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Approfondimenti

Carteggi di Cristina

By Approfondimenti

Le lettere sono una delle fonti principali per la conoscenza di un personaggio storico.

Purtroppo la corrispondenza della principessa non è mai stata completamente raccolta anche se sono stati fatti diversi articoli ed alcune pubblicazioni relative ad un paio di amici. Da parecchi anni sto lavorando ad un indice ed alla trascrizione di tutte le lettere citate nei libri e delle altre ancora inedite. Read More

Barbiera riguardo al dipinto del Lehmann

By Estratti

Raffaello Barbiera ed il ritratto di Cristina del Lehmann :

“Buon amico della principessa era il pittore Gérard …

Il Gérard entrava nel salotto della principessa Belgiojoso accompagnato da un pittore, tedesco di nome e di nascita, ma francese per elezione : Enrico Lehmann. Il Delacroix d’Italia, Francesco Hayez, principe della scuola romantica fra noi, ritrasse un giorno Cristina Belgiojoso in un ritratto,mirabile per raro vallre artistico, ma punto rassomigliante. Il vero, il sovrano ritratto della principessa è quello dipinto da Enrico Lehmann, a olio, grande al vero, e la cui fofografia fregia la prima pagina di questo libro. Il Lehmann depose su quella tela due tinte dominanti: il bruno e il bianco; ma quale impressione profonda desta quel ritratto nell’animo di chi lo contempla! Read More

Cristina e Locate

By Approfondimenti

Cristina Belgiojoso e Locate di Triulzi

Pur essendo nata a Milano nel palazzo Trivulzio in piazza Sant Alessandro e poi passata la giovinezza tra lì ed il palazzo della madre ad Affori, Cristina ha sempre considerato Locate come la sua vera casa.

Lì aveva il palazzo ancora visibile, anche se ora diviso in appartamenti. A metà ottocento era maestoso ed importante, con un grande giardino ed una strada di ingresso con le statue; un po’ come si vede ancora in qualche foto di inizio secolo. ( http://www.comune.locateditriulzi.mi.it/ )
Il suo interesse al palazzo si accentua al suo ritorno dall’esilio parigino.
Cristina varca il confine del Regno Lombardo Veneto a Ponte Tresa, il 4 settembre 1840. Ad aspettarla c’è la sua amica Ernesta Bisi, che non vedeva ormai da molti anni. A parte qualche viaggetto a Varese o Genova, vi rimane fino al 6 giugno 1842. Successivamente inizia a fare spola con Parigi, ma tenendo sempre in mente i suoi compaesani di Locate.

Nel 1840 arriva a Locate con un mistero. Mistero che, come dice al suo amico Mignet, non può rivelare via lettera. Sicuramente la sua partenza da Parigi per il lungo viaggio che la porterà a Locate, con lunga tappa a Ems in Germania, “a fare le acque” è alquanto improvvisa. Aveva già lasciato il suo salotto in Rue D’Anjou, dopo la nascita illegittima della figlia Maria, ed aveva trascorso parecchi mesi in Inghilterra, in compagnia dei suoi fratelli e sorelle. Ormai, il nuovo imperatore d’Austria aveva dato l’amnistia a tutti gli esuli del Lombardo Veneto, per cui non era più costretta a stare a Parigi ma poteva finalmente tornare a casa, dopo dieci anni di esilio.

Quando arriva a Locate, e trova una situazione disastrosa. Si rinchiude nel palazzo tra i suoi libri e sua figlia. A farle compagnia c’è il locale parroco Giosuè Brambilla, con cui ogni tanto passa il tempo a giocare a tarocchi.

Dal libro “La principessa Belgiojoso” di Raffaello Barbiera, del 1902.
“La sua villa ha vaste sale i cui usci, ai giorni della principessa, non si chiudevano mai. Il nudo pavimento era, un dì, coperto di modeste stuoje di paglia; ma alcuni gabinetti avean le pareti coperte di seta; qualche altro presentava panoplie d’armi antiche: e, altrove, libri preziosi, miniati da mani diventate polvere da molti secoli. La sala terrena serviva per ricevere i lavoratori dei campi, per le rappresentazioni teatrali, per esecuzioni di concerti, per feste da ballo.”
Nella sala terrena, la principessa, ne’ primi anni del suo matrimonio, siedeva su una antica poltrona a mo’ di trono; e i contadini, fedeli alle tradizioni patriarcali e feudali, le passavano davanti, baciandole reverenti la mano. Era allora la razza Trivulzio che trapelava da quella dama; ma in quel tempo, l’orgoglio era peccato di pochi.
Un’altra sala superiore ( la biblioteca ) è ancora ricca di libri. Vi abbonda la collezione Tauchnitz dei romanzi inglesi, della quale la Belgiojoso era ghiotta.
La stanza da letto della principessa vasta; vasto il talamo, coperto da cortine. Un inginocchiatojo accanto al letto accoglieva ogni sera la principessa che pregava. E, attigua, un’altra stanza ravvolta in misteriosa penombra: la luca vi penetra appena da un finestrone di vetri colorati e istoriati, come nelle cattedrali gotiche. Là, la Belgiojoso meditava, scriveva, e distribuiva innumerevoli beneficenze.”

Il 18 novembre del 1840, dopo un mese dall’arrivo, Cristina si chiude in casa, quasi spaventata dalla povertà che la circonda :

“..E qual altra vita si può condurre in questo nostro paese? Vivere con se’, coi libri e col sole. E con Dio; ma non coi nostri simili i quali c’impoveriscono mostrandoci spietatamente la loro povertà. Quando mi tocca a stare un giorno in mezzo a’ miei concittadini rimango stordita tutto l’indomani.”

E’ il 12 marzo del 1841. In una lettera a Niccolò Tommaseo Cristina racconta :

“I bambini di questo mio paese sono nella più miseranda fra le condizioni umane. La così detta mano d’opera è così ricercata che non solo gli uomini e le donne ma anche i ragazzi e le ragazze un pò grandi stanno fuori tutto il giorno a lavorare nei campi, e i poveri bambini rimangono abbandonati nelle deserte case. La qualità dei lavori e l’aria delle paludi nella state procacciano gravi malattie, e poche sono le coppie che pervengono ad età avanzate; onde accade che i ragazzi quasi tutti hanno sia la matrigna sia il padrino ( scusate se non è parola italiana) e alle volte hanno l’uno e l’altro, giacché i vedovi sposano le vedove, poi il primo di questi che se ne va lascia il campo aperto ad un nuovo matrimonio, e si trovano famiglie in cui s’hanno ragazzi di tre o quattro letti.”

poi continua :

“I contadini di questo paese sono quasi tutti giornalieri, altro non guadagnano che lavorando alla giornata, non posseggono e non godono neppure di quel possesso passeggero che si ottiene dagli affitti. Dessi sono nomadi; quando hanno malcontenti tutti quelli che possono farli lavorare, vanno in un altro luogo ove non siano conosciuti. E così non v’ha popolo più immorale di questo, e chi ne soffre sono i bambini. Quando la prima volta da me, sembravano piuttosto da mandare all’ospedale che a scuola. Pochi parlavano, pochi stavano in piedi, pochi non avevano febbre o piaghe; tutti urlavano, s’imbrattavano, e l’immagine di Dio era in verità molto ascosa. Avvezzi alle percosse, al non mai rispondere, al mangiar porcherie, al rubarsi l’un l’altro, facevano pietà e anche un pò ribrezzo”

Visto tutto questo, ai primi dicembre del 1840 la Principessa s’era tirata su le maniche ed aveva iniziato la serie delle sue opere benefattrici. Il 14 dicembre infatti, apre il primo asilo.

Le lettera appena citata, continua così :

“Ora tutti questi bambini hanno un bell’aspetto di salute, e non s’insudiciano, mangiano regolarmente ciò che loro dò, passeggiano alle ore stabilite, rispondono quando chiamati e stanno seduti sulle panche loro tutto quel tempo che vien loro comandato.
Molti fra essi incominciano a leggere, a numerare ed a conoscere il catechismo.
Questo catechismo non mi soddisfa pienamente, ma non mi attento a toccarlo per timore di incorrere la censura.
Il solo castigo impiegato consiste a far uscire il colpevole e a farlo rimanere qualche momento in una camera separata dagli altri, ma rischiarata, grande e non avendo punto lo aspetto di prigione: questo castigo è per loro così terribile che ne ho visti piangere durante tre o quattro giorni al solo rammentar quella sventura…
Uno dei ragazzi che ancora non parlava, gridava dalla mattina alla sera: poco a poco s’acquetò e diventò così amorevole e così buono che fa meraviglia a vedersi. Appena chiamato si alza, giunge le sue manine in atto di orazione e sta pronto all’obbedienza.
Uno degli amici suoi che era ammalato quando apersi la scuola, fu poi accettato dopo di essere guarito, e arrivando così nuovo fra i già domati disturbava tutti.
Lo misi sotto la direzione del piccolo convertito, ed ammirai come questo custodiva quello; non si allontanavano mai, baciandolo e accarezzandolo, suggerendogli che cosa non dovesse fare e dire, appoggiandogli la testa sul suo petto quando il sonno si faceva sentire.
I parenti sono storditi vedendo questi bambini chiedere insistentemente d’essere condotti a scuola.
Ve ne furono alcuni ammalati che i parenti non poterono custodire in casa, perché i bambini non cessavano dal gridare se non erano condotti a scuola.

Ecco che cosa ho ottenuto sin’ora; non è molto, ma è più ch’io non ardivo sperare.
Parliamo loro di Dio, e non credo che intendono, ma quel nome opera anche se non inteso e l’abito di pronunciarlo è un indirizzo al conoscerlo.”

Il suo lavoro nei mesi prosegue, ed organizza nuovi corsi per i bambini.
Nella lettera da Varese il 22 giugno 1841 riferisce al suo amico Tommaseo :

“Qualche nozione sulle qualità dei corpi e sulle leggi della natura: un pò di meccanica, di agricoltura ecc. Nei nostri paesi parte di queste cognizioni gioverebbe ai lavori così complicati della campagna, e parte servirebbero a procurare ai contadini una industria per guadagnarsi il vitto durante l’inverno. Se Dio mi dà vita amerei di mostrare come si possa ridurre uno dei paesi più miserabili e una delle popolazioni più corrotte che vi siano”

Dopo l’asilo infantile seguiranno una scuola elementare per ragazzi e ragazze, una scuola professionale femminile e una scuola di tecnica agraria maschile, dei laboratori artigianali per pittori, rilegatori, restauratori.
A quel punto si rese conto che la qualità della vita doveva migliorare a prescindere dal grado di istruzione che poteva dare ai ragazzi, e qualcosa doveva essere fatto subito, senza aspettare le nuove generazioni.
Costruirà allora un scaldatoio, ovvero uno stanzone riscaldato in cui ci potevano stare fino a 300 persone.
Dopo lo scaldatoio, costruì una cucina economica, con la quale produrre piatti di minestra calda da distribuire ai più poveri.
Non le distribuiva gratis, ma le faceva pagare un prezzo basso. Questo per insegnarli a non approfittare ma a guadagnarsi il pane, anche se a prezzi ribassatissimi.

C’è un articolo uscito sulla Gazzetta Privilegiata di Milano del 1845, che illustra bene queste opere. Eccolo.

Poi distribuisce medicine agli ammalati, vestiti alle ragazze più povere, doti alle spose. Si riparano case e si pensa anche al verde pubblico con un giardino con viali, prati, statuette. Oggi è rimasta la “Via del Giardino” e alcune statue sono nell’erba in giro per Locate.

Il 4 febbraio 1842 aggiorna il suo amico Tommaseo :

“Voi mi chiedete quali siano le mie incombenze come deputato politico. Eccole : badare che le osterie siano chiuse durante le cerimonie della chiesa e dopo le nove di sera. Badare che i parenti mandino i figli alla scuola. Fare arrestare i ladri e gli attaccabrighe. Aver cura delle strade etc. I regolamenti son buoni ma quella benedetta indolenza dei nostri fa sì che non son mai eseguiti. Io mi son fitta in capo di adempiere rigorosamente il dovere che mi son lasciata imporre; e il parroco mi annunziava pochi giorni fa che dacché io ho assunto questo incarico, la sua chiesa è piena, il paese è quieto, e quest’anno non vi sono ancora state né aggressioni né risse. Intanto le mie tre scuole prosperano ed io vado formando nuovi progetti per l’anno venturo onde, se Dio mi dà vita, poter ridurre questa spelonca in una società cristiana.”

E’ interessante smitizzare qui il famoso Manzoni, che criticava Cristina sulle scuole da lei create, dicendo :

“Quando saranno tutti dotti, a chi toccherà coltivare la terra?”
(Da “Colloqui col Manzoni”, di Giuseppe Borri)

Preoccupazione seria, ma non molto edificante da parte di un tale personaggio!
C’è da dire che anche Cristina non aveva una buona opinione del Manzoni, visto che non l’aveva lasciata andare a visitare sua madre Giulia Beccaria, morente. Anche quando Cristina dovette aiutare la moglie di uno dei suoi tanti figli, non ebbe buone parole per il sommo scrittore…

Luigi Severgnini dice nella sua biografia :
“Scemano l’ubriachezza, le liti, le coltellate. Negli anni dal 1840 al 1847 la popolazione di Locate si è trasformata: il bruto si è fatto uomo. Quei villani puzzolenti ascendono alla vita civile, possono partecipare ai nobili sentimenti”.

Da Locate, il 29 maggio 1843 scriverà a Massari, a Parigi :

“Tanti hanno bisogno di me, la mia lontananza è considerata come una tale sciagura che anch’io non posso partire cantando. Questo è il mio luogo, e non Parigi, ove tutto ciò che può succedere di meglio è di non far né bene né male. V’è qualcha Marta a Parigi, ma pochissime Maria. Queste nascono nella quieta e nel silenzio e gli affari, le chiacchere le ammazzano. Chiusa fra i miei libri, da cui non mi allontano se non chiamata dai bisogni altrui, so rientrare in me stessa e piacermi meco, mentre a Parigi sovente mi accade di cercarmi senza trovarmi.”
(Museo del Risorgimento di Roma, Carte Massari)

In poche parole, la principessa preferiva Locate a Parigi.
Riporto qui una lettera di Cristina al suo amico Thierry.
A lui narra, in modo “assolutamente confidenziale” l’accoglienza che la popolazione di Locate le riservò al suo ritorno da un suo viaggio a Parigi, nel novembre 1844. E’ molto utile per capire come la ritenevano i Locatesi.

Testo della lettera

 

Il modello di Cristina è il falansterio di Fourier. Nella lettera a Thierry del 1 marzo 1845 dice :
“Io governo il mio impero o il mio falansterio perché Locate ha appunto l’aria di essere uscito dalle mani fourieriste.Il mio castello è grande come una piccola città e quasi tutti gli edifici sono ora occupati da lavoratori. C’è un laboratorio per i pittori, un altro per i rilegatori e quattro scuole differenti di cui una è divenuta una scuola di canto”.

Nel novembre del 1845, scriveva da Locate a Thierry , descrivendo le sue stanze e i suoi pensieri :

“Mon chere Frere,
Voilà mon voyage enfin terminé, et il était temps, car la fatigue de corps et d’âme s’était emparée de moi. Il est bon d’être quelque part, et c’est un bonheur dont le voyage nous dépouille.
Locate va bien avec ses écoles, son chauffoir, ses soupes, ses nouvelles maisons, sa musique,etc.… Tout va bien, mais je sens que mon absence prolongée au-delà du terme ordinaire serait la mort de cette vie nouvelle.

J’ai ici un petit cabinet de travail attenant à ma chambre, en bois sculpté et des peintures a fresques sur le murs, dans le vieux style italien, et dont la clef est passée dans la chaine de ma montre, de façon que personne n’y pénètre et que tout le monde ignore lorsque j’y suis, que j’y suis. N’est-ce pas ravissant ?
J’entends des ennuyeux qui me cherchent dans tous les coins, et moi je suis dans une grotte de sorcière, aussi invisible que si Alcine m’avait donné des leçons.
C’est là, dans cette solitude si impénétrable, que je compte aller chercher des force, lorsqu’il m’arrivera d’en manquer. Il me semble que je suis sous le poids d’une grande responsabilité. Ce qui m’entoure, de près ou de loin, a besoin d’étincelles électrique, et je possède, avec un pile, le talent de m’en servir, la volonté et le courage. Si je n’agis pas, si je meurs en laissant ceci comme je l’ai trouvé, personne me persuadera que je n’ai pas de reproches à me faire. ….”

Riporto qui anche un articolo di Ferrante Aporti: “Istituzioni di comune educazione e soccorso fondate in Locate (provincia di Milano) dalla contessa Cristina Trivulzio principessa Belgiojoso”.L’articolo era uscito su “Annali universali di statistica“, Agosto 1846.

Clicca qui per scaricare il pdf dell’articolo di Ferrante Aporti

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Chi era Teodoro Doehler

By Approfondimenti

Teodoro DoehlerTeodoro Döhler (Doehler)

Nato il 14 aprile del 1814 a Napoli. La famiglia si era trasferita da Berlino ( la madre era di Stoccarda) per trovare lavoro, vittima di problemi economici. Il piccolo Teodoro suonava in pubblico già all’età di 6 anni. A dieci anni scrisse “Variazioni sopra l’aria Ich lebe froh und Sorgent” del Sig. Righini. Ad undici : “Variazioni sopra un tema conosciuto di mozart”, a dodici “Fantasia per piano sopra un tema di Pacini”, a tredici, su versi di Metastasio : ” L’ape, duettino per due soprani”. 

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Estratto da “Ricordi di gioventù” di Giovanni Visconti Venosta

By Estratti

Estratto da “Ricordi di gioventù – Cose vedute o sapute” , Giovanni Visconti Venosta

Dopo la spedizione del mille, ci fu, com’è noto, quel succedersi d’avvenimenti nelle provincie meridionali, dai quali uscì l’unità d’Italia. Alle gene razioni future la storia parlerà di quei fatti memorabili, snebbiando leggende già formate, e coi documenti ne darà una visione più completa di quella che ne ebbero gli stessi contemporanei.
I prodigiosi avvenimenti che succedevano in Italia vi facevano accorrere in quei giorni uomini politici e giornalisti d’ogni paese, che venivano a ved ervi lo spettacolo d’una nazione che risorge. Parecchi ammiravano, molti rimanevano scettici, e alcuni parevano quasi seccati di ritrovare dei vivi do ve erano abituati a passeggiare tra le ruine e tra i sepolcri. 

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Come si diffuse la leggenda

By Approfondimenti

TRATTO DALLA BIOGRAFIA “CRISTINA DI BELGIOJOSO” DI ALDOBRANDINO MALVEZZI, TREVES,1937 :

La leggenda del cadavere nell’armadio

La famosissima storia del cadavere di Gaetano Stelzi ritrovato “imbalsamato” nell armadio di Cristina di Belgiojoso in Locate, non è detto se in quello degli abiti o della biancheria, ha un origine assai umile.

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Ciò che successe veramente

By Approfondimenti

La principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Gaetano Stelzi, e la leggenda del cadavere imbalsamato.
Ciò che successe veramente..

Siamo nel 1845. Cristina si è ritrovata socia maggioritaria del giornale Gazzetta Italiana pubblicato a Parigi.
Purtroppo le sottoscrizioni per recuperare soldi sono andate malissimo, e gli unici due sono Liszt ed il barone Rothschild, che l’hanno fatto solo una richiesta della principessa.

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Cadavere nell’armadio

By Approfondimenti

Il testo che riporto qui sotto proviene dalle pagine che hanno dato inizio alla leggenda del cadavere nell’armadio della principessa.

Il Barbiera aveva raccolto queste dicerie tra la gente. Egli stesso, nella seconda parte del racconto, smentisce ed afferma che tutto ciò che ha detto prima è inverosimile. Purtroppo ormai il danno era stato fatto e le dicerie di paese si erano così allargate a dismisura. La gente a volte preferisce il lato oscuro e negativo delle persone e non si preoccupa di ciò che è reale.
Spero che un giorno o l’altro questa storia abbia termine.

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Gazzetta Privilegiata – 2 Aprile 1845 – G. Lambertini – Opere a Locate

By Approfondimenti, Gli articoli che parlano di lei

n. 92 – 1845                                                                                       MERCOLEDI’ 2 APRILE

GAZZETTA PRIVILEGIATA DI MILANO

 

Appendice

Pregiatissimo Signor Estensore,

Il soggiorno della signora Principessa Cristina di Belgiojoso, nata Marchesa Triulzi in Locate, che fu già negli anni scorsi contrassegnata dalla istituzione di considerabili pubbliche beneficenze, ha in quest’anno dato luogo alla attivazione di due stabilimenti, che per essere in questi luoghi affatto nuovi, meritano, a parer mio, di essere portati a cognizione del pubblico. Egli è perciò che io oso dirigere a Lei la presente, interessandola a volerla inserire nella sua Gazzetta privilegiata, dal che mi lusinga il sapere come Ella accolga con premura e si compiaccia di render pubblico tutto ciò che può contribuire al comune vantaggio.

Fino dal principio dell’inverno la signora Principessa aveva ideato l’erezione in Locate di un pubblico scaldatojo, dove potessero gl’individui, se non di tutto, almeno della maggior parte delle famiglie ond’è composta la popolazione del principale abitato del Comune di ripararsi dal rigore della stagione; e quanto alle donne, attendervi ben anche agli ordinarj loro lavori.

Questa idea fu ben tosto realizzata dietro le disposizioni da essa impartite, e corso appena il tempo necessario all’adattamento del locale venne infatto attivato lo scaldatojo in un ampia sala comodamente capace per 300 piazze, salubre per la sua esposizione a perfetto mezzogiorno, possibilmente guarentito [sic] dall’umidità, mediante un ben costrutto pavimento, assai bene ventilata, e con luca abbondantissima derivante da mole e larghe finestre munite di invetriate, illuminata la sera da molteplici lampade, e finalmente riscaldata colla maggiore regolarità da una stufa proporzionata alla vastità del locale. Lo scaldatoio è accessibile all’alba del giorno, e rimane aperto fino alle undici ore della sera. E’ inutile dire come tutte le famiglie de’ villici ed artigiani del paese ne abbiano a gara ricercato l’accesso, e tutti l’ottennero finché il permise la capacità del locale, di modo che fino dal primo giorno della sua attivazione lo scaldatojo ricoverò circa trecento individui che prima erano costretti a disperdersi in angusti tugurj, che tali possono chiamarsi le piccole stalle sparse per il paese eccessivamente, malsane per la loro ristrettezza, per l’umidità derivante dalla pessima loro costruzione, e per le fetide esalazioni che vi diffonde la permanente dimora delle bestie che vi sono ricoverata, e l’ammasso de’ loro escrementi frammisti a vegetabili che vi si lasciano imputridire.

Volle la signora Principessa che l’ideato stabilimento non solo offrisse un soccorso materiale al bisogno della indigenza, ma somministrasse altresì nel radunamento di quasi tutte le famiglie una favorevole occasione per ispirare a tutti in comunione i sentimenti di una reciproca ed amorevol fratellanza, per ravvivare in essi l’osservanza de’ principali doveri di religiorni e di società.

Ad ottenere questo scopo, prescrisse che apposite persone, fornite di sufficiente capacità e distinte per carattere e condotta, si prestassero a farvi in ore determinate della giornata lettura di libri adatti alla comune intelligenza, e vi si mantenesse la pratica delle solite preci segnatamente la sera prima di separarsi.

All’apertura dello scaldatojo tenne dietro una seconda filantropica e vantaggiosissima istituzione, quella cioé di una cucina economica eretta e mantenuta a spese della prefata signora Principessa, e collocata a lato dello scaldatojo suaccenato, dalla quale si dispensano giornalmente al mezzogiorno, e talvolta anche la sera, quante minestre vengono richieste, composte alternativamente di riso e pasta, frammisti a legumi o verdura, e condite con lardo, butirro [burro], olio, ecc. La quantità di ciascuna minestra è determinata alla capacità di un boccale, e si dà al prezzo di dodici centesimi 1, prezzo che andrà presto a diminuirsi riducendosi a soli dieci centesimi, dacché accrescendosi per le mote ricerche che se ne fanno, l’ordinaria distribuzione va a rendersi proporzionalmente minore il costo delle medesime. Il pagamento delle minestre che si somministrano, può farsi giornalmente, in fine d’ogni settimana,od anche maggior periodo di tempo, o a denaro che si raccoglie da persona a ciò delegata o con lavori di determinato prezzo, pei quali si somministrano dalla nobile istitutrice le materie prima, come sarebbe lino da filare, filo da tessere o far calze, tele da cucire, ecc.
E notisi che anche i prodotti di questi lavori sono già dall’animo benefico della signora Principessa destinati in prevenzione o a far parte delle abbondanti elemosine che per le si distribuiscono durante il corso dell’anno, o ad essere vendute al pure costo in occasione di sagre, o di altre circostanze che attirino affluenza di persone da’ luoghi circonvicini in paese, nella vista di fornir mezzi anche ai meno bisognosi di probbedersi con minor dispendio degli ogetti di lingeria, o di vestiario occorrente alle loro famiglie.

Per ben calcolare i vantaggi che devono emergere dalle sovraccennate istituzioni, è d’uopo por mente al depredamente a cui vanno generalmente soggette le campagne poste in vicinanza de’ luoghi abitati per l’arbitrio che prendonsi tratti da necessità i piccoli artigiani e giornalieri non appostati di procurarsi il combustibile per uso delle rispettive loro famiglie sui fondi altrui.

Ora cessando, o simmamente diminuendosi nella famiglie il bisogno di combustibile, chi non vede come tolto ogni pretesto alla devastazione delle piantagioni nelle limitrofe campagne, vada ad essere per l’avvenire più rispettata o guarentita [sic] l’altrui proprietà?

In questi paesi poi, ne’ quali l’agricoltura esige in diverse epoche anche l’opera materiale delle donne, considerabile esser deve per queste il risparmio del tempo che esse dovrebbero perdere giornalmente per l’apprestamento del cibo alle loro famiglie, e questo risparmio rinvengono nella distribuzione di una sana minestra ad un prezzo limitatissimo e facilmente scontabile. Si accresce quindi il giornaliero loro travaglio, del quale si aumenta proporzionalmente il prodotto,  e quindi maggiori divengono per ciascuna famiglia i mezzi onde provvedere ad una onesta sussistenza.

Tali sono i vantaggi diretti e reali, che a mio credere devono aspettarsi dalle due istituzioni sovraccennate, le quali non costituiscono forse, se non una piccola parte dei tratti esimj di beneficenza, che dalla nobil dama da più anni si diffondono in questo paese, che oltre al nobilitarlo col presceglierlo a suo soggiorno per non poca parte dell’anno, e collo stabilirvi la numerosa e scelta sua libreria, ed una delle migliori e più pregievoli raccolte di medaglie, Ella si mostra poi intensamente inclinata ad abbellirlo, non risparmiando perciò nè sagrificj, nè dispendio. Vi diffonde copiose elemosine, e pensa a provvedere a migliorare la condizione de’ bisognosi non solo, colle frequenti visite a domicilio, e colla caritatevole somministrazione de’ medicamenti, e di altri non iscarsi soccorsi, ma quella altresì degli altri abitanti di esso se altro non fosse col promoverne l’istruzione.

A questo proposito potrebbe esser fatta menzione, e della scuola infantile a tutte sue spese eretta e mantenuta già da più anni nella quale si tengono giornalmente ricoverati, cutoditi, alimentati ed istruiti cinquanta infividui delle più povere famiglie dell’età di due anni e mezzo ai sei, dell’altra scuola nella quale per di Lei ordine e col mezzo di una delle donne attinenti alla di Lei casa si istruiscono nei lavori donneschi le ragazze, che avendo tocco l’anno dodicesimo di loro età vengono a tenore de’ Regolamenti dimesse dalla scuola elementare; nè a ciò si limita l’istruzione delle suddette fanciulle, che anche nel leggere, scrivere e conteggiare sono assai bene ammaestrate da persona regolarmente abilitata a tale insegnamento, e finalmente e di quella che si fa per di Lei disposizione in giorni determinati della settimana a giovani di età superiore ai dodici anni per affrancarli nel leggere, scrivere e conteggiare, ed istruirli nei primi rudimenti dell’Algebra e Geometria, non che nei rami principali dell’Agraria. Ma queste istruzioni come che da più lungo tempo attivate sono già conosciute, e tutti hanno già avuto campo di calcolarne i vantaggi.

E qui non si limitano ancora i beneficj; ché la signora Principessa intenta sempre a procurare il ben essere di questi abitanti, h agià dato ordini positivi perché cominciando dall’anno corrente siano di mano in mano ricostrutte, e convenientemente adattate le case di sua proprietà, che servono ad uso di abitazione della maggior parte della popolazione in modo da renderle sane, ben ventilate, e capaci a soddisfare a tutt’i bisogni delle famiglie sceverandole da tutti gl’inconvenienti di insalubrità e di immondezza, che derivano dalla male ideata loro costruzione attuale. A quest’opera si è già posta mano sotto la direzione del sig. ingegnere architetto Maurizio Garavaglia, procurator generale della nobile signora, il quale, e per genio, e per zelo nell’adempimento delle di Lei disposizioni si mostra attivissimo e premuroso di ridurla al compimento.

Possa questo nobile esempio essere di emulazione a tutti i facoltosi possidenti di questo Distretto, nelle proprietà dei quali si veggono caseggiati mal proprj, insalubri ed abbisognevoli di una pronta ed utile riforma.

Dei porchi cenni che io ho fatti delle beneficienze che un’anima nobile e generosa sa versare a larga mano sopra la popolazione di un intero paese, ognuno può di leggieri arguire quanto vantaggio ridonderebbe allo Stato, se le premesse istituzioni venissero con eguale filantropia e generosità estese su tutta la sua superficie per opera di quelli ne’ quali abbondano i mezzi di poterle attivare.

Oh! quanto consolante sarebbe il veder sorgere e diffondersi una si nobil secondatrice delle paterne cure dell’Augusto Monarca, e feconda delle benedizioni di tutti coloro nei quali un sì palese miglioramento materiale e morale accrescerebbe, se fosse possibile, l’attaccamento al Regime da cui deriva.

Locate, il 27 marzo 1845

G.Lambertini.

Abbiamo accolto con vero piacere la relazione di tante e sì proficue beneficienze, colle quali l’illustre nominata Dama si rende oggetto delle benedizioni del povero, E poiché in essa relazione si accenna all’istruzione religiosa che la Principessa intende sia primissima sopra ogni altra cosa, noi diremo esserci venuto a cognizione ch’Ella stessa, dotta come è nella musica, amò d’istruire gran numero de’ suoi dipendenti nella difficile esecuzione dello Stabat di Rossini, che con meraviglioso effetto si cantò il Venerdì Santo, e con tutto l’impegno si diresse dalla prelodata Principessa che in quella esecuzione ricreava l’anima e la sua mente. Un improvviso Sonetto corse, dopo breve momento, per quelle sontuose sale, e noi lo riferiremo senza farvi il più lieve commento, perché la spontaneità con cui è scritto basta a raccomandarlo.

 

IN OCCASIONE DELLO STABAT MATER DI ROSSINI

Eseguito dalle giovinette di Locate

Io non credea che d’inesperta voce
Trar si potesse mai sublime un canto;
E pur l’udiva, e parea dolce tanto,
Che la memoria ancor dentro mi cuoce.

Fu l’effetto al pensier così veloce(1),
Che creduto l’avria opra d’incanto
Se testimon del ver, non era il pianto
Che fea tenore all’inno della croca.

Oh com’è il core a ognun restò conquiso!
Oh qual vi scese allor conforto e calma
Da quella note si pietose e scorte:

(2) Quando il Corpo fia dato in braccio alla morte
Deh! fa, Signor, che sa donata all’alma
La gloria de’ beati in paradiso

(1) Quindici giorni o poco più fu il tempo che s’impiegò dalla signora Principessa all’istruzione delle giovanette esecutrici, digiune d’ogni nozione musicale.
(2) Quando Corpus morietur, etc.

 

 

Note:

1. Come termine di paragone, un giornaliero, ovvero un lavoratore preso “alla giornata” dai fattori, guadagnava circa una lira al giorno.
Trasposto ad oggi, dodici centesimi potrebbero essere qualcosa come 2 euro. Può essere interessante notare che un numero della Gazzetta Privilegiata di Milano costava 5 centesimi, per cui circa metà di una minestra. Considerando che anche oggi un giornale costa 1 euro, i conti tornano. 

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