verso il vecchio castello.

 

19 ottobre 1850

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19 Ottobre [1850]

Mi alzo, e scendo prima che si  levi il sole per decidere con Eugenio del sito ove si deve fabbricare il pagliaio, la scuderia,   la stalla etc.- Restiamo d’accordo, e cominciarono i lavori. Viene a posare sul muro in faccia della mia finestra una pernice, ma Campana ha portato via lo schioppo. Campana sta fuori un’ora, e la pernice sembra lo spetti- tornato il cacciatore sventurato,  Eugenio gli piglia il fucile ed  ammazza la pernice. Anche Campana però aveva ucciso due tordi. Eugenio ha comperato al villano Tap Cem una pianta di bellissime mele a ragione di 10 para l’oca (un soldo di Francia le 42 once) Andiamo a raccoglierle- Eugenio mi chiama per informarmi che un contadino ci ha ucciso un cinghiale. Ne ha portato la punta dell’occhio per testimonio, e dice che è una bestia di cento oche

Buona giornata!  Si darà un venti piastre al cacciatore, e per questo prezzo avremo quanti cinghiali vogliamo, o potremo desiderare-  Sul pomo si raccolgono forse cento oche di mela . Ci conducono l’acqua dal monte sino ai piedi della casa.-Sento per caso che Eugenio vendette  il suo orologio. Quando, quando giungeranno i miei   danari !!!  Antonini, Cucay, ed il cacciatore del cinghiale partono per andare a prendere la gran bestia sul monte. Tornano a notte col cinghiale che è più grosso di un vitello.

18 ottobre 1850

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18 Ottobre  [1850]

Mi sento assai male. Il tempo è bello,  ma il vento è freddo. Pure mi  risolvo d’uscire a cavallo per compiacere Maria. Partiamo un poco tardi, perché Antonini ha salito il mio gran monte, e non ritorna sino a dopo mezzodì. Andiamo sino al vecchio castello dell’altra parte del fiume, e ci ritiriamo. Andando in cerca di noci troviamo una gran quantità d’uva selvaggia ma buona. Si cena.-

Torna Eugenio con quattro muratori, e ci annuncia il prossimo arrivo di altre provviste, come di paglia pei bestiami, di grano etc- Ha dunque trovato danaro.

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