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turchia

12 ottobre 1851

By turchia

12 Ottobre 1851

Che clima!
Siamo in pieno estate; e le notti sono così miti,  e le mattine così senza rugiada  che pare un sogno.
Eugenio ordina che si pulisca la casa, e parte per Safran Bolo lasciandoci soli. Si fa le mostre di pulire la casa; ma non si fa niente.

Andiamo al fiume a far bucato; accomodiamo le cose nostre, facciamo da mangiare,e mangiamo, poi venuta l’ora tarda andiamo a fare un giro. Rimasta un poco indietro con C. egli mi fa una dichiarazione.
Dio mio! Che ridicolaggini! Se mi fossi figurata una cosa simile non lo avrei condotto meco.
Ma chi potea pensare che un’ uomo si riservato, e si giudizioso desse in tali pazzie? Basta, l’ho pregato di non parlarmene altrimenti, e farò attenzione a non fornirgli l’opportunità di disobbedirmi.

Tornati a casa, ceniamo e ci corichiamo sotto la tenda.

 

Note:

C = Campana?

9 ottobre 1851

By turchia

9 Ottobre [1851]

 

Al momento di montare in sella, ci accorgiamo che il mio cavallo zoppica- Si dice che ciò provenga da una indigestione di orzo-

Convien condurlo alla Città, ove viene medicato, e ferrato, poi lo prendiamo con noi a mano-Io monto il cavallo di Eugenio-Facciamo colazione ad un sito un’ora distante dalla città. Poco dopo giungiamo ad un Khan,il cui padrone è un bel vecchio già capo di briganti.-

Egli mi dà la benvenuta,e mi prega di non molestarlo perché Turco.

Io gli dico: Allah senim, Allah benim eulere. Ed egli soddisfatto soggiunge che tutte le cose di questa terra e del cielo sono di quest’unico Signore. Mentre ci parlava così venivano le lagrime agli occhi a me ed a chi lo intendeva. Rimessisi per via, si giunge verso sera ad un Derwen distante sei ore da Bolo . Comincia a piovere , ed io mi sento presa da brividi che mi fanno temere della febbre . Scesa appena da cavallo, e mentre si sta preparando la tenda, il fuoco, e la cena, entro nel Derwen per iscaldarmi. Vi trovo vari Turchi .-

Uno fra gli altri giovane ed avvenente mi colma di gentilezze. Mi aggiusta cuscini e tappeti dinanzi al focolare, accende un bel fuoco mi fa portare un narghilé ed il caffé, vuol darmi del suo Tombeki, che portò da Bagdad,mi caccia per forza in mano dei confetti,mi prega di comandarlo in qualunque cosa etc.-Vengono ad avvertirmi essere pronta la tenda,e mi accommiato dal galante cavaliere.- Ma un ora dopo,mentre me ne stavo avvolta nelle coperte,che appena mi riparavano dal vento, e dalla pioggia,sento uno strepito di voci irate fuori dalla tenda,e riconosco la voce del mio paladino,che pronunzia replicatamente Tombeki, e la voce tonante di Eugenio che bestemmiava, opponendosi a non so che –

Figurandomi però che fosse un male inteso,grido da dentro ad Eugenio che quel Signore mi diede già del suo Tombeki, e me ne offerse per la sera. Ma Eugenio risponde che quel Sig.re è un birbante, un’ubbriacone,il quale sotto pretesto di Tombeki vuol penetrare nella tenda ove sto coricata. Non so che dire, e non insisto,non essendo per certo mia intenzione di accordargli tali libertà.- Mi accorgo poi di avere smarrito un guanto nel Derwen ove fui a scaldarmi, e dico ad Eugenio di farne ricerca. Alla mattina seguente Eugenio mi dice che il Turco dalla bella barba se n’era impadronito ed avea dichiarato di volerlo serbare ad ogni costo per memoria mia,cosicché egli fù costretto a minacciare di farlo legare e condur prigione, dopo la quale minaccia il guanto venne fuori e mi fu riportato. Notte tempestosa assai- Pioggia dirotta,vento,tuoni,lampi.

8 ottobre 1851

By turchia

8 Ottobre [1851]

 

Partiti alla mattina,dopo tre ore di viaggio, Eugenio piglia a mano manca verso Bolo , e noi a mano dritta verso il bagno. Smarriamo la strada, ed erriamo per ben tre ore . Giunti verso le due pomeridiane spieghiamo la tenda,e ci occupiamo di mettere in assetto le nostre cose -Arriva Eugenio – Passeggiamo cogliendo frutti selvatici,sinché tramonta il Sole-Andiamo nel bagno io,e Maria;

poi a letto, ove ceniamo.-

7 ottobre 1851

By turchia

7 Ottobre [1851]

 

Fatta colazione ed allestita, vado con Maria a visitare, e ringraziare la Signora. Il marito suo era altre volte un principe dei più ricchi,e dei più potenti dell’Asia Minore . Era uno di quei feudatari,che il Luigi XI della Turchia sconfisse ,e ridusse al nulla.-

La casa sua rassomiglia piuttosto ad una stalla che ad altro – Fui ricevuta da più donne che mi condussero sù per una scala diroccata in un salotto, ove stavano le padrone di casa, ché Ali Bey ha due mogli. La più vecchia deve essere stata assai bella ed ha un aspetto maestoso ,e malinconico che si addice alla sua condizione di Prin. decaduta . La seconda più giovane,pare una vera pettegola di basso stato e fu sposata da Ali Bey perché la prima moglie non aveva avuto figli. Questa non cadde nel medesimo mancamento ,che mi presentò mezza dozzina di scimmiotti ,quasi ignudi chiamandoli suoi figli .Il buon esempio però è una bella cosa, poiché la prima moglie cavò anch’essa da sotto un mucchio di cuscini un bimba di tre anni che mi disse esser sua .- Chi fece il miracolo? Ali Bey senz’altro.- Dopo mezz’ora di conversazione muta, presi licenza,e partimmo. Fatta colazione a Dari Kan- Dari Kan è tenuto da un Armeno per nome Hagi Baba che fu un tempo uno dei più ricchi Signori di quella nazione.- Caduto in bassa fortuna,e rimasto con 25 franchi di sua proprietà,si comperò con questi quel Kan e si pose a coltivare il terreno all’intorno – Partiti dopo colazione e giunti alla sera sulla cima della montagna di Bolo[1], sito magnifico .Comperato un giovane cane mastino che chiamiamo Beck-shi ossia guardiano.

[1]      L’attuale Bolu.

5 ottobre 1851

By turchia

5 Ottobre [1851]

Passiamo Adar ; giungiamo al fiume[1],che si passa in barca- caminiamo (sic) cinque ore in mezzo a belle praterie e magnifiche piante- Facciamo colazione alla guardia ; poi in oltre due ore e mezzo giungiamo a Nandeck[2] – Spieghiamo la tenda in un bel terreno sotto annose piante – Incomincia la pioggia – Piove dirottamente ; tuoni e lampi- siamo tutti raccolti sotto la tenda ed inondati .- Verso la mezza  notte cessa la pioggia; ci scuotiamo e assestiamo alla bella meglio ; poi vinti dal sonno ci addormentiamo.

[1]      Il Sakarya Nehn,

[2]      Probabilmente Hendek

4 ottobre 1851

By turchia

4 Ottobre [1851].

  Stamattina il latte si è fatto molto aspettare, cosicché eran quasi le otto quando montammo in sella. Incontrammo gran quantità di Camelli- Arriviamo a Sabandja dove dobbiamo cambiar cavalli,il che ci fa perdere quattro ore di tempo-Viene intanto un uragano. Si parte nondimeno per Adar[1]. Ci fermiamo fuori della Città in una bella prateria davanti una villa di certo Bey – Presso alla casa vi è una gran ruota che porta l’acqua in un acquedotto posto ad una grande altezza, il quale provvede d’acqua la Città intera.

Vicino ad Adar sussiste tutt’ora un ponte immenso[2] terminato da due occhi,e composto di oltre  14 archi,il quale è attribuito alla Imp.ce Elena.-

Adar era città Romana di non so qual nome.  Fu poi dei Genovesi – Ora conta circa 30000 abitanti fra Turchi, Greci, ed Armeni- La popolazione assai fanatica e feroce.

 

 

 

[1]      La città odierna di Adapazarı

[2]      Il ponte di Giustiniano ( Justinianos Köprüsü in turco) ,  costruito nel 533 D.C.

3 ottobre 1851

By turchia

3 Ottobre [1851]

 

Il banchiere di Issmitt avendo mandato più volte a invitarci, vado con la giovane padrona di casa a fargli visita . Ci trovo un Prete Greco che parla Italiano. Si maravigliano assai della mia risoluzione. La moglie che ci serve rinfreschi è assai bellina, ma sembra stanca e melanconica, come quasi tutte le donne cristiane di questi paesi. Il banchiere è brutto come un’ orco, vecchio, sudicio, e si direbbe istupidito dal bere acquavite.-A mezzo giorno partiamo- Abbiamo comprato due altri cavalli,per cui ne abbiamo quattro- Gli altri sei son di corriere- Viaggiamo quattro ore, e ci fermiamo a un Derven[1], due ore indietro di Sabanja- Ci fermiamo ch’é giorno chiaro,facciamo le nostre faccende con molto buon umore, ceniamo, si canta, si ride, si gioca e si balla ,poi ci ritiriamo ai nostri rispettivi materazzi. Abbiamo un Zapetier, che ci fa la guardia. Io però non dormo per quelle maledette pulci.

[1]      Un passo di montagna.

1 Ottobre  1851

By turchia

 

Primo Ottobre  [1851]

 

Già aggiorna, già spunta il sole,e ancora Eugenio non mi ha svegliato col solito caffè. Che fate Eugenio ? Non si parte oggi! Il latte non l’hanno portato ancora e l’intoppo al vostro caffè mette intoppo ad ogni cosa. Son le sette. Ecco finalmente il latte, ma il vento è forte e freddo,né lascia che presto si scaldi. é fatto- Mangiare,vestire,far pacchetti etc. Uno dei cavalli da trasporto cade due volte;si parte . A un’ora distante passiamo la colonia sericola Lombarda , il cui direttore Sig.Camagni di Como mi aveva fatto promettere qualche tempo fa che passando per Errechi mi sarei fermata qualche giorno in casa sua.-

Quello si poteva fare partendo da Cosfi, un mese fa ;ma ora il tempo stringe, e non posso disporre di sol un giorno -Pure se il Sig. Camagni mi rinfaccia la parola datagli, non posso sciuparlo. Dunque altro non c’é che sfuggire l’incontro col traversare per tempo in silenzio ed in fretta la Città d’Errechi. E cosi facciamo .-Lasciamo Campana e Cucaj indietro col bagaglio ,e noi mettiamo i nostri cavalli al galoppo ; io mi tengo il cappello sù gli occhi, e attraversiamo di scappata il luogo del pericolo – Pochi metri più in là v’é un caffè Turco, ove si beve,si fuma, e si medita- Ci fermiamo un quarto d’ora a fumare e a mangiare melloni; poi continuiamo un par d’ore. Altro caffé con attorno magnifiche piante di noci e platani. Facciamo colazione con carne fredda, caicanà e frutta. Di nuovo per via. Giungiamo in sulle tre a Issmitt[1], in casa Tacomi incontro Arefa, il quale viene a trovarmi,

ed è diventato brutto. In casa Tacomi io non ci dormo perché ne conosco le cimici. Mi si pianta la tenda in giardino, tutti vanno a dormire in casa e noi tre femmine rimaniamo in giardino. Dormivo non so da quanto tempo , quando sono svegliata da un tremendo latrare ed urlar di cani . Pare che vedano qualcuno, ed a me pare di sentir gente che cammina in giardino. Tutto ad un tratto i cani tacciono e si mettono a rosicare delle ossa. Dico tra me:che abbiano loro gettato da mangiare per farli tacere? Dopo mezz’ora di silenzio riprincipiano gli urli peggio che mai. Sono urli disperati . Ma cessano presto,ché un cane comincia a vomitare, un’altro a lagnarsi, un’altro lo sento che si sdraia pesantemente in terra. Dico ancora fra me, possibile che quelle ossa fossero avvelenate. Sto ad ascoltare. Niente per un pezzo; poi ecco la pianta che sorpiombava la tenda , scuotersi tutta sino all’ultima fronda – Per certo qualcuno vi è salito sopra dal giardino contiguo. Uno dei cani si slancia alla finestra della stanza ,ove stanno rinchiusi, come se volesse afferrare un nemico , ma manda appena un sospiro e cade sul terreno affatto spossato . Io allora m’alzo pian piano , metto la testa fuori della tenda, e guardo quanto so e posso la terribil pianta.Si muove tratto tratto tutta quanta ; vedo delle macchie scure come se vi fossero persone , ma non discerno forme . Sento dei passi nel vicino terreno ;sento pure un rumor sordo , che non so cosa sia . Mentre stavo in dubbio di chiamare , sentì dall’altra parte della nostra tenda e vicinissimo ad essa uno di quelli  ah! che mettono i galantuomini quando si svegliano a metà di un sonno tranquillo , e placido . Questo ah! mi conforta . Eugenio ha lasciato persona presso di noi che ci difenderebbe in un bisogno. Anche i malfattori avranno sentito  l’ah! e si terranno per avvertiti . Mi ricorico , ma il sonno è ito  per cui accendo il lume, e mi metto a leggere . Appena avevo letto poche righe, che sento un legger fremito sul terreno vicinissimo al mio materazzo . Volgo gli occhi,e il mio sguardo incontra un altro sguardo fisso, penetrante , acuto. Questa volta non stò zitta e chiamo . Miss Parker ,Miss Parker ! Non so, se sia un rospo, o una rana, ma uno o l’altra stà giù che mi guarda in faccia. Miss Parker dichiara subito che è un rospo; bisogna ucciderlo, ma come si fa? Fortunatamente abbiamo un par di molle. Con queste Miss Parker comincia la caccia, e riesce a liberare la terra da quel mostro- Ecco tornarmi il sonno, mi abbandono alla protezione di Dio, e mi addormento sotto la misteriosa pianta come avrei fatto sotto a baldacchino del mio letto. Al mattino chiedo se niuno intese nulla?- Nulla e nessuno – Guardo la pianta: é pianta di fichi- Chi sa che non fosse qualche ragazzo goloso!.Issmit é l’antica Nicomedia.-La città in rovina è posta sul colle,e la moderna ai piedi di quello. Vi sono ancora molti bei monumenti Romani,come un anfiteatro,un arco di trionfo,ed altri. Ma dell’antica Nicomedia indipendente non mi furono additate tracce alcune. Poco fuori della Città dalla parte di Sabanja[2] v’é una gran fabbrica di panni. A Issmitt trovai tutto il mio equipaggio, più il falegname Antonini e il cuoco Lotos.[3] Ci trattenemmo un giorno e mezzo per ispedire le casse. Se ne caricarono due carri tirati da bufali,che li porteranno sino a tre ore distante da casa nostra per la somma di 120 piastre.[4]

[1]      L’odierna Izmit, situata a circa cento chilometri est da Istambul, percorsi in nemmeno due giorni. E’ l’antica Nicomedia greca.

[2]      Il lago vicno a Izmit. Il Sapanca Gölü.

[3]      L'”equipaggio” è ora formato da: Cristina, Maria, Miss Mary Ann Parker, il farmacista di Parma [ Giovanni ] Campana, il Seis Cucaj, Eugenio,  il falegname Antonini, il cuoco Lotos.

[4]      Una piastra era 1/100 di Lira turca, che valeva 22 lire piemontesi. Considerando un che una lira piemontese corrispondeva a circa 20 euro odierni, 120 piastre equivalevano a circa 500 euro. Il valore è puramente indicativo.

29-30 Settembre 1851

By Approfondimenti, news, turchia

29 Settembre [1851]

Partiti da Stamboul[1] il 29 Settembre a mezzodì. Andati in cocchio sino a Kadikoi[2] al di là di Scutari[3]: Ivi trovato Eugenio coi cavalli di posta.

Il mio cavallo e quello di Maria erano con noi. Lo sbarco della nostra roba,e il carico della stessa sui cavalli, l’insellarli,il brigliarli che ci tenne più d’un’ora. Finalmente quando Dio volle voltammo la testa dei nostri cavalli verso Levante e fecimo il primo passo alla volta del Deserto.

Io mi sentiva una letizia in cuore come non la provai da anni. Prevedevo molte seccature che mi aspettano, ma non era pensiero  che bastasse a temperare la mia gioia. Nasca quel che sa nascere, dicevo fra me, sarò in Asia.

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